LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29230/2018 proposto da:
T.Y., rappresentato dagli avvocati Mossucca Filomena e Di Lonardo Virgilio;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 488/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 18/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/06/2019 dal Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
RILEVATO
che:
T.Y., cittadino del Gambia, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza, in data 18 luglio 2018, che ha rigettato il gravame avverso l’impugnata sentenza di rigetto della domanda di protezione internazionale e umanitaria (aveva riferito di essere espatriato per una controversia successoria con lo zio e per i rischi esistenti nel paese), in ragione della non credibilità della narrazione e dell’insussistenza dei presupposti fattuali e legali della protezione richiesta. Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
che:
Il primo e secondo motivo sono inammissibili, risolvendosi in censure del tutto generiche e di stile, in ordine all’asserita mancanza dei requisiti di forma e di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, contenendo la sentenza impugnata una comprensibile e diffusa motivazione esplicativa delle ragioni del rigetto delle domande attoree.
Il terzo motivo, in relazione al diniego della protezione sussidiaria, non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che consiste nella incensurabile valutazione di fatto riguardante la non credibilità della narrazione del richiedente la protezione, profilo quest’ultimo assorbente (Cass. n. 4892 del 2019, n. 33096 del 2018), tanto più che i giudici di merito hanno comunque valutato ed escluso le condizioni di insicurezza del paese, anche alla luce delle informazioni acquisite. La Corte, inoltre, ha illustrato le ragioni per le quali non ha riscontrato l’esistenza di condizioni di vulnerabilità idonee a giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria, risultando inammissibile il quarto motivo, in quanto diretto a indurre questa Corte a un diverso apprezzamento dei fatti di causa. Non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.
Il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ha natura di obbligazione tributaria ex lege che deriva dal rigetto, dalla dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità dell’impugnazione con la conseguenza che il relativo provvedimento della Corte di cassazione ha natura meramente ricognitiva, essendo irrilevante l’eventuale ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato, trattandosi di circostanza che preclude l’esperimento di un’azione di recupero e consistendo l’esecuzione del provvedimento giurisdizionale nella mera annotazione, a cura della cancelleria, dell’importo nel foglio notizie e nel registro di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 280 e 161 (Cass. n. 9660 del 2019).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2019