Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.21273 del 09/08/2019

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17895/2018 proposto da S.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile del Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Minacao Lia, giusta procura speciale;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANIA, depositato l’11/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/07/2019 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Catania, con decreto in data 11/5/2018 ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Catania in ordine alle istanze avanzate da S.A. nato in *****, volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria. Il richiedente asilo proveniente dal ***** aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Catania di essere fuggito dal proprio paese a causa di gravi dissidi familiari in quanto gli era stato impedito di sposare la ragazza che voleva in moglie.

Avverso la sentenza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e art. 112 c.p.c., perchè il giudice territoriale non ha adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria ed ha rigettato la domanda del richiedente asilo sulla base del criterio della scarsa credibilità soggettiva, escludendo protezione internazionale senza, tuttavia, procedere ad alcun accertamento istruttorio sul contesto socio-politico, che doveva essere compiuto in correlazione con i profili di rischio dedotti dal richiedente in relazione alla vicenda determinante l’espatrio.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale ha errato nel ritenere insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in riferimento alla forma residuale della protezione per motivi umanitari, perchè il Tribunale di Caltanisetta ha omesso ogni valutazione in ordine alla dedotta condizione di difficoltà soggettiva del richiedente in relazione alla vicenda determinante l’espatrio, e nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso è privo di fondamento.

I motivi proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione dalla Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento. In riferimento ai presupposti per la concessione della protezione sussidiaria il Giudice ha correttamente ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno o internazionale nel paese d’origine che esclude il diritto alla protezione sussidiaria. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto anzitutto non credibili le dichiarazioni del ricorrente, esponendo chiaramente le plurime ragioni di tale convincimento; ha poi ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3,comma 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr.tra molte: Cass. n. 340/19); b) che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c)che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il giudice di merito ha precisato come la Nigeria non risulti dalle indicate fonti reperibili interessata dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona. Diversamente da quanto affermato dal ricorrente, il giudice ha adempiuto al proprio dovere di cooperazione istruttoria facendo riferimento alle notizie risultanti da siti internet dai quali ha evinto che nonostante le situazioni critiche di sicurezza, povertà e di ordine pubblico nella Nigeria non sussiste una situazione di conflitto armato interno.

Del tutto generica, infine, si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dal giudice di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere respinto. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non essendo il ricorrente stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2019

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472