Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.19566 del 19/07/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6126/2016 proposto da:

V.G., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli Avvocati MAURO MAZZONI, LUCIANO GIORGIO PETRONIO;

– ricorrente –

contro

ENI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO PROIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SIMONE PIETRO EMILIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 435/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/08/2015 R.G.N. 3048/2012.

RILEVATO CHE:

1. il Tribunale di Milano respingeva la domanda di V.G. volta ad accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con ENI Spa (di seguito, per brevità, anche ENI) e quella consequenziale di illegittimità del licenziamento, con condanna della società alla reintegrazione ed al risarcimento secondo legge;

2. la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 435 del 2015, rigettava il gravame del lavoratore;

2.1. per la Corte territoriale, la tesi difensiva secondo cui il rapporto di lavoro, al di là del dato formale, fosse sorto direttamente con ENI avendo questa concordato l’assunzione, per essere stata la società ENI ad occuparsi dell’autorizzazione ministeriale per reclutare in Italia lavoratori da impiegare all’estero ed inoltre per essere stato il lavoratore gerarchicamente subordinato al responsabile dell’Ufficio legale dell’ENI, avendo anche Eni sostenuto le spese dell’alloggio estero ed effettuato i versamenti presso INPS ed INAIL, non era fondata;

2.2. il decisum si fonda, sostanzialmente, sulle seguenti argomentazioni: a) Eni aveva agito quale procuratore della controllata estera Agip Karachaganak B.V. (di seguito, per brevità, AGIP), in forza del D.L. n. 317 del 1987, art. 2,convertito con L. n. 398 del 1987; b) il Ministero del Lavoro e della Previdenza aveva rilasciato l’autorizzazione ed il nulla osta all’assunzione, documenti nei quali si dava atto che ENI aveva agito in nome e per conto di AGIP; c) era irrilevante il documento prodotto dall’appellante sub 19), relativo ad una richiesta di visto formulata dalla società Eniservizi S.p.A. in cui la stessa qualificava ENI come datore di lavoro: si trattava di un errore, in quanto il visto, alla stregua della normativa di riferimento, non avrebbe potuto che rilasciarsi in favore del datore di lavoro indicato nel provvedimento di autorizzazione ministeriale all’assunzione; d) il dedotto assoggettamento del lavoratore alle direttive del responsabile ENI era di tipo funzionale, in ragione del collegamento tra le varie società del gruppo ENI, a garanzia di un’attività uniforme rispetto agli standards fissati dalla capogruppo, come dimostrato anche dal contenuto della circolare n. 197 del 7.2.2006; e) era estranea alla domanda proposta dal lavoratore la richiesta di accertamento di un unico centro di imputazione giuridica del rapporto di lavoro e, comunque, non supportata da idonee allegazioni; f) in ogni caso, la sussistenza di un collegamento economico funzionale tra imprese appartenenti al medesimo gruppo societario non era di per sè sufficiente ad estendere a tutte gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato intercorso tra una di esse ed il lavoratore, in assenza della prova che l’ingerenza della capogruppo avesse travalicato il ruolo di direzione e coordinamento, nella specie, nè dedotta, nè provata; irrilevante era la documentazione che la parte appellante chiedeva di acquisire;

3. ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore, affidato ad undici motivi, cui ha resistito, con controricorso, ENI SpA;

4. entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo, è dedotta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 416 c.p.c. e art. 2697 c.c., in relazione al D.M. Lavoro 16 agosto 1988, art. 1, comma 4; è censurata la statuizione secondo cui ENI spa avrebbe agito “quale procuratore della controllata estera Agip Karachaganak BV” in difetto, invece, di un mandato di Agip Karachaganak BV per atto pubblico e di un’accettazione parimenti risultante da atto pubblico;

1.1. il motivo è inammissibile;

1.2. le censure in esso sviluppate, al di là della formale rubricazione, si risolvono, nella sostanza, in una richiesta di revisione delle valutazioni di merito espresse dalla Corte di appello che, attenendo al piano della ricostruzione della fattispecie concreta, esulano dal vizio riconducibile allo schema dell’art. 360 c.p.c., n. 3; esse (id est: le censure), infatti, non investono in alcun modo il significato e la portata applicativa delle disposizioni indicate in rubrica ma sono integralmente volte a censurare, in modo qui non consentito, l’accertamento, in fatto, operato dalla Corte di appello, dell’effettiva qualità di ENI di procuratrice di AGIP;

2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, artt. 420,421,437 c.p.c., per non aver la Corte di appello accolto l’istanza, riproposta con l’atto di appello, diretta ad acquisire i documenti relativi al procedimento che aveva condotto al rilascio, da parte del Ministero del Lavoro, dell’autorizzazione e del nulla osta all’assunzione;

2.1. il motivo è inammissibile;

2.2. occorre osservare come benchè, nel rito del lavoro, sia necessario “contemperare il principio dispositivo con quello di verità e, pertanto, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2, il deposito in appello di documenti non prodotti in prime cure non (sia) oggetto di preclusione assoluta ed il giudice (possa) ammettere, anche d’ufficio, detti documenti ove li ritenga indispensabili ai fini della decisione, in quanto idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione” (Cass. n. 11845 del 2018) resta, comunque, indispensabile, per idoneamente censurare in sede di ricorso per cassazione la mancata attivazione di tali poteri, da un lato, dimostrare di averne sollecitato l’esercizio e, dall’altro, indicare specificamente i mezzi istruttori non ammessi (ex multis, Cass. n. 25374 del 2017; Cass. n. 22534 del 2014), onde consentire la valutazione di decisività degli stessi;

2.3. nella specie, i rilievi mossi non risultano adeguatamente sviluppati in relazione agli esposti principi e, privi, in particolare, del requisito di decisività, sono dunque da respingere;

3. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione degli artt. 115,116 e 416 c.p.c.; in particolare è censurato il giudizio di irrilevanza del documento n. 19;

3.1. il motivo è inammissibile;

3.2. parte ricorrente omette di considerare che spetta al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento ed, in proposito, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (ex plurimis, Cass. n. 18665 del 2017);

3.3. la valutazione del “documento 19”, come operata dalla Corte di appello (cfr. 2 e 3 cpv., pag. 5 della sentenza impugnata), ha integrato un giudizio di fatto, inerendo alle circostanze storiche da provare in causa, sindacabile dinanzi a questa Corte nei ristretti limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. sez. un. 8072 del 2012), tempo per tempo vigente;

3.4. il richiamo contenuto in rubrica agli artt. 115 e 116 c.p.c., è del tutto inconferente rispetto ai contenuti delle censure; il ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, una questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c., può porsi, rispettivamente, solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (Cass. 27.12.2016, n. 27000); nel caso in esame, il giudice d’appello non è incorso nelle denunciate violazioni ed ha preso in esame il documento n. 19, come più analiticamente indicato nello storico di lite; semplicemente lo ha valutato in modo diverso da quanto auspicato dalla parte ricorrente;

4. con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotta una motivazione apparente quanto al giudizio di irrilevanza del documento di cui al terzo motivo;

4.1. il motivo è inammissibile;

4.2. come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez.un., n. 19881 del 2014; Cass., sez.un., n. 8053 del 2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, applicabile alla fattispecie ratione temporis, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale”, del sindacato di legittimità sulla motivazione; affinchè sia integrato il vizio di mancanza o apparenza della motivazione – tale da integrare violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – occorre che la motivazione della sentenza manchi del tutto, vuoi nel senso grafico vuoi nel senso logico ovvero allorchè la motivazione, pur formalmente esistente, sia talmente contraddittoria da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum. A chiarimento dell’anzidetto principio, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che il vizio in questione, attenendo alla motivazione in sè, deve emergere dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., sez. un., n. 8053 del 2014). Nella fattispecie di causa, la motivazione adottata a fondamento del giudizio di irrilevanza del documento proveniente da Eniservizi Spa, in quanto soggetto estraneo al rapporto dedotto in causa, è comprensibile sicchè può discutersi della sua plausibilità e condivisibilità ma non della sua esistenza in fatto;

5. con il quinto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è dedotto omesso esame di fatto decisivo per il giudizio: la Corte di appello avrebbe omesso di considerare il versamento, da parte di ENI, dei contributi assistenziali al lavoratore;

5.1. il motivo è inammissibile;

5.2. ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5 (applicabile alla fattispecie per essere stato il ricorso in appello depositato il 5.12.2012, cfr. pag. 17 del ricorso in cassazione) allorquando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado (pronuncia c.d. “doppia conforme”) il ricorso per Cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, sicchè è inammissibile la denuncia del vizio di motivazione (salvo dimostrare – ma non è l’ipotesi che occupa – che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello siano tra loro diverse; cfr. Cass. n. 5528 del 2014);

5.3. anche a prescindere dal profilo che precede, la censura non illustra, secondo il vigente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile alla fattispecie) il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass., sez. un., nn. 8053 e 8054 del 2014; Cass., sez. un., n. 19881 del 2014); il fatto denunciato come omesso è, infatti, privo del carattere di decisività, in quanto non è idoneo a determinare, con carattere di certezza e non di mera probabilità, un diverso esito del giudizio (Cass. n. 9151 del 2019, in motiv.);

6. con il sesto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 437 c.p.c., nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, ed – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio; la censura, nel complesso, afferisce alla mancata acquisizione del documento prodotto all’udienza del 5.5.2015, formatosi successivamente all’introduzione della lite, e ritenuto decisivo per l’esito del giudizio;

6.1. il motivo è inammissibile;

6.2. la Corte di appello ha valutato la documentazione offerta dalla parte appellante (cfr. penultimo cpv. pag. 3 della sentenza impugnata) e, tuttavia, giudicato la stessa irrilevante e, quindi, implicitamente, non indispensabile; trattasi di valutazione riservata al giudice di merito, in questa sede non censurabile (in argomento, cfr. Cass. n. 26117 del 2016);

7. con il settimo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, con riferimento alla statuizione secondo cui l’assoggettamento del lavoratore alle direttive del responsabile ENI sarebbe stato esclusivamente di tipo funzionale;

7.1. il motivo è inammissibile; valgono le considerazioni già esposte con riferimento al quarto motivo; non ricorre un’ipotesi di anomalia motivazionale; ad essa

è, infatti, estranea sia l’ipotesi del difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. n. 31543 del 2018), sia quella di “contraddittorietà” della stessa (Cass. n. 13928 del 2015), 8. con l’ottavo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta la violazione dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata avrebbe posto a carico del lavoratore la mancata allegazione e prova della sussistenza di un unico centro di imputazione giuridica;

8.1. il motivo è infondato;

8.2. pacifica la autonomia formale di Agip Karachaganak B.V. e di ENI Spa (cfr. pag. 5, ult. cpv. della sentenza impugnata nonchè la trascrizione del ricorso introduttivo del giudizio a pag. 12 dell’odierno ricorso) la Corte di appello ha fatto corretta applicazione della regola di giudizio basata sull’onere della prova, esattamente individuando, nella parte che ha agito (il lavoratore), quella onerata della prova dei fatti costitutivi (id est: sussistenza di una interposizione fittizia della società estera nel rapporto di lavoro e/o unico centro di imputazione giuridica tra la ENI e la società estera); ancora una volta, le critiche investono, in effetti, l’esito dell’accertamento raggiunto perchè diverso da quello auspicato, piuttosto che profili di interpretazione e/o esatta applicazione delle norme di legge indicate in rubrica;

9. con il nono motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, quanto alla statuizione secondo cui non risultava dimostrata “un’interposizione fittizia della società estera (nel) rapporto”;

10. con il decimo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – è dedotta violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 2697 c.c.; il ricorrente assume la mancata motivazione circa l’inesistenza e la mancata deduzione delle circostanze utili a ritenere esistente una vicenda di interposizione fittizia;

10.1. i motivi nono e decimo possono congiuntamente trattarsi, in quanto entrambi sono volti a censurare l’accertamento di insussistenza di un fenomeno di interposizione illecita;

10.2. le censure, nel complesso, imputano, anche in parte qua, alla sentenza della Corte di appello omissioni motivazionali; le stesse si arrestano, pertanto, al medesimo rilievo di inammissibilità già evidenziato in relazione ai motivi quarto e settimo; le ragioni poste a base del decisum risultano espresse, per cui si esula dall’ipotesi dell'”anomalia motivazionale”;

11. con l’undicesimo motivo, è dedotta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 414 e 420 c.p.c., nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4; si imputa alla sentenza la mancata acquisizione dell’estratto INPS come la mancata ammissione delle prove orali nonchè la carenza di motivazione al riguardo;

11.1. anche l’ultimo motivo è inammissibile per ragioni sovrapponibili a quelle evidenziate in merito al secondo motivo; le critiche investono attività rimesse all’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito e difettano comunque di specificità; il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di esso, ha, infatti, l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse (Cass. n. 19985 del 2017); detti oneri non risultano adeguatamente soddisfatti nel caso di specie;

12. conclusivamente, il ricorso va respinto; vale aggiungere che esso (id est: il ricorso), nel suo complesso, al di là della formulazione dei singoli motivi, investe l’apparato motivazionale della sentenza e mira alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758 de 2017);

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2019

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