Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.18618 del 11/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22035/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

contro

ENERGETIC S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in forza di procura speciale rilasciata in calce al controricorso dall’Avv. Carlo Fiumanò, elettivamente domiciliata in Roma, via Ulpiano n. 29, presso lo studio dell’Avv. Cesare Mancini.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 220/22/15 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 16 febbraio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 aprile 2019 dal Consigliere Gianluca Grasso.

Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Paola Mastrobernardino che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO

che:

– la Energetic S.p.A. ha impugnato l’atto di accertamento con il quale Ufficio delle Dogane di ***** – a seguito di controllo informatizzato relativo alla contabilità della società (capitolo 1421, gas naturale) – aveva accertato un insufficiente versamento del conguaglio a debito per Euro 278.131,59 – oggetto di compensazione con un credito sussistente presso l’ufficio delle Dogane di *****, in relazione all’attività esercitata nell’ambito della Provincia di ***** -, oltre interessi (pari ad Euro 2.592,64), ed indennità di mora (pari ad Euro 16.687,90), irrogando contestualmente la sanzione (di Euro 83.439,48) ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, nella misura del trenta per cento dell’imposta non versata;

– la Commissione tributaria provinciale di Torino ha rigettato il ricorso, escludendo che fosse possibile riscontrare nella fattispecie i presupposti per rendere legittimo il rimborso mediante compensazione, specificando che se la società ricorrente, nelle more di giudizio, ha chiesto e ottenuto il trasferimento del credito ai fini della compensazione potrà utilizzarlo per futuri versamenti;

– la Commissione tributaria regionale del Piemonte, in parziale accoglimento dell’appello della società contribuente, ha dichiarato non dovute le sanzioni, compensando le spese di entrambi i gradi di giudizio;

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

– la società contribuente resiste con controricorso;

– in prossimità dell’adunanza camerale, la società ha depositato una memoria difensiva.

CONSIDERATO

che:

– alcun rilievo assume, nel caso concreto, la questione di legittimità costituzionale prospettata nel controricorso con riferimento al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, essendo in questa sede controverso non il diritto alla compensazione ma l’applicazione delle sole sanzioni, non avendo la società contribuente proposto ricorso incidentale avverso la decisione concernente la debenza dell’imposta;

– con l’unico motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), con riferimento al TUA, art. 26, comma 13, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, e con il D.M. n. 689 del 1996, art. 6, nonchè con riferimento alla L. n. 212 del 2000, artt. 8 e 10. Secondo parte ricorrente, la sentenza della Commissione tributaria regionale è censurabile per aver contravvenuto alla corretta applicazione della normativa richiamata. In particolare, la decisione impugnata non considera il fatto che la contribuente abbia operato unilateralmente una compensazione non consentita dalle disposizioni in materia, senza alcuna preventiva comunicazione all’Ufficio doganale di *****, ottenendo solo successivamente il nulla osta al trasferimento del credito da parte dell’ufficio di *****. Si contesta, inoltre, l’affermazione dei giudici secondo cui tale modus operandi non avrebbe causato danni all’Erario, dal momento che, invece, la contribuente ha omesso di eseguire, nei tempi previsti dalla legge, i versamenti dovuti in relazione all’anno di imposta 2010, risultanti dalla dichiarazione annuale presentata il 31 marzo 2011;

– il motivo è fondato;

– in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, (cd. Statuto del contribuente), costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee ad indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono (Cass. 14 gennaio 2015, n. 537; Cass. 10 dicembre 2002, n. 17576);

– le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti e obblighi, sicchè, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2, (Cass. 18 maggio 2016, n. 10195);

– nel caso in esame, il contenuto dell’estratto della nota n. ***** del 6 maggio 2009 dell’Agenzia delle Dogane, riportato in motivazione e posto a fondamento dell’affidamento legittimo, richiama la necessità di chiedere l’acquisizione del nulla osta favorevole al trasferimento del credito da parte dell’Ufficio che ne attesta l’esistenza, l’emissione di un provvedimento di discarico amministrativo riferito alla posizione ereditaria e la contestuale presa in carico dell’importo corrispondente al credito trasferito da parte dell’Ufficio delle Dogane presso il quale risulta un debito, riferito al medesimo capitolo d’imposta;

– la società contribuente, tuttavia, ha provveduto in maniera unilaterale a compensare il credito, comunicando all’Agenzia l’operazione compiuta senza la preventiva autorizzazione da parte dell’ente preposto e in assenza di una specifica disposizione che lo consentisse. La lettura dell’estratto chiarisce la necessità di un’autorizzazione preventiva all’utilizzo del credito in compensazione, per cui la sola presentazione dell’istanza di trasferimento del credito non fa venir meno l’obbligo dell’operatore di provvedere al versamento degli importi a debito;

– il ricorso deve dunque essere accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, va respinto il ricorso originario;

– le spese del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, atteso lo svolgimento del processo e le questioni controverse, mentre quelle di legittimità sono poste a carico della società contribuente come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario; condanna la società contribuente al pagamento di Euro 5600,00 per onorari in favore dell’Agenzia delle entrate, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta Sezione civile, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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