Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.18789 del 12/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24847 – 2018 r.g. proposto da:

C.M., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Francesco Bonatesta, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Ravenna, Viale della Lirica n. 43;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, depositata in data 26.2.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/6/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna – decidendo sull’appello proposto da C.M., cittadino del GAMBIA, avverso l’ordinanza emessa in data 12 ottobre 2016 dal Tribunale di Bologna (con la quale erano state respinte le domande del richiedente volte ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria) – ha confermato il provvedimento impugnato, rigettando, pertanto, l’appello.

La corte del merito ha ritenuto non sussistenti le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato in quanto non era stata dimostrata l’esistenza di una situazione di persecuzione in danno del richiedente protezione; ha ritenuto di non riconoscere il diritto alla reclamata protezione sussidiaria, non essendo presente in Gambia una situazione di conflitto armato generalizzato ed essendo invece avviato – come ammesso dallo stesso ricorrente – un processo di democratizzazione del paese.

2. La sentenza, pubblicata il 26.2.2018, è stata impugnata da C.M. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente – lamentando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, – si duole dell’erronea valutazione espressa dalla corte di merito in riferimento al profilo di credibilità del richiedente perchè fondata sulla sola circostanza della mancata prova del pericolo di carcerazione del ricorrente (senza, cioè, l’intervenuta dimostrazione di una denuncia a suo carico), avendo dovuto invece la corte territoriale considerare le condizioni personali del ricorrente.

2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2 e art. 14, lett. b). Si osserva che illegittimamente la corte di merito non aveva approfondito, anche attivando i suoi poteri istruttori officiosi, il profilo della condizione carceraria in Gambia per riscontare l’allegato pericolo di essere sottoposto a pena di morte ovvero a trattamenti carcerari inumani.

3. Con il terzo motivo si articola vizio di violazione di legge in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2 e art. 14, lett. c) per la mancata corretta valutazione della situazione di pericolosità interna del Gambia, anche in considerazione della circostanza che il processo di democratizzazione del paese è stato avviato solo dal 2016 dopo venti anni di feroce dittatura.

4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32. Osserva il ricorrente, in riferimento alla richiesta protezione umanitaria, che non era stato considerato il profilo dell’inserimento del richiedente nella realtà sociale italiana e la sua condizione di soggetto povero e poco scolarizzato.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Già il primo motivo di censura è inammissibile per come formulato.

La parte ricorrente pretenderebbe dalla Corte di legittimità un nuovo scrutinio del profilo di credibilità del richiedente, profilo sul quale la corte distrettuale ha motivato in modo adeguato e scevro da criticità argomentative. Ed invero, richiedere alla Corte di Cassazione una nuova rilettura degli atti istruttori per rinnovare il giudizio di credibilità del ricorrente significa sollecitare il giudice di legittimità ad una valutazione di merito della vicenda la cui cognizione è invece rimessa ai soli giudici delle fasi precedenti (cfr. Cass. 3340/2019).

5.2 Il secondo motivo di doglianza è inammissibile invece in ragione della sua evidente novità, essendo stato proposto per la prima volta solo in questo giudizio di legittimità. Osserva la Corte come, nel caso di specie, la richiesta di protezione sussidiaria si era fondata, nei precedenti gradi merito, sulla scorta delle allegate condizioni fattuali di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e non già su quelle diverse di cui alla lett. b) medesima norma.

Peraltro la parte ricorrente non ha neanche indicato in quale atto difensivo avesse proposto doglianze in merito al pericolo di trattamenti carcerari inumani, così rendendo la censura – così sollevata solo innanzi a questo giudice di legittimità – non ammissibile.

5.3 Il terzo motivo di censura è inammissibile in quanto volto, anche in questo caso, ad una rivalutazione di merito del profilo della pericolosità interna del paese di provenienza del richiedente, il Gambia, profilo sul quale invece la corte di merito ha argomento in modo corretto ed esente da possibili critiche argomentative.

5.4 Il quarto motivo è inammissibile per le medesime ragioni già spiegate in relazione al secondo motivo, avendo la parte ricorrente allegato il profilo del suo inserimento sociale in Italia solo in questo grado di giudizio di legittimità e non emergendo dagli atti la diversa indicazione di tale allegazione difensiva nelle precedenti fasi del giudizio di merito.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese di questo giudizio di legittimità, stante la mancata difesa da parte dell’amministrazione intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2019

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