LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10317/2014 proposto da:
COMUNE di BARI, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in Roma, Viale delle Milizie 2, presso lo studio dell’avvocato Roberto Ciociola, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandra Baldi, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE GALLO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso sentenza n. 1765/2013 della Corte d’appello di BARI, pubblicata il 16/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9/07/2019 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS LUISA, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso;
udito, per il ricorrente, l’avvocato Alessandra Baldi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, e, per il controricorrente, l’avvocato Giuseppe Gallo, che ha chiesto l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1765/2013, depositata in data 16/12/2013, – in controversia concernente l’opposizione alla stima promossa, nei confronti del Comune di Bari, da B.G., proprietario di un complesso immobiliare sito al civico *****, noto come “Masseria B.”, “masseria fortificata con torre”, fabbricato di antica costruzione, risalente forse al ‘600 (ritenuto dal privato proprietario di particolare pregio storico ed architettonico, in discrete condizioni conservative e di rilevante valore anche a fini commerciali, in relazione alla sua localizzazione), occupato dal giugno 2006, a seguito di dichiarazione di pubblica utilità (risalente al 2002 e quindi anteriore al giugno 2003, data di entrata in vigore del T.U.E.) dei lavori di cui al Piano Particolareggiato di Mungivacca, espropriato poi nel luglio 2008, con determinazione dell’indennità provvisoria, offerta nel 2006, in Euro 148.476,50, che veniva rifiutata, – ha accolto parzialmente l’opposizione, determinando, sulla base di una espletata consulenza tecnica, l’indennità di espropriazione e di occupazione legittima, in relazione agli immobili censiti alla particella ***** del foglio *****, rispettivamente in Euro 566.499,66 ed in Euro 98.280,27, respingendo, invece, la richiesta di determinazione delle indennità solo in riferimento alla “particella *****” del foglio ***** (dovendo essere azionata in separata sede l’azione risarcitoria in difetto di un titolo di occupazione legittima di detta area). La Corte d’appello ha condiviso la valutazione espressa dal consulente tecnico nominato, “con valutazione sintetico-comparativa, metodica…correttamente adottata ed esaustivamente motivata”, avendo il consulente, in sede di risposta ai chiarimenti richiesti, confermato la pregressa stima, recependo il solo rilievo concernente l’inapplicabilità dell’aumento del 10%, trattandosi non di suolo edificatorio ma di edifici già realizzati a momento dell’esproprio; le contestazioni critiche mosse dal Comune sono state ritenute generiche, essendo oltretutto mancata l’indicazione del diverso valore attribuibile al bene e delle diverse ragioni che l’avrebbero giustificato.
Avverso la suddetta pronuncia, il Comune di Bari propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di B.G. (che resiste con controricorso). Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Comune ricorrente lamenta, con unico motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dal valore delle aree espropriate e dalla erroneità ed apoditticità delle risultanze peritali, peraltro rese in difetto di accesso nell’immobile, recepite nella decisione impugnata.
2. La censura è inammissibile.
Questa Corte ha di recente ribadito che “qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poichè l’accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche “per relationem” dell’elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente; diversa è l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori: in tal caso il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all’una o all’altra conclusione” (Cass. 15147/2018; Cass. 23637/2016).
Da tali principi consegue che per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui, come nella specie, il giudice dichiari di condividere il merito, è anzitutto, necessario che la parte alleghi di aver mosso critiche alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice a quo, e ne riporti, poi, per autosufficienza almeno i passaggi salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e rilevanza (Cass. n. 10222 del 2009; n. 23530 del 2013).
Tale adempimento non risulta rispettato in seno al ricorso, in quanto il Comune si limita a riprodurre stralci delle proprie contestazioni mosse alle conclusioni del consulente tecnico (in merito al criterio sintetico-comparativo con i prezzi di unità residenziali ubicate nella zona, per difetto dell’indicazione specifica delle fonti di comparazione e per individuazione di un periodo – primo semestre 2012 – incoerente con la data di esproprio – 2008 -, al difetto di accesso nell’immobile, alla mancata considerazione dello stato di degrado del complesso immobiliare), ma non ha ritrascritto le conclusioni del CTU e le risposte ai chiarimenti (fatta eccezione per alcuni estratti relativi alla descrizione degli immobili stimati, pagg. 15-16-17 del ricorso), che sono state invece recepite dalla Corte d’appello.
Il controricorrente peraltro deduce che si trattava di un complesso di rilevanti volumetrie, circa 1150 mc, già condotto in locazione (sino al momento dell’immissione in possesso da parte del Comune, come si evince anche dagli estratti dell’elaborato peritale riprodotti in ricorso), che il valore stimato è equivalente al prezzo di un singolo appartamento di medie dimensioni in zona semicentrale di ***** nell’anno 2008, che il consulente tecnico ha proceduto a due sopralluoghi del complesso immobiliare ed ha consultato il Listino Ufficiale della Borsa Immobiliare di Bari della Camera di Commercio, la banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle Entrate, allegando all’elaborato anche i rilievi catastali ed aerofotogrammetrici.
Non è possibile quindi per questa Corte procedere al vaglio della doglianza.
Peraltro, come anche rilevato dal PG, nel ricorso vengono mosse critiche al contenuto della consulenza tecnica (recepito nella decisione impugnata della Corte di merito), senza chiara indicazione di quale dovesse essere il corretto valore da attribuire al bene, con la conseguente considerazione che non è dato comprendere la decisività dell’asserito fatto non esaminato.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonchè rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019