Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.21344 del 13/08/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5596/2018 proposto da:

B.M.G., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Gerardo Milani, giusta procura a margine della nomina di nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

C.M., nella qualità di tutore delle minori Ra.Ma. e R.S., elettivamente domiciliata in Roma, Via Aquileia n. 12, presso lo studio dell’avvocato Andrea Morsillo che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Procuratore Generale presso la Corte Appello di Brescia, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, R.Y.;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, Sezione per i minorenni, pubblicato il 11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/06/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Brescia, sezione per i minorenni, con il decreto in epigrafe indicato ha respinto il reclamo proposto da B.M.G. avverso il provvedimento del Tribunale per i minorenni di Brescia, pubblicato il 28.06.2016, che aveva dichiarato la reclamante decaduta, insieme al padre, R.Y., dall’esercizio della responsabilità genitoriale sulle figlie R.S. (nata a ***** in data *****) e Ra.Ma. (nata a ***** in data *****), incaricando, altresì, il Servizio Sociale affidatario delle minori di collocarle al più presto presso due distinte famiglie; disciplinando i rapporti tra le minori, ove ne avessero fatto richiesta, prevedendo incontri protetti con la madre in luogo neutro, se ritenuti conformi all’interesse delle prime, con facoltà di sospensione ove pregiudizievoli, e con sospensione dei rapporti con il padre.

2. La Corte di merito, ripercorse le vicende che avevano determinato il Tribunale ad adottare il provvedimento reclamato ed in condivisione delle conclusioni raggiunte dal primo giudice, ha riportato: la denuncia sporta dalle insegnanti della minore S., che si era presentata a scuola con vistosi lividi, dichiarando di essere stata picchiata dalla madre; la mancata collaborazione della madre con la scuola ed il servizio di Neuro-Psichiatria Infantile nonostante la figlia presentasse difficoltà di apprendimento e ritardo; la mancanza di un rapporto affettivo tra le minori, figlie di padri diversi; lo stato di irreperibilità del padre di Ma., uscito dal carcere per reati relativi allo spaccio di stupefacenti, che aveva riconosciuto anche S.; l’evidenza che la madre avesse consentito al giovanissimo nuovo compagno, al quale aveva delegato le funzioni di cura delle minori, di maltrattare le figlie privandole del suo sostegno affettivo ed educativo ed esponendole a condizioni di vita inappropriate e, ancora, privandole delle cure mediche di cui avevano bisogno; degli evidenti segni di percosse su S., a cui aveva assistito la sorella, anche di non recente produzione, la compatibilità con l’uso di uno strumento contundente, o a temperatura più elevata rispetto a quella del corpo, espressione di maltrattamenti reiterati nel tempo e rispetto ai quali la madre non aveva in ogni caso tutelato le figlie; la mancata comprensione manifestata dalla madre rispetto agli episodi di violenza che erano stati negati dalla donna che aveva dichiarato di non essersi accorta di quanto accadeva, per quanto le figlie ne avessero riferito la presenza in casa, e aveva manifestando la volontà di non interrompere la relazione con il compagno; lo stato psicologico delle minori descritto come “devastante” dalle strutture preposte al momento del loro inserimento in comunità.

3. Il decreto è stato impugnato con ricorso straordinario per cassazione affidato a cinque motivi cui resiste con controricorso il tutore delle minori.

R.Y. non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 1 della L. n. 184 del 1983, degli artt. 7, 8 e 9 della Convenzione di New York del 1989 (L. n. 176/1991), dell’art. 24 della Carta di Nizza e degli artt. 6 e 8 della Convenzione di Roma del 1980 (L. n. 848/1955).

La Corte di appello, in violazione, dei principi sanciti dalla Corte di Strasburgo non avrebbe disposto c.t.u. sulla capacità genitoriale della reclamante nè avrebbe risposto alla relativa istanza seppure a tanto più volte sollecitata e nonostante il carattere contraddittorio delle relazioni e dei pareri dei Servizi Sociali.

2. Con il secondo motivo si fa valere la violazione degli artt. 315-bis, 336,336-bis c.c., dell’art. 12 Convenzione di New York (L. n. 176 del 1991) del 1989 e dell’art. 3 della Convenzione di Strasburgo del 1996 (L. n. 77 del 2004), per non avere la Corte territoriale provveduto all’ascolto delle minori nè motivato sull’omissione.

3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 102 e 331 c.p.c., art. 336 c.c., art. 111 Cost., artt. 6, 8 e 13 della Convenzione di Roma del 1950 (L. n. 848 del 1955) per non avere la Corte di appello integrato, nel grado, il contraddittorio nei confronti del padre delle minori, litisconsorte necessario.

4. Con il quarto si fa valere la violazione degli artt. 30 e 31 Cost., L. n. 184 del 1983, art. 1, dell’art. 7 della Convenzione di New York del 1989, dell’art. 24 della Carta di Nizza, dell’art. 8 della Convenzione di Roma del 1950.

La Corte di merito non avrebbe previsto un adeguato progetto di sostegno per “l’implementazione della capacità genitoriale” della reclamante nonostante i Servizi Territoriali ed il personale del Nucleo Tutela Minori avessero interrotto bruscamente il percorso intrapreso dalla madre dopo avere dato atto, in modo contraddittorio, che la donna lo aveva iniziato in modo costruttivo e con risultati incoraggianti.

5. Con il quinto motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte di appello valutato la presenza di parenti entro il quarto grado delle minori.

6. Va scrutinato, in via preliminare, il terzo motivo di ricorso nella natura processuale del vizio dedotto e del carattere, in astratto, assorbente di ogni altro motivo, risultando esso diretto a contestare l’integrazione necessaria del contraddittorio nei confronti del padre delle minori per la fase del giudizio di reclamo del decreto di decadenza della responsabilità genitoriale, svoltasi dinanzi alla Corte di appello di Brescia.

Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse.

L’omessa citazione in appello non è stata impugnata dal genitore che si vorrebbe pretermesso nella fase, svoltasi dinanzi alla Corte di merito, di reclamo del decreto del primo giudice che ne ha dichiarato la decadenza ai sensi dell’art. 330 c.c..

Nei giudizi aventi ad oggetto la limitazione o ablazione della responsabilità genitoriale, il genitore è litisconsorte necessario, munito del pieno potere di agire, contraddire e impugnare le decisioni che producano effetti provvisori o definitivi sulla titolarità o sull’esercizio della predetta responsabilità, nel senso che egli è legittimato ad impugnare in sede di reclamo dinnanzi alla Corte di appello la decisione che lo ha dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale senza che possa valere, in segno contrario, il carattere provvisoriamente esecutivo del provvedimento di primo grado che, privo di definitività ove tempestivamente impugnato, è inidoneo a far perdere al genitore la titolarità della legittimazione ad agire nel giudizio in cui si mette in discussione il proprio esclusivo diritto-dovere di conservare la titolarità e di esercitare la responsabilità genitoriale sul figlio non ancora maggiorenne (Cass. 20/02/2018 n. 4099 in massima e in motivazione, p. 3).

La posizione di litisconsorte necessario del genitore in un giudizio avente ad oggetto la declaratoria di decadenza dalla relativa responsabilità, ai sensi degli artt. 300 e 336 c.c. e segg., va intesa come insieme di poteri di agire, contraddire e impugnare le decisioni che producano effetti provvisori o definitivi sulla titolarità o sull’esercizio della predetta responsabilità; come tale, definendo facoltà connesse all’esercizio di un diritto personalissimo, essa può essere fatta valere dal solo genitore che in quella posizione sia stato leso e non dall’altro, in capo al quale difetta l’interesse a sollevare la questione circa la mancata integrazione del contraddittorio.

7. Nel resto.

7.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, ove i genitori facciano richiesta di una consulenza tecnica relativa alla valutazione della loro personalità e capacità educativa nei confronti del minore per contestare elementi, dati e valutazioni dei servizi sociali – ossia organi dell’Amministrazione che hanno avuto contatti sia con il bambino che con i suoi genitori – il giudice che non intenda disporre tale consulenza deve fornire una specifica motivazione che dia conto delle ragioni che la facciano ritenere superflua, in considerazione dei diritti personalissimi coinvolti nei procedimenti in materia di filiazione e della rilevanza accordata in questi giudizi, anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, alle risultanze di perizie e consulenze (Cass. 26/03/2015 n. 6138; in termini, più recentemente: Cass. 07/05/2019 n. 12013; Cass. 26/06/2019 n. 17165).

La natura personalissima dei diritti destinata a venire in valutazione in materia di rapporto di filiazione nella duplice sua declinazione destinata a valorizzare ora le posizioni del minore dichiarato adottabile ora quelle dei suoi genitori, privati della relativa responsabilità, come rilevato da questa Corte di legittimità, ha avuto piena considerazione nella giurisprudenza della Corte Edu in diverse pronunce riguardanti l’Italia (Provv. 21/10/2008 Grande Camera, Caso: CLEMENO e altri contro ITALIA; Provv. 13/01/2009 Seconda Sezione, Caso: TODOROVA contro ITALIA; Provv. 27/04/2010 Seconda Sezione, Caso: BARELLI contro ITALIA; Provv. Zhou c. Italia – Seconda sezione, sentenza del 21 gennaio 2014).

Nella giurisprudenza convenzionale si segnala invero il particolare rilievo da riconoscersi alle risultanze della consulenza tecnica di ufficio in ragione della natura dei diritti umani, limitabili solo in caso di extrema ratio, attinti dalla pronuncia giudiziale (Cass. n. 6138 cit., in motivazione sub par. 2.5.; 2.5.2).

Ciò posto, la Corte di appello ha pienamente motivato sulla ritenuta non necessità di “approfondimenti istruttori” sulla capacità della madre di riconoscere e tutelare i bisogni delle figlie, restando in tal modo soddisfatto l’obbligo motivatorio richiesto dalla indicata giurisprudenza, nell’osservato contemperamento tra la delicatezza delle posizioni azionate e la discrezionalità del giudice del merito nel disporre consulenza tecnica di ufficio.

Valgono in tal senso sulla possibilità di recupero della capacità genitoriale della madre, negata nel decreto – ferma nel pregresso l’ampia motivazione portata nell’impugnato provvedimento sulle mancanze della genitrice evidenziate dal descritto fatto e dal riferimento alle valutazioni, condivise dai giudici di appello, operate dal primo giudice – i rilievi sugli aggiornamenti delle relazioni dei Servizi Sociali.

Per i riportati contenuti si rimarca nel decreto impugnato, in modo concludente, il disinteresse manifestato dalla madre verso le figlie durante tutti gli incontri protetti e la violenza ed aggressività da lei espressa nei confronti degli operatori, in un quadro contraddistinto da mancanza di disponibilità e capacità della donna di aderire fattivamente al percorso di recupero della genitorialità, in tal modo definendo come invariata la situazione al maggio 2017 (p. 7 decreto) e quindi in epoca assolutamente prossima all’adozione dell’impugnato provvedimento, intervenuta il 9 giugno 2017.

7.2. E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso sul mancato ascolto, nel corso del procedimento, delle minorenni, infradodicenni all’epoca del procedimento di appello.

L’ascolto delle minori deve avvenire in primo grado e non risulta sul punto appello.

In ogni caso, dal decreto della Corte territoriale si ha la descrizione di una situazione psicologica, per il più ampio quadro in cui sono maturate le condotte in contestazione, in cui versano entrambe le bambine che segnala la loro incapacità di sostenere il colloquio, destinato a tradursi in una ragione di pregiudizio per le stesse e resta, pertanto, in siffatti termini pienamente soddisfatto l’obbligo di motivazione richiesto, della L. n. 184 del 1983, ex art. 15, come modificato dalla L. n. 149 del 2001, a pena di nullità, al giudice del merito (vd., tra le altre: Cass. 24/05/2018 n. 12957).

7.3. Il quarto motivo di ricorso, con cui si denuncia la mancata previsione da parte della Corte di merito di un adeguato progetto di sostegno delle capacità genitoriali della madre, è infondato.

La Corte di appello per richiamo agli aggiornamenti delle relazioni dei Servizi Sociali fa perspicuo riferimento agli ultimi incontri tra madre e figlie in ambiente protetto ed al disinteresse ed all’aggressività dalla prima dimostrato nei confronti di figlie ed operatori, in tal modo relegando entro un perimetro di non utilità ogni ulteriore programma di recupero della genitorialità della madre.

7.4. Il quinto motivo, con cui si censura l’impugnato provvedimento per omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, integrato dalla presenza di parenti in grado e disponibili ad un affido delle minori, è inammissibile.

Si tratta invero di una critica generica e non decisiva essendo, quello di specie, un provvedimento adottato non nell’ambito di un procedimento finalizzato alla declaratoria di adottabilità di minori, che impone l’indagine sull’esistenza di parenti disposti all’affido, ma in materia de potestate.

8. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese compensate nella natura della controversia.

9. Va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ammessa in via provvisoria ed anticipata al patrocinio a spese dello Stato, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, stante la prenotazione a debito in ragione del godimento del predetto beneficio (Cass. 22/03/2017 n. 7368).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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