LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26935/2017 proposto da:
C.V., e R.M., in qualità rispettivamente di madre e nonna dei minori M.G. e M.I., domiciliate in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentante e difese dall’Avvocato Andriolo Lavinia, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Co.Ga., in qualità di tutore dei minori Mo.Ga.
e M.I., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato Maguadda Paola Dora, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e sul ricorso successivo di:
M.G. e Mo.Gi., in qualità rispettivamente di padre e nonno dei minori M.G. e M.I., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentanti e difesi dall’Avvocato Rizzotti Domenico, giusta procura in calce al ricorso successivo;
-ricorrenti successivi –
contro
Co.Ga., in qualità di tutore dei minori M.G.
e M.I., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato Maguadda Paola Dora, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 16/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2019 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi; udito, per il ricorrente, l’Avvocato Andriolo Lavinia, che si è riportato;
udito, per il ricorrente successivo, l’Avvocato Rizzotti Domenico, che si è riportato.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza depositata il 16 agosto 2017 la Corte d’Appello di Messina – sezione Minorenni – rigettando gli appelli proposti da C.V. e Mo.Gi., genitori dei minori Mo.Ga., nato il *****, e M.I., nata il *****, ha confermato la sentenza, emessa in data 19/27.7.2016, con cui il Tribunale per i Minorenni di Messina ha dichiarato lo stato di adottabilità dei minori medesimi.
Ha evidenziato la sentenza impugnata che sia la C. che il M. non avevano prospettato nessun modello di progettualità familiare che potesse fornire ai figli una prospettiva di benessere morale e materiale, avendo, l’una, chiesto la collocazione propria e dei bambini in idonea struttura (come tre anni prima) e, non avendo, l’altro, formulato alcun progetto alternativo all’affido eterofamiliare, di talchè l’interesse dei minori ad avere finalmente una famiglia non poteva, a questo punto, trovare soddisfacimento se non attraverso la conferma della declaratoria dello stato di adottabilità.
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione separatamente, ma con atto difensivo identico, da un lato, C.V. e R.M. (nonna materna della minore) e, dall’altro, Mo.Gi. e Mo.Gi. (nonno paterno) Si è costituita in giudizio con controricorso Co.Ga., quale tutrice legale dei minori Mo.Ga. e M.I..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con un unico articolato motivo C.V., R.M., Mo.Gi. e M.G. hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in relazione alla L. n. 184 del 1983, artt. 1, 8,12 e 15 e artt. 2 e 30 Cost..
Lamentano i ricorrenti che la Corte d’Appello ha immotivatamente respinto le loro istanze di effettuare una nuova ricognizione oggettiva dei fatti in relazione alla loro rinnovata situazione familiare (entrambi lavorano, si sono separati ed hanno superato quei conflitti alla base della grave situazione familiare che era di nocumento alla prole).
Evidenziano che la prioritaria esigenza per i figli di vivere, nei limiti del possibile, con i genitori biologici e di essere allevati nell’ambito della propria famiglia, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità ai fini del perseguimento dell’interesse del minore.
2. Il ricorso è infondato.
Va preliminarmente osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito (sez. 1, n. 3340 del 05/02/2019) che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità.
I ricorrenti, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, dimostrano di voler sollecitare una nuova valutazione delle prove rispetto a quella dei giudici di merito, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta, come detto, di riesaminare il merito della controversia.
Se è pur vero che i ricorrenti, nell’invocare la prioritaria esigenza dei figli di vivere con i genitori, nei limiti del possibile, con i genitori biologici, affermano un principio sancito dalla L. n. 184 del 198, art. 1 rafforzato dalla consolidata interpretazione dell’art. 8 CEDU – gli stessi non considerano, tuttavia, che la situazione di abbandono, quale presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità, è configurabile quando si accerti che la vita offerta al minore dai congiunti sia inadeguata al normale sviluppo psico-fisico, così da fare considerare la rescissione del legame familiare come strumento necessario per evitare un più grave pregiudizio (Cass. 10 luglio 2014 n. 15861, 29 marzo 2011, n. 7115; 26 gennaio 2011, n. 1838; 31 marzo 2010, n. 7959; 1 febbraio 2005, n. 1996; 7 febbraio 2002, n. 1674).
nel caso di specie, tale situazione è stata in concreto accertata dal giudice del merito, che ha fondato le proprie valutazioni su riscontri obbiettivi e su fatti aventi carattere indiziario di “sicura valenza probatoria” (Cass. 28 giugno 2006, n. 15011; 12 maggio 2006, n. 11019).
In particolare, la Corte d’Appello ha evidenziato che tutte le opportunità fornite ai genitori per dimostrare il recupero della capacità genitoriali non hanno sortito gli effetti sperati.
A titolo di esempio, con riferimento al rapporto con la piccola Ilary, la sig.ra C. non ha fornito alcun indizio di volere superare quell’indifferenza ed indisponibilità a curarsene, forse derivata dall’originario desiderio di non portare avanti la seconda gravidanza. Anche rispetto a Ga., la madre non ha espresso alcuna autocritica in ordine agli atteggiamenti tenuti con il bambino (distacco e scarsa attenzione, ma anche di denigrazione e violenza).
In occasione dei vari tentativi di affido familiare, la madre dei minori è stata di ostacolo e si è intromessa con effetti deleteri particolarmente sulla gestione del piccolo Ga.. Entrambi i coniugi hanno finito per dimostrare disinteresse verso il percorso di psicoterapia individuale cui erano stati avviati presso il DSM- *****.
Mai nessun parente ha offerto disponibilità a prendersi cura dei minori.
Infine, come già riportato nella parte narrativa, i genitori non hanno prospettato nessun modello di progettualità familiare che possa fornire ai figli una prospettiva di benessere morale e materiale, avendo, l’una, chiesto la collocazione propria e dei bambini in idonea struttura (esattamente come tre anni prima) e, non avendo, l’altro che si è limitato a richiedere un graduale ripristino degli incontri con i bambini – formulato alcun progetto alternativo all’affido eterofamiliare che potesse soddisfare l’esigenza imprescindibile dei figli di godere di uno stabile contesto familiare.
In conclusione, la Corte d’Appello, pur prendendo atto della crescita individuale dei due genitori, ha evidenziato come i medesimi non avessero fornito evidenti segni di maturazione tali da sovvertire quella valutazione di assoluta inadeguatezza all’assolvimento del ruolo genitoriale che, prima ancora che dagli operatori sociali, era stata affermata dai loro stessi congiunti.
Orbene, i ricorrenti, a fronte di articolato percorso argomentativo seguito dalla Corte di merito, non hanno neppure avuto cura di indicare i passaggi motivazionali che sarebbero affetti da eventuali vizi – che comunque, in virtù della attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rileverebbero solo in caso di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” o di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) – limitandosi solo a prospettare presunti elementi nuovi, che, a loro dire, imporrebbero una completa rivisitazione della vicenda processuale, senza considerare che la sentenza impugnata ha già confutato in modo articolato le medesime censure che erano state svolte in grado d’appello e che in questa fase vengono riproposte.
Va, infine, osservato che i ricorrenti hanno lamentato il mancato accoglimento, da parte della Corte d’Appello, delle loro istanze istruttorie, senza tener conto che, con tale doglianza, non hanno fatto altro che svolgere, inammissibilmente, una critica all’esercizio dei poteri istruttori discrezionali del giudice di merito.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente delle spese processuali, che liquida in Euro 2.250,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019