Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.18716 del 11/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22904-2017 proposto da:

H.H.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO, 14, presso lo studio dell’avvocato VENGO GAETANO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI ROMA, QUESTURA DELLA PROVINCIA DI ROMA;

– intimate –

avverso il decreto n. 70466/2016 del GIUDICE DI PACE di ROMA, depositato il 26/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO MARIA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il giudice di pace di Roma ha rigettato l’opposizione all’espulsione amministrativa proposta dal cittadino tunisino Hamrouni Houssam Edine rilevando che doveva ritenersi del tutto legittima la traduzione del provvedimento in una delle lingue veicolari e che doveva del pari ritenersi sufficiente la motivazione del decreto che i in mancanza dell’indicazione delle norme di legge violate, contenesse gli elementi necessari e sufficienti per comprendere la violazione addebitata.

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero affidandosi a due motivi.

Nel primo motivo ha detto che in merito all’obbligo di traduzione non è stata seguito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità instaurato nel 2012.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non essendo neanche dedotto quale fosse la lingua madre del ricorrente e quale la lingua veicolare usata, limitandosi la censura a riferireisenza chiarirne la ratio di un mutamento di giurisprudenza.

Nel secondo motivo viene dedotta la nullità del decreto espulsivo per mancanza di attestazione di conformità da parte di autorità diversa dall’emittente.

Anche tale censura è inammissibile per difetto di specificità non essendo allegato dove e come la doglianza sia stata sottoposta al giudice di pace.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non vi è difesa della parte intimata e conseguentemente deve essere omessa la statuizione sulle spese processuali del presente giudizio. L’esenzione ex lege dal pagamento del contributo unificato esclude l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2019

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