LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TORRICE Amelia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22617-2014 proposto da:
F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERGIOVANNI ALLEVA;
– ricorrente –
contro
ASUR MARCHE, ZONA TERRITORIALE N. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI, 87, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO COLARIZI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 496/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 23/09/2013 r.g.n. 465/2012;
Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
che con sentenza del 23 settembre 2013, la Corte d’Appello di Ancona confermava la decisione resa dal Tribunale di Ascoli Piceno e rigettava la domanda proposta da F.P. nei confronti dell’ASUR Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche, Zona Territoriale n. *****, avente ad oggetto il riconoscimento in favore dell’originario ricorrente, infermiere professionale dipendente della predetta Azienda Sanitaria ed addetto al reparto dialisi dell’Ospedale ***** di *****, del diritto alla corresponsione di compensi per attività di emodialisi eseguita nel Centro di ***** gestito dalla ditta Rendial, da qualificarsi come non istituzionale, ma libero-professionale, al pari di quella, così qualificata e remunerata, svolta dal personale medico parimenti dipendente dell’ASUR Marche comandato ad operare presso il predetto Centro;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non qualificabile come libero-professionale l’attività suddetta, dovendo considerarsi la stessa svolta o a completamento dell’ordinario orario di lavoro, dividendosi l’impegno orario richiesto al F. per lo svolgimento dell’attività istituzionale pari a 36 ore settimanali, tra le 18 ore di impiego presso l’Ospedale ***** di ***** e le 18 ore di impiego presso il Centro di *****, che figurava, quanto al reparto dialisi, quale struttura integrativa di quella principale presso il predetto Ospedale o nel quadro del progetto premiante a base volontaria da realizzare fuori dell’ordinario orario di servizio, concretantesi appunto nella disponibilità degli infermieri professionali a svolgere attività libero-professionale per 18 ore settimanali presso il Centro di ***** e come tale già remunerata al F.;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il F., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, l’ASUR Marche;
che il F. ricorrente ha poi presentato memoria;
che il Pubblico Ministero, letti gli atti, ha fatto pervenire la propria requisitoria, concludendo per l’inammissibilità ed, in subordine, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
– che, con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.M. 31 luglio 1997, art. 4, comma 2, e dell’art. 51 CCNL per il comparto Sanità, lamenta l’incongruità logico-giuridica del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa la non riconducibilità della prestazione resa dal F. presso il Centro di ***** all’ambito delle attività libero-professionali, pur avendo riconosciuto che la prestazione del F. resa presso quel Centro a supporto dell’attività intramuraria del personale medico dipendente dalla ASUR Marche era funzionale al conseguimento dell’interesse privato della ditta Rendial che gestiva il Centro, i cui ricavi erano proporzionali al numero delle dialisi eseguite e che il personale medico parimenti dipendente dall’ASUR operava ed era remunerata integralmente in regime libero-professionale;
che il motivo deve ritenersi infondato, risultando la pronunzia della Corte territoriale conforme al disposto del D.M. 31 luglio 1997, art. 4, comma 2, del quale il ricorrente viceversa assume la violazione, secondo cui “Il personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione, che partecipa fuori dell’orario di lavoro, all’attività di supporto dell’attività libero-professionale, ha diritto, a carico della gestione separata dell’attività libero-professionale intramuraria di cui alla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 3, comma 6, a specifici compensi da determinare con atto regolamentare…la partecipazione, fuori dell’orario di lavoro, ad attività di supporto dell’attività libero-professionale è volontaria”, dal quale la Corte medesima, tenuto conto anche della volontarietà della partecipazione, ha correttamente desunto che la prestazione da parte del personale infermieristico di tali attività di supporto all’attività libero-professionale intramuraria del personale medico dà luogo ad un compenso specifico, liberamente determinabile dall’azienda sanitaria datrice con proprio regolamento, sicchè si configurerebbe come legittimo a quella stregua (secondo quanto affermato in motivazione dalla Corte territoriale con pronunciamento qui neppure fatto oggetto di alcuna specifica censura) il compenso riconosciuto al ricorrente a fronte di quelle prestazioni inserite nel quadro di un progetto premiante, solo allorchè si tratti di prestazioni aggiuntive rispetto a quella istituzionale pari a 36 ore settimanali e non, come nel caso di specie, in cui oggetto del contendere è soltanto l’entità del compenso dovuto per le 18 ore prestate presso il Centro di ***** ma a completamento del normale orario di lavoro, allorchè l’impiego del personale infermieristico in tali attività presso strutture esterne, che tuttavia si integrano nell’organizzazione della struttura ospedaliera principale, sia necessaria appunto al completamento, per una quota pari alla metà del normale orario di lavoro, della prestazione istituzionale; che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15 % ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 5 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2019