LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23684-2018 proposto da:
K.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MINACAPILLI LIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. R.G. 2381/2017 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositato l’11/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C..
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., K.S., cittadino pakistano, impugnava innanzi al Tribunale di Caltanissetta il provvedimento di diniego delle misure di protezione internazionale emesso dalla competente Commissione Territoriale. A sostegno del ricorso, il richiedente affermava di esser stato costretto a fuggire dal suo paese di origine in seguito alle ritorsioni messe in atto da alcuni creditori contro la sua famiglia. Il giudice di merito, con decreto del 11.06.2018, rigettava il ricorso valutando non credibile il racconto del richiedente e ritenendo insussistente la situazione di violenza generalizzata tale da giustificare la chiesta protezione. K.S. propone ricorso, con due motivi, ai quali il Ministero resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, deducendo la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria stante la situazione di violenza imperversante in Pakistan. Il motivo è privo di pregio. Premesso che la violazione dell’art. 112 c.p.c. non è utilmente dedotta, essendo la domanda di protezione sussidiaria stata esaminata, va rilevato che la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), va accertata in conformità della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), secondo cui il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver, pertanto, raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia. Nel provvedimento impugnato, il collegio giudicante ha puntualmente scongiurato questa eventualità, ed, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ha verificato l’assenza di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica del ricorrente, stante una ritrovata capacità dell’ordinamento statuale di garantire protezione agli abitanti della regione di provenienza del richiedente (Punjab).
4. Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in riferimento al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, cui afferma di aver diritto, stante la situazione di insicurezza del Pakistan e la sua impossibilità di godere dei diritti umani fondamentali in ipotesi di rimpatrio.
5. Va anzitutto rilevato che la disciplina di cui al D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, che ha, tra l’altro, sostituito la disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari, con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande proposte come nella specie, prima della sua entrata in vigore, che vanno valutate in base alla disciplina preesistente (Cass. n. 4890 del 2019) al lume della quale il motivo va rigettato. Ed, infatti, il carattere “aperto” dei motivi per il rilascio del titolo di soggiorno invocato necessita, parimenti alle altre forme di protezione internazionale, dell’effettivo riscontro di una situazione di vulnerabilità che non può non partire dalla situazione oggettiva del paese di origine del richiedente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza. Tale punto di avvio dell’indagine è intrinseco alla ratio stessa della protezione umanitaria, non potendosi eludere la rappresentazione di una effettiva deprivazione dei diritti umani che ne abbia giustificato l’allontanamento (cfr. Cass. n. 4455/2018). Orbene, come ampiamente motivato dal Tribunale – talchè, anche in parte qua il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato non è richiamato a proposito- non si rinvengono nel paese di origine del richiedente situazioni di violenza indiscriminata o di deprivazione dei diritti umani, nè tanto meno il richiedente ha allegato particolari situazioni di vulnerabilità tali da giustificare la misura di protezione umanitaria.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna alle spese, che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, oltre a spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019