Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.18536 del 10/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18376/2014 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Giulio Cesare 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato Gabriele Pafundi e rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Adamo, Alessio Anselmi, Daniela Anselmi, in forza di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Bonanno Massimiliano, Comune di Podenzana, I Castellari Scarl;

– intimato –

avverso la sentenza n. 662/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 16/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/06/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Massa- Sezione Distaccata di Pontremoli, accogliendo conforme ricorso di P.E. del 29/12/2005, ha emesso decreto ingiuntivo nei confronti della società cooperativa “I Castellari” s.c.a.r.l. (già Edilcoop) per l’importo di Euro 165.266,30, oltre interessi e spese, a titolo di indennità di esproprio, dovuta in forza di scrittura privata del 3/2/2002, con la quale la sig.ra P., a fronte del versamento, si era impegnata a non opporsi alla procedura espropriativa e all’occupazione di urgenza di un terreno di sua proprietà in Podenzana, individuato dal Comune quale sito di un programma costruttivo.

Con atto del 3/3/2006 ha proposto opposizione la Cooperativa, soggetto attuatore di un intervento di edilizia residenziale pubblica, assegnataria di un’area destinata a PEEP finanziato dalla Regione Toscana; l’opponente ha sostenuto che l’indennità stabilità dal Comune e accettata dalla P. ammontava a Euro 78.985,89 e che la pattuizione dell’ulteriore versamento di Euro 86.280,41 quale prezzo bonariamente concordato era intervenuta fra la P. e l’allora presidente della cooperativa, in assenza di alcuna delibera del consiglio di amministrazione.

Si è costituita in giudizio P.E., chiedendo la risoluzione della scrittura del 3/2/2002 per inadempimento della Cooperativa e la condanna della Cooperativa e del Comune di Podenzana, previa chiamata in causa di quest’ultimo, al risarcimento dei danni conseguiti all’occupazione del terreno e alla sua irreversibile trasformazione.

In via subordinata, ha chiesto la condanna della Cooperativa al pagamento della somma indicata nella scrittura 3/2/2002 e comunque il pagamento immediato della somma non contestata.

Chiamato in causa, il Comune di Podenzana si è costituito eccependo il difetto di giurisdizione dell’a.g.o. e la prescrizione del diritto, chiedendo comunque il rigetto delle domande nei suoi confronti proposte e in subordine la manleva da parte della cooperativa.

Con sentenza del 21/8/2009 il Tribunale ha respinto l’opposizione proposta dalla cooperativa e le domande proposte dalla sig.ra P. e ha condannato la cooperativa “I Castellari” a pagare alla sig.ra P. la somma di Euro 165.266,30, oltre interessi e spese; la P. invece è stata condannata a pagare le spese di lite al Comune di Podenzana.

2. La cooperativa ha proposto appello a cui hanno resistito le parti appellate P.E. e Comune di Podenzana.

E’ intervenuto nel processo di secondo grado B.M., socio della cooperativa.

Con sentenza del 16/5/2014 la Corte di appello di Genova ha accolto l’appello della cooperativa “I Castellari”, revocando il decreto ingiuntivo opposto e dichiarando inefficace la scrittura privata del 3/2/2002 e non dovuta la maggior somma pretesa da P.E. di Euro 86.280,91 in aggiunta rispetto all’importo della indennità di esproprio accettata; ha dichiarato inammissibile l’intervento del B., compensando peraltro le spese relative; ha condannato gli appellati P. e Comune di Podenzana, in solido fra loro, alla rifusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio a favore della cooperativa.

Secondo la Corte di appello il Tribunale aveva errato nel ritenere che l’atto notarile stipulato il 10/4/2003 a rogito Notaio S. avesse recepito l’accordo di cui alla scrittura del 3/2/2002; la ratifica individuata nella lettera del 3/10/2005 del nuovo presidente della Cooperativa “I Castellari”, T.L., non era valida perchè costui era privo dei necessari poteri, in difetto di apposita delibera del consiglio di amministrazione, senza che fosse invocabile al proposito il principio contenuto nell’art. 2384 c.c., secondo cui le limitazioni di potere dell’organo amministrativo non sono opponibili ai terzi di buona fede, principio questo riferibile alla sola rappresentanza processuale.

3. Con atto notificato il 23/7/2014 ha proposto ricorso per cassazione P.E., svolgendo tre motivi.

Le parti intimate, Cooperativa “I Castellari”, Comune di Podenzana e B.M. non si sono costituite.

La ricorrente ha presentato memoria del 21/5/2019 e con nota di deposito del 10/6/2019 la ricorrente ha prodotto copia autentica del ricorso proposto ex art. 373 c.p.c. e l’ordinanza resa in tale provvedimento; ha depositato inoltre le relate di notifica del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è stato validamente notificato alla cooperativa I Castellari dalla ricorrente P.E., oltre che alla parte personalmente, al secondo studio, risultante dall’Albo degli avvocati, in ***** dell’ X, difensore domiciliatario costituito in grado di appello, a fronte dell’accertato trasferimento di costei dallo studio di *****, ed inoltre ex art. 330 c.p.c. all’avv. T.F. presso il suo studio di *****, a seguito di notifica di sentenza con formula esecutiva ed atto di precetto e nuova elezione di domicilio.

Al Comune di Podenzana, comunque evocato per mera integrità del contraddittorio senza proposizione di domande da parte della ricorrente, il ricorso è stato notificato, oltre che alla parte personalmente, al secondo studio, risultante dall’Albo degli avvocati, in ***** dell’.X, difensore domiciliatario costituito in grado di appello.

Al sig. B., comunque evocato per mera integrità del contraddittorio senza proposizione di domande da parte della ricorrente, il ricorso stato notificato, oltre che alla parte personalmente, al difensore domiciliatario costituito in grado di appello.

2. I primi due motivi sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

2.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2384 c.c..

Tale norma, secondo cui le limitazioni di potere dell’organo amministrativo non sono opponibili ai terzi di buona fede, non è riferibile alla sola rappresentanza processuale, come ritenuto dalla Corte genovese, ma, secondo dottrina e giurisprudenza, protegge i terzi in buona fede, attraverso l’inopponibilità delle limitazioni, anche in tema di rappresentanza sostanziale.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2384 c.c., anche sotto un ulteriore profilo.

Le limitazioni di potere dell’organo amministrativo della Cooperativa non erano opponibili alla signora P., pacificamente in buona fede, sia con riferimento all’impegno assunto il 3/2/2002 dall’allora presidente della Cooperativa, Don F.G., sia con riferimento alla successiva ratifica dell’ottobre del 2005 da parte del nuovo presidente, T.L..

2.3. L’art. 2384 c.c. in tema di “Poteri di rappresentanza”, come sostituito dal D.Lgs. 17 maggio 2003, n. 6, art. 1, dopo aver affermato al comma 1 che il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori dallo statuto o dalla deliberazione di nomina è generale, precisa, nel comma 2, che le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.

2.4. La Corte genovese ha affermato, sinteticamente e apoditticamente, che la non opponibilità sancita dal comma 2 citato si riferisce “alla diversa ipotesi della rappresentanza processuale della società”.

Tale affermazione, per vero neppur motivata, non possiede alcuna base testuale, che si riferisce in via generale ai poteri degli amministratori; del resto, la norma, prendendo in esame gli effetti della buona fede della controparte, si attaglia molto più appropriatamente all’ambito della rappresentanza negoziale.

In questo senso si è pronunciata la giurisprudenza di questa Corte.

Dapprima le Sezioni Unite hanno affermato che quanto al potere di rappresentanza del presidente di una società cooperativa edilizia a responsabilità limitata, ancorchè operante con il contributo dello Stato, trova applicazione l’art. 2384 c.c., comma 2, (nel testo fissato dal D.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 5), con la conseguenza che le eventuali limitazioni statutarie al suddetto potere, sia sostanziale che processuale, non sono opponibili al terzo in difetto delle condizioni contemplate dalla norma medesima (Sez. un., 24/10/1990, n. 10318).

Tale pronuncia si è riferita al precedente testo dell’art. 2384 c.c., introdotto nell’ambito del Codice civile dal D.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 5, che disponeva “Gli amministratori che hanno la rappresentanza della società possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salvo le limitazioni che risultano dalla legge o dall’atto costitutivo. Le limitazioni al potere di rappresentanza che risultano dall’atto costitutivo o dallo statuto, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società”.

Come si vede, l’art. 2384 c.c., comma 2 presentava una struttura del tutto similare a quella attuale.

Non diversamente ha ragionato questa Corte con la sentenza di questa Sezione 1, 07/02/2000, n. 1325, relativa alla portata della regola di cui all’art. 2384 c.c. (nel testo modificato dal D.P.R. n. 1127 del 1969, art. 5 introdotto in esecuzione della direttiva Cee n. 151 del 1968 al fine di garantire ai terzi la sicurezza in ordine alla validità degli atti posti in essere dai rappresentanti delle società); è stato appunto affermato che il precetto secondo il quale le limitazioni dei poteri di rappresentanza degli amministratori di società di capitali risultanti dall’atto costitutivo o dallo statuto non sono opponibili ai terzi di buona fede, anche se pubblicate, trova applicazione anche in riferimento alle ipotesi di dissociazione del potere di rappresentanza dal potere di gestione. In applicazione dell’esposto principio è stata confermata la decisione del giudice di merito che, in una fattispecie in cui i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione competevano al consiglio di amministrazione e la rappresentanza legale al presidente, aveva ritenuto inopponibile ai terzi di buona fede la mancanza dell’autorizzazione al presidente a stipulare una transazione contenente una clausola compromissoria.

Ancora successivamente questa Corte ha ribadito che la dissociazione tra potere di gestione, attribuito statutariamente al Consiglio di amministrazione, e potere di rappresentanza, spettante a uno dei suoi membri, riflettendosi sull’esercizio del potere rappresentativo di quest’ultimo, rientra tra le limitazioni contemplate dall’art. 2384 c.c., comma 2, con la conseguenza che l’atto compiuto dal rappresentante in assenza di delibera consiliare è inopponibile alla società, solo se quest’ultima fornisca la prova che i terzi abbiano agito intenzionalmente a suo danno (Sez. 1, 26/01/2006, n. 1525).

2.5. A tali principi non si è attenuta la Corte territoriale, con la conseguente necessità della cassazione sul punto della sentenza impugnata e conseguente rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Genova, anche per le spese del giudizio di legittimità.

3. Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, con cui il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 92 c.p.c. e vizio di motivazione, poichè sussistevano comunque tutti gli elementi giustificativi di una compensazione delle spese processuali (scrittura privata del 2002, ratifica del 2005, buona fede).

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Genova, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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