LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. NONNO G. Maria – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –
Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1568/2013 R.G. proposto da:
Vivai Graziella s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Massaro ed elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Alessandro Pieri (studio Insabato), al viale Mazzini n. 41, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
MINISTERO DELLE FINANZE;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 139/21/12 depositata il 22 maggio 2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2019 dal Consigliere Dott. Dinapoli Marco.
RILEVATO
CHE:
La contribuente ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria del Lazio n. 139/21/12 depositata il 22 maggio 2012 che ha rigettato l’appello proposto avverso la sentenza n. 202/17/10 della Commissione tributaria provinciale di Roma che a sua volta aveva rigettato il suo ricorso avverso l’avviso di accertamento n. ***** (notificato il 17 novembre 2011) emesso dall’Agenzia delle entrate a seguito di processo verbale di constatazione del 26/7/2005 con cui è stato accertato un maggior reddito di impresa per l’anno 2003. Chiede cassarsi la sentenza impugnata con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.
L’Agenzia delle entrate deposita controricorso con cui, rilevato il giudicato interno in relazione alle questioni non riproposte nel giudizio di legittimità, contrasta la richiesta avversa, di cui chiede il rigetto, spese rifuse.
CONSIDERATO
CHE:
1. Viene proposto come unico motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1983, n. 600, art. 39 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) perchè la sentenza impugnata ha ritenuto corretta la percentuale di ricarico applicata dai verificatori senza tener conto delle deduzioni del contribuente.
2. Il ricorso è inammissibile per mancanza di specificità. Infatti il ricorrente solo apparentemente lamenta l’errata applicazione del D.P.R. 29 settembre 1983, n. 600, art. 39, ma in realtà contesta il meccanismo di calcolo dei maggiori ricavi “in nero” utilizzato dagli accertatori. La sentenza impugnata, per altro, ha correttamente motivato la sua decisione in ordine alla legittimità sia del criterio adottato dall’Ufficio che delle percentuali di ricarico applicate e della merce invenduta o deteriorata (percentuali calcolate in contraddittorio con la parte). Il ricorso non contiene controdeduzioni specifiche su questi punti ma una generica contestazione dell’accertamento, già formulata senza successo nel giudizio di merito e qui riproposta, con sostanziale richiesta di rivalutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità.
3. Il ricorso pertanto deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, come appresso liquidate.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente Vivai Graziella s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00 (cinquemilaseicento) oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019