Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.21367 del 13/08/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15121/2018 r.g. proposto da:

H.I., (cod. fisc. *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato Daniele Romiti, elettivamente domiciliato in Roma, Via Barnaba Tortolini n. 30, presso lo studio del Dott. Giuseppe Placidi.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, depositata in data 10.11.2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/5/2019 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna – decidendo sull’appello proposto da H.I., cittadino del Pakistan, avverso l’ordinanza emessa in data 18.5.2015 dal Tribunale di Bologna (con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente) – ha rigettato l’appello, confermando, pertanto, la decisione emessa dal giudice di primo grado.

La corte del merito ha ritenuto, a differenza del giudizio espresso dal tribunale, non credibile il racconto del ricorrente in ordine alle ragioni che lo avevano costretto ad espatriare: il richiedente aveva infatti raccontato di essere stato costretto a lasciare il paese per il timore di violenze da parte dei parenti del marito della sorella che già avevano ucciso quest’ultima per le rivendicazioni avanzate sull’ingente patrimonio del cognato del quale era stato costituito erede. La corte di merito ha, inoltre, evidenziato che il sistema della giustizia penale in Pakistan è efficiente e che, dunque, le preoccupazioni manifestate per le eventuali ritorsioni dei parenti del cognato non erano in realtà fondate.

2. La sentenza, pubblicata il 10.11.2017, è stata impugnata da H.I. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, comma 1, lett. c, nonchè del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omessa considerazione di un fatto storico decisivo per il giudizio. Osserva il ricorrente come il giudice di appello avesse erroneamente omesso ogni approfondimento della situazione socio-politica del Pakistan in relazione alla domanda di protezione, ritenendo assorbente il profilo della non credibilità del dichiarante. Al contrario aveva prodotto già in primo grado – osserva ancora il ricorrente – ampia documentazione (come la denuncia presentata dal padre) che attestava la veridicità di quanto narrato in ordine alle ragioni che lo avevano costretto all’espatrio. Si evidenzia infine che, anche in relazione al profilo della reclamata protezione sussidiaria, la corte territoriale aveva omesso di esaminare la dedotta situazione di pericolosità e di instabilità del Pakistan. 2. Con il secondo motivo si articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, vizio di violazione dell’art. 112 c.p.c., per la omessa pronuncia in relazione alla richiesta di protezione umanitaria.

3. Il ricorso è fondato quanto al primo motivo.

3.1 Va subito evidenziato come l’affermazione della Corte d’appello, secondo cui la non credibilità della narrazione dei fatti precluderebbe qualsiasi forma di protezione internazionale è, invero, erronea, e si traduce nella violazione – denunciata con il mezzo – del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

In realtà, la valutazione di non credibilità, se gioca un ruolo essenziale ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), ed in massima parte anche nella protezione umanitaria, non riveste alcuna rilevanza – secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte – con riferimento alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 2511 del 2007, ex art. 14. Ed invero, in materia di riconoscimento della protezione sussidiaria allo straniero di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, la situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato, presente nel Paese in cui lo straniero dovrebbe fare ritorno, può giustificare la mancanza di un diretto coinvolgimento individuale del richiedente protezione nella situazione di pericolo (Cass., 20/06/2018, n. 16275).

Ai fini della concessione della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

Nel caso concreto, pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare la sussistenza dei presupposti relativi alla lett. c) del predetto art. 14 (situazione di violenza indiscriminata), in relazione alla protezione sussidiaria.

3.2 Il secondo motivo rimane assorbito.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla corte di appello competente anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna, cui demanda provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019

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