LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29586/2014 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in Milano Via Marco Antonio Colonna n. 43, presso lo studio dell’avvocato Adolfini Alfredo, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento ***** S.p.a., in persona dei curatori Dott.ri G.T. e C.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Abruzzi n. 25, presso lo studio dell’avvocato Scuro Ugo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gennari Stefano, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di PARMA, depositato il 11/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/06/2019 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
RILEVATO
CHE:
Il Tribunale di Parma, con decreto dell’11 novembre 2014, ha accolto l’opposizione di A.A. al passivo del fallimento ***** spa, limitatamente all’ammissione del credito relativo al Tfr per l’importo di Euro 27539,13 e l’ha rigettata in relazione ai crediti per indennità di mancato preavviso e di licenziamento senza giusta causa, azionati da A. sul presupposto che il licenziamento fosse senza causa.
Il Tribunale ha rilevato che il licenziamento era stato intimato per comportamenti gravi e idonei a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, che avevano favorito la distrazione di denaro a danno della società e a favore dell’amministratore L.G., della cui attività illecita e di falsificazione della documentazione contabile A. era a conoscenza; il Tribunale ha escluso che vi fosse stata violazione delle garanzie procedimentali, non rilevando che il licenziamento non fosse stato preceduto da alcuna contestazione, atteso che, in base alla disciplina del Culi dei dirigenti dell’industria, egli poteva ricorrere al collegio arbitrale e il datore di lavoro era facoltizzato ad esplicitare e integrare la motivazione del licenziamento; ha quindi ritenuto infondata la sua domanda, essendo il licenziamento assistito da giusta causa.
A. ha proposto ricorso per cassazione, resistito dal Fallimento ***** spa. Le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi: il licenziamento era stato comminato senza essere preceduto da alcuna contestazione degli addebiti e senza che egli fosse sentito a sua difesa, con violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 2 e 3, applicabile anche ai dirigenti, avendo il datore di lavoro operato una inaccettabile sovrapposizione tra la preventiva contestazione e la successiva motivazione, comunicando direttamente il licenziamento (“riteniamo leso in modo irrevocabile il rapporto fiduciario con il Fallimento ***** Spa e conseguentemente recediamo dal contratto per giusta causa”); avrebbe dovuto preventivamente contestare gli addebiti posti a fondamento del successivo provvedimento sanzionatorio, onde consentire all’incolpato l’esercizio del diritto di difesa; quindi il Tribunale non avrebbe potuto esaminare nel merito le condotte che avevano causato il recesso.
Il motivo è fondato, alla luce del principio – ignorato dal Tribunale – secondo cui, nell’ambito del rapporto di lavoro dirigenziale, le garanzie procedimentali dettate dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7, commi 2 e 3, in quanto espressione di un principio di generale garanzia fondamentale, a tutela di tutte le ipotesi di licenziamento disciplinare, trovano applicazione anche nell’ipotesi del licenziamento di dirigente, a prescindere dalla sua specifica collocazione nell’impresa, qualora il datore di lavoro gli addebiti un comportamento negligente, o colpevole in senso lato, ovvero se, a base del recesso, siano poste condotte comunque suscettibili di pregiudicare il rapporto di fiducia tra le parti, sicchè la loro violazione preclude la possibilità di valutare le condotte causative del recesso (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2553; 30 luglio 2013, n. 18270; SU 30 marzo 2007, n. 7880).
Al suddetto principio il giudice di rinvio dovrà attenersi, restando assorbito il secondo motivo. Il decreto impugnato è cassato, in relazione al motivo accolto, con rinvio al Tribunale di Parma per un nuovo esame.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Parma, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019