LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22043/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Progetto Impresa s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avvocato Alberto Sabucco, giusta procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia n. 35/10/2012, depositata il 14 maggio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 gennaio 2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.
RILEVATO
CHE:
La Società Progetto Impresa s.r.l. impugnava il provvedimento di diniego di rimborso del credito Iva n. ***** in data 23 giugno 2009 per l’importo di Lire 24.000.000 (pari ad Euro 12.394,96) emesso dall’Agenzia delle entrate – ufficio di ***** per omessa compilazione della richiesta sul modello dedicato (VR) e per decorrenza del termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21; sosteneva la ricorrente l’illegittimità del provvedimento impugnato avendo esposto il credito nella dichiarazione annuale (rigo VX), onde l’inapplicabilità del termine di decadenza indicato dall’Ufficio.
La Commissione Tributaria Provinciale di Udine accoglieva il ricorso con sentenza n. 132/03/11. Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva appello, che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia con sentenza n. 35/10/2012 del 22 marzo 2012 (depositata il 14 maggio 2012). L’Agenzia delle entrate ricorre in questa sede per un solo motivo e chiede la cassazione della sentenza impugnata con vittoria di spese. Resiste la Progetto Impresa s.r.l. con controricorso e chiede il rigetto del ricorso, con ogni conseguenza di legge, e la condanna dell’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis, e (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Erroneamente la sentenza impugnata avrebbe rigettato l’appello sul presupposto dell’avvenuto consolidamento del credito di imposta a seguito della sola esposizione nella dichiarazione annuale da parte del contribuente; sarebbe necessaria invece anche la presentazione della richiesta formale di rimborso formulata sull’apposito modello, denominato VR, entro il termine di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2.
2. Osserva la Corte che la sentenza impugnata rileva che l’esposizione del credito da parte del contribuente nella dichiarazione annuale configura formale esercizio del diritto, mentre la presentazione del modello VR costituisce solo il presupposto per l’esigibilità del credito e dunque adempimento necessario solo a dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. In tal caso la richiesta di rimborso può essere effettuata entro il termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2946 c.c., per cui non trova applicazione il termine di decadenza invocato dall’Agenzia delle entrate.
3. L’apparato motivazionale della sentenza impugnata è condivisibile, mentre non colgono nel segno i motivi di ricorso che criticano questa ricostruzione. Appare a tal fine significativa anche la rubrica del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38 bis, “esecuzione dei rimborsi”, che lascia chiaramente intendere che la presentazione del modello VR influisce appunto solo sulla esecuzione ma non anche sul diritto sostanziale al rimborso. Del resto, in tal senso si è ormai consolidata la giurisprudenza di questa Corte, per cui “in tema di IVA, ai fini del rimborso dell’eccedenza di imposta, è sufficiente la manifestazione di volontà mediante la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro “RX4”, sebbene non accompagnata dalla presentazione del modello “VR”, che costituisce solo un presupposto per l’esigibilità del credito, sicchè, anche in caso di cessazione dell’attività, nella quale non è possibile portare in detrazione l’eccedenza l’anno successivo, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ma solo quello ordinario di prescrizione decennale, di cui all’art. 2946 c.c.” (Cass. Sez. Trib. N. 19115 del 2016; Cass. Sez. 5, ord. n. 33294 del 2018; Cass. Sez. 5, ord. n. 31426 del 2018).
In base alle considerazioni che precedono, pertanto, il ricorso deve essere rigettato; le spese processuali del presente giudizio di legittimità, come appresso liquidate, seguono alla soccombenza. Le spese dei giudizi di merito possono essere compensate fra le parti in quanto la giurisprudenza indicata si è formata successivamente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.300 (duemilatrecento) complessivi oltre accessori e contributi di legge; compensate la spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019