LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8455-2018 proposto da:
C.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO, 34, presso lo studio dell’avvocato PAOLO AUGUSTO COLA, rappresentato e difeso dall’avvocato SILVIO MAROZZI;
– ricorrenti –
contro
C.I.;
– intimata –
per regolamento di competenza avverso l’ordinanza n. R.G. 1937/2017 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO, depositata il 16/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSETTI MARCO;
lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. MISTRI CORRADO che conclude:
deve ritenersi che il potere di sospensione di cui all’art. 295 c.p.c., sia stato esercitato in modo illegittimo dal giudice ascolano e che quindi l’istanza di regolamento necessario di competenza proposta da C.B. meriti di essere accolta, con conseguente annullamento dell’ordinanza di sospensione del procedimento pronunciata in data 16 febbraio 2018, dal Tribunale di Ascoli Piceno in composizione monocratica nel procedimento n. 1937/2017 R.G., così disponendosi per l’effetto la prosecuzione del giudizio sospeso.
FATTI DI CAUSA
1. C.B. ha convenuto dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno C.I., allegando di essere possessore di una ricognizione di debito firmata dalla convenuta, e che questa non aveva adempiuto l’obbligazione risultante dalla suddetta scrittura. Ha chiesto pertanto la condanna della convenuta all’adempimento.
2. C.I. si è costituita eccependo sia la nullità della ricognizione di debito, sia di non essere nelle condizioni patrimoniali di adempiere la propria obbligazione, e ciò a causa del rifiuto della propria sorella C.P. (moglie dell’attore) di procedere alla divisione dei beni immobili loro pervenuti a titolo ereditario, se non alle svantaggiose condizioni da quella pretese.
Aggiunse che tra lei e la sorella pendeva un giudizio di divisione dell’asse ereditario, e chiese in via subordinata la sospensione del giudizio.
3. Con ordinanza 16.2.2017 il Tribunale ha sospeso il giudizio, ritenendo pregiudiziale, rispetto alla domanda di pagamento del debito risultante dalla scrittura privata, la definizione del giudizio di divisione ereditaria.
4. C.B. ha proposto regolamento di competenza avverso l’ordinanza di sospensione.
C.I. non si è difesa in questa sede.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che fosse ordinata la prosecuzione del giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è manifestamente fondato: sia perchè tra il giudizio in tesi pregiudicato e quello in tesi pregiudicante non vi era identità di parti (ex multils, Cass. (ord.) S.U. 12996 del 2018); sia – lo si rileva solo ad abundantiam – perchè tra il giudizio di divisione ereditaria e quello oggi in esame, avente ad oggetto una richiesta di condanna al pagamento d’una somma di danaro, non esiste alcun legame pregiudicante: non di diritto, perchè l’accertamento dell’esistenza dell’obbligazione sottesa dalla ricognizione di debito prescinde dall’accertamento della consistenza del patrimonio del debitore; e nemmeno di fatto, perchè per stabilire se C.I. sia o no debitrice di C.B. non è necessario sapere a quanto ammonti il suo patrimonio.
La circostanza che nella ricognizione di debito fosse contenuta una clausola in virtù della quale C.I. si obbligava a pagare quando le sue condizioni economiche glielo avessero permesso non è idonea a stabilire alcuna connessione tra giudizio di pagamento e giudizio di divisione.
In presenza della clausola suddetta, infatti, il giudice del giudizio di condanna dovrà solo limitarsi a stabilire se essa sia valida e se, alla luce di essa, vi fu o non vi fu inadempimento colpevole, e non certo attendere la fine del giudizio di divisione.
E’ comunque assorbente il rilievo della mancanza di coincidenza soggettiva (sulla cui necessita si veda ampiamente Cass. (ord.) n. 19293 del 2005).
2. Le spese.
Le spese della presente fase del giudizio vanno a poste a carico della parte intimata, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, attesa l’autonomia del giudizio di regolamento di competenza, il cui esito dà luogo a soccombenza sul punto della competenza, a prescindere dall’esito della lite nel merito. Tali spese sono liquidate nel dispositivo, assumendo il valore della causa come indeterminabile, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 5.
P.Q.M.
-) ordina la prosecuzione del giudizio;
(-) condanna C.I. alla rifusione in favore di C.B. delle spese del presente regolamento di competenza, che si liquidano nella somma di Euro 2.500, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, D.M. n. 10.3.2014 n. 55.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 14 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019