Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.19464 del 18/07/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 831/2017 R.G. proposto da:

Ministero Della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege;

– ricorrente –

contro

N. s.a. Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2154/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2019 da dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 2154/2016 pubblicata il 30-5-2016, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 12311/2014, accogliendo l’appello proposto da N. S.A. Italia s.r.l. rigettava l’opposizione proposta dal Ministero della Giustizia e confermava il decreto ingiuntivo n. 28328/2011, avente ad oggetto il pagamento in favore di N. S.A. Italia s.r.l. della somma di Euro 198.165,89 in linea capitale, quale corrispettivo per il noleggio di apparecchiature per registrazione multilinea, radiolocalizzazione e monitoraggio ambientale, eseguito in favore delle Procure della Repubblica di Milano, Taranto e Catanzaro. La Corte territoriale riteneva che la stipulazione del contratto di noleggio delle menzionate apparecchiature non richiedesse una preventiva procedura di gara selettiva e che il requisito di forma scritta ad substantiam richiesto per i contratti della pubblica amministrazione dovesse ritenersi nella specie soddisfatto, alla luce della produzione documentale da parte appellata delle offerte scritte formulate alla Procura e delle relative accettazioni. Affermava, inoltre, che al contratto di diritto privato intercorso tra le parti non potesse essere applicata la disciplina dettata dal testo unico sulle spese di giustizia e che, conseguentemente, il decreto ingiuntivo fosse stato legittimamente pronunciato sulla base delle fatture emesse da N. S.A. Italia S.r.l., non occorrendo, per la liquidazione, il decreto di cui all’art. 168 menzionato testo unico. Infine la Corte d’appello riteneva che, per le stesse ragioni, data l’indiscussa natura di imprenditore commerciale di N. S.A. Italia S.r.l., fossero dovuti gli interessi moratori previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002.

2. Avverso questa sentenza, il Ministero della Giustizia propone ricorso, affidato a tre motivi.

3. La N. S.A. Italia s.r.l. è rimasta intimata.

4. La Procura Generale ha presentato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso. Il Ministero ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il Ministero lamenta “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 3, comma 1, lett. n), art. 5, lett. i-bis, artt. 70, 71, 168, 170 e 171 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Il Ministero si duole del fatto che la Corte d’appello abbia erroneamente escluso la soggezione del credito azionato alla disciplina del testo unico sulle spese di giustizia ed abbia ritenuto che lo stesso credito traesse origine da un contratto, pure in assenza di un unico atto redatto in forma scritta ad substantiam, come prescritto per i contratti della p.a., e di conseguenza che fossero applicabile alla fattispecie – integrante, secondo la Corte, una transazione commerciale – gli interessi nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002. Richiamando pronunce di questa Corte (Cass. pen. 21757-2006; Cass. pen. 19650/2009 e Cass. n. 24103/2009) evidenzia che è stata ripetutamente affermata l’applicabilità del procedimento amministrativo di liquidazione dei compensi spettanti a gestori di telefonia in materia di intercettazioni telefoniche e che la formulazione letterale del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 71 quanto alle spese straordinarie ed indispensabili, depone chiaramente per l’applicazione estensiva delle norme del medesimo D.P.R. anche alla fattispecie in esame, non essendo stato emanato dall’Amministrazione alcun bando, nè essendo stato stipulato con la società concedente del servizio alcun contratto di locazione di cose mobili. La spesa in contestazione rientra tra quelle di cui all’art. 5, lett. i bis TUSP, come affermato anche nella sentenza di questa Corte n. 2573/2016, vertendosi anche nel caso in esame di compenso per il “tracciamento”, ai sensi del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 96.

2. Con il secondo motivo il Ministero lamenta “Violazione e/o falsa applicazione del R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 18 e D.Lgs. n. 163 del 2006, artt. 34 e ss. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”. Il ricorrente rileva che nella fattispecie non si era dato corso ad alcuna procedura selettiva in quanto aveva trovato applicazione il T.U.S.P.. Assume che non sia consentito alla P.A. di instaurare legittimi rapporti giuridici in assenza di un documento scritto proveniente dall’organo competente ad esternare la volontà dell’Ente e non era pertanto possibile qualificare il rapporto tra le parti in termini di obbligazione contrattuale.

3. Con il terzo motivo il Ministero denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’erronea applicazione degli interessi nella misura ivi prevista, per difetto di un rapporto contrattuale tra le parti.

4. Il primo motivo è fondato.

4.1. La più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. II, 9/02/2016, n. 2573; Cass., Sez. I, 24/01/2019, n. 2074 e Cass., Sez I ord. n. 17116/2019) ha ritenuto, in relazione a vicende analoghe, con un orientamento a cui il Collegio intende dare continuità, che le spese di cui trattasi siano soggette, nel periodo a cui si riferiscono quelle oggetto di giudizio, alla disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168 quanto alla loro liquidazione, dovendo applicarsi lo stesso regime previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 70 per le spese straordinarie.

Partendo dall’esegesi delle norme, con le pronunce citate è stato precisato che la disposizione dettata dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, comma 1, si pone come una norma di chiusura, nel senso che il riferimento alle spese straordinarie, contenuto nel citato art. 5, comma 1 copre ogni possibile spesa correlata al processo, ma non specificatamente disciplinata dal testo unico. Nel complessivo sistema normato da detto testo unico “le spese di intercettazione (pacificamente rientranti fra quelle di giustizia, anche alla luce della loro menzione, senza specifica disciplina, al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, lett. i-bis, introdotto dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 326) sono tradizionalmente ricondotte fra quelle straordinarie D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 70, come chiarito dalla Circolare del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia dell’8 ottobre 2002, n. 6” (così Cass., Sez. II, 9/02/2016, n. 2573 citata, in tema di liquidazione del compenso dovuto ad un operatore per le attività di tracciamento riferite a comunicazioni internazionali).

L’art. 70 prevede che “Sono spese straordinarie quelle non previste nel presente testo unico e ritenute indispensabili dal magistrato che procede, il quale applicherà, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 61, 62 e 63 e dell’art. 277 e per l’importo utilizzerà prezzari analoghi. Il decreto di pagamento è disciplinato dagli artt. 168, 169, 170 e 171”.

All’esito del confronto con la disciplina dettata a proposito dei compensi dovuti ai consulenti tecnici e periti, e più in generale agli ausiliari, tra i quali si annovera anche colui che noleggia le apparecchiature, mettendo a disposizione strumentazioni e, se del caso, personale addetto al funzionamento, nonchè richiamata anche la disciplina dettata dall’art. 268 c.p.p., comma 3, si trae la conclusione che “nel sistema del testo unico, e, già prima, della disciplina normativa in esso confluita, la quantificazione delle spese in discorso, nelle diverse ipotesi normativamente contemplate, non è mai affidata alla libera contrattazione, ma si svolge nel rispetto di previsioni autoritative alle quali, in sede di liquidazione, occorre attenersi” (Cass. n. 2074/2019 citata). Non può pertanto ritenersi che tra le parti possa configurarsi un rapporto privatistico e che la N. S.A. Italia s.r.l. fosse titolare di un credito suscettibile di essere azionato in via monitoria, atteso che le “attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori della libera contrattazione, sicchè la liquidazione di queste ultime deve inalvearsi nell’apposito procedimento previsto dal testo unico” (Cass. n. 2074/2019).

Nè argomenti interpretativi di senso contrario possono trarsi dallo ius superveniens conseguente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 2 ottobre 2018, n. 120, non applicabile ratione temporis al caso di specie, che, introducendo nel D.P.R. n. 115 del 2002 l’art. 168-bis, ha ora previsto (comma 1) che “la liquidazione delle spese relative alle prestazioni di cui al D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 96 e di quelle funzionali all’utilizzo delle prestazioni medesime è effettuata senza ritardo con decreto di pagamento del pubblico ministero che ha richiesto o eseguito l’autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione”, seguito dal conclusivo rinvio al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170. Sebbene dai documenti accompagnatori che hanno scandito l’iter di approvazione della norma sopravvenuta si possa evincere la finalità di colmare una lacuna normativa, deve ritenersi che anche nel regime previgente, applicabile al caso di specie, il quadro normativo fosse chiaro e completo, come già ricordato dai citati precedenti di questa Corte. In particolare va ribadito che le spese di cui trattasi erano già menzionate, pur senza specifica disciplina, dal D.P.R. n. 115 del 2002, all’art. 5, lett. i-bis, introdotto dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 326, e pertanto, poichè pacificamente rientranti fra quelle di giustizia, sono state ricondotte all’ambito della disciplina delle spese straordinarie, in virtù della “norma di chiusura” che in quel contesto rivestiva – e riveste tuttora – il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, comma 1. Dunque la norma sopravvenuta “si inserisce in un panorama dispositivo sufficientemente dettagliato e presidiato dalla norma di chiusura dell’art. 5 ed assolve una funzione propriamente esplicativa, chiarendo in modo espresso – ed anche al non secondario scopo di creare un efficace argine al dilagante contenzioso che rischiava di travolgere finanziariamente il funzionamento della giustizia penale un principio immanente nel sistema, in ragione del quale le attività strettamente funzionali ed inerenti al processo penale, e le relative spese, si connotano per il loro rilievo pubblicistico e si collocano al di fuori della libera contrattazione” (Cass. ord. n. 17116/2019).

5. Conclusivamente, il primo motivo di ricorso va accolto, assorbiti gli altri, e l’impugnata sentenza va conseguentemente cassata senza rinvio in quanto, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, ultimo inciso, la causa non poteva essere proposta.

6. Ricorrono giusti motivi, rappresentati dal solo recente consolidarsi della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472