LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24683/2014 proposto da:
Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Bosio n. 2, presso lo studio dell’avvocato Luconi Massimo, rappresentata e difesa dall’avvocato Fiore Francesco, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** s.n.c. *****, in persona del curatore fallimentare Dott. C.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ovidio n. 20, presso lo Studio Liccardo, Landolfi &
Associati, rappresentato e difeso dall’avvocato Maglione Tommaso, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
Co.Ar.;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 16/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2018 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE RENZIS LUISA, che ha chiesto il rigetto del ricorso con conseguente conferma dell’impugnato decreto. Spese del giudizio di legittimità a carico della ricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. – Con decreto del 16 settembre 2014 il Tribunale di Napoli ha respinto l’opposizione proposta da MPS Gestione Crediti Banca S.p.A. nei confronti del Fallimento ***** S.n. c. ***** avverso l’ammissione allo stato passivo dell’importo di Euro 9.067,15 a fronte di un’istanza di ammissione per la maggior somma di Euro 52.301,51.
A fondamento della decisione il Tribunale ha osservato che il creditore istante aveva tardivamente depositato la documentazione posta a sostegno della domanda proposta, a ciò non potendosi supplire con l’acquisizione del “fascicolo amministrativo” nè mediante ordine di esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c..
2. – Per la cassazione del decreto la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ha proposto ricorso per un unico motivo.
Il Fallimento ha resistito con controricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo di ricorso la banca ricorrente denuncia nullità del decreto ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per violazione della L. Fall., art. 99 e nullità del decreto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di considerare che essa aveva indicato nel ricorso in opposizione i documenti di cui intendeva avvalersi, ossia quelli già prodotti dinanzi al giudice delegato nella precedente fase di verifica, sicchè non era ravvisabile alcuna inerzia da parte sua tanto più che l’opposizione allo stato passivo non si configura come impugnazione in senso stretto analoga all’appello sicchè non vi trova applicazione la previsione dell’art. 345 c.p.c..
2. – Il motivo va disatteso.
A parte l’evidente inammissibilità della censura spiegata in riferimento al testo previgente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 occorre rammentare che la giurisprudenza di questa Corte, nella materia in discorso, si caratterizza per una progressiva evoluzione:
-) secondo un primo orientamento, su cui appare fondato il provvedimento impugnato, il creditore ha l’onere di produrre nuovamente nella fase di opposizione la documentazione già prodotta nella fase di verifica, non potendo il giudice supplire all’omessa produzione mediante l’acquisizione del fascicolo di tale fase (v. p. es. tra le tante Cass. 16 gennaio 2012, n. 493);
-) successivamente è stato ribadito – ed è questo l’indirizzo invocato dalla ricorrente – che il giudizio di opposizione allo stato passivo è regolato dal principio dispositivo, sicchè al creditore, la cui domanda L. Fall., ex art. 93 sia stata respinta dal giudice delegato, è fatto onere di produrre nuovamente, dinanzi al Tribunale, nel corrispondente procedimento ex art. 99 stessa legge, la documentazione già depositata in sede di verifica del passivo, che non può essere acquisita ex officio, ma si è precisato che, qualora l’opponente abbia tempestivamente indicato in ricorso la documentazione di cui intende avvalersi, facendo riferimento per relationem a quanto già prodotto davanti al giudice delegato con formula non di stile, tale da non lasciare dubbi sull’identità degli atti su cui vuole fondare l’opposizione, e ne abbia contestualmente formulato istanza di acquisizione, non è ravvisabile alcuna sua negligente inerzia idonea a giustificare il rigetto del ricorso per inosservanza dell’onere della prova, potendo quell’istanza essere interpretata come autorizzazione al ritiro della documentazione L. Fall., ex art. 90, applicabile in virtù della sua portata generale anche al procedimento di opposizione allo stato passivo (Cass. 14 luglio 2014, n. 16101; Cass. 21 dicembre 2016, n. 26639);
-) ancor più di recente l’indirizzo si è radicalmente modificato ed è stato affermato che la L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4, , che, nel delineare il concreto perimetro dell’effetto decadenziale, opera un preciso riferimento alla “indicazione specifica”, ad opera del creditore, “dei documenti prodotti”, lungi dal prevedere un onere per il ricorrente di produrre i documenti unitamente al deposito del ricorso, fa semplicemente riferimento alla necessità di elencare, nell’atto introduttivo del giudizio di opposizione, i documenti già dimessi e versati agli atti del processo, per cui, se un effetto preclusivo può ricavarsi dall’esame del dato normativo, esso va riferito non già alla necessità di ridepositare il materiale precostituito e già prodotto ma, semmai, all’impossibilità per il creditore di avvalersi, successivamente al deposito del ricorso in opposizione, di documenti nuovi, differenti sia da quelli utilizzati in sede di verifica innanzi al giudice delegato sia da quelli prodotti per la prima volta al momento dell’opposizione (Cass. 18 maggio 2017, n. 12548);
-) a suffragio di tale affermazione, e della conseguente esclusione di un’effetto decadenziale determinato dalla mancata ri-produzione della documentazione già depositata nella fase di verifica, dovendo il ricorrente in opposizione limitarsi a valorizzare specificamente, nel quadro del ricorso introduttivo, quelli che, tra i documenti già prodotti, appaiono maggiormente idonei a sostenere la propria prospettazione, sicchè, soddisfatta dall’opponente la condizione prescritta dalla norma circa la specifica indicazione dei documenti prodotti, il Tribunale in sede di opposizione è tenuto ad acquisire i documenti in questione, si è tratto argomento dalla ricostruzione operata dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di acquisizione del fascicolo monitorio nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo e dell’affermazione del “principio di non dispersione della prova” (Cass., Sez. Un., 10 luglio 2015, n. 14475).
Orbene, pur condividendosi il più recente indirizzo formatosi nella materia, è da osservare che la sua applicazione non impedisce la conferma del decreto impugnato, il quale, sebbene rifacendosi ad un indirizzo giurisprudenziale superato, contiene altresì l’espressa affermazione secondo cui “nel ricorso in opposizione non sono indicati altri documenti, ed in particolare quelli prodotti in sede di verifica”, affermazione nient’affatto scalfita dal ricorso per cassazione, nel quale non si evidenzia punto la specifica indicazione dei documenti posti a sostegno del ricorso in opposizione, ma si afferma al contrario che in detto ricorso la banca aveva chiesto “disporsi acquisizione del fascicolo amministrativo ove era stata depositata la documentazione allegata alla domanda di ammissione comprovante il credito”: di guisa che, all’evidenza, il ricorso non conteneva, come richiesto dalla L. Fall., art. 99, comma 2, n. 4, “l’indicazione specifica… dei documenti prodotti”, ma, all’esatto opposto, l’indicazione generica di essi.
3. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dichiarando, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019