LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –
Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12439/2014 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI N. 12;
– ricorrente –
contro
R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORO MONTIGLIO 67, presso SALERNO CARMINE rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO ROMANO;
BAT – BRITSH AMERICAN TOBACCO ITALIA S.P.A. già ETI S.P.A., MST –
MANIFATTURA SIGARO TOSCANO, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, entrambe elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA, e rappresentate e difese la BAT dagli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA e ANTONIO ARMENTANO, e la MST rappresentata e difesa dagli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA e ENRICO SIBOLDI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 7426/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 06/11/2013 R.G.N. 779/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2019 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ANTONIO ARMENTANO per BAT BRITSH AMERICAN S.P.A.;
udito l’Avvocato ANTONIO ARMENTANO per delega verbale BOURSIER NIUTTA CARLO per MST.
FATTI DI CAUSA
1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 6 novembre 2014), in accoglimento dell’appello principale della BAT – British American Tobacco Italia s.p.a. – già ETI s.p.a. – e della Manifatture Sigaro Toscano s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 5216/2010, riformando la sentenza impugnata: 1) rigetta la domanda proposta da R.A. nel ricorso introduttivo del giudizio; 2) rigetta l’appello incidentale del MEF Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato; 3) in accoglimento dell’appello incidentale della R., condanna il MEF – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato al pagamento delle competenze maturate a decorrere dal decreto di dispensa dal servizio oltre accessori di legge; 4) conferma, per il resto, la sentenza appellata.
La Corte d’appello di Salerno, per quel che qui interessa, precisa che:
a) nel ricorso introduttivo del giudizio R.A. ha precisato di essere dipendente del Ministero dell’Economia e delle Finanze – Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato dal 1977, in servizio sempre presso la Manifattura Tabacchi di *****; di essere stata distaccata (dal 5 febbraio 1992 al 31 dicembre 1998) all’UTE (Ufficio Tecnico Erariale) di Salerno con mansioni di impiegata amministrativa; di essere in attesa del passaggio in ruolo, in soprannumero, al Dipartimento del Territorio del MEF, in base ad una Delib. Ministeriale 18 gennaio 1998; di essere stata inquadrata nel ruolo soprannumerario e distaccata presso l’ETI – Ente Tabacchi Italiani – s.p.a. Manifattura Tabacchi di *****, per effetto del D.Lgs. n. 283 del 1998, con mansioni di assistente addetta alla produzione; di essere stata era stata adibita, all’esito di una visita medica del *****, a mansioni diverse nel reparto sartoria e stireria; di essere stata collocata in malattia dal 26 settembre 2000, dopo una successiva visita medica del 22 agosto 2000, con un ordine di servizio che ella aveva impugnato;
b) la ricorrente aggiungeva che nel novembre 2000 gli era stato comunicato l’avvio del procedimento di dispensa dal servizio e che quindi aveva chiesto l’applicazione della procedura di cui al D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, comma 4, con trasferimento presso l’UTE di Salerno, ove vi erano vacanze in organico;
c) successivamente, in accoglimento di un proprio ricorso, era stato ordinato a ETI e MEF di adibirla a mansioni equivalenti e compatibili con il suo stato di salute, ma in sede di reclamo la suddetta decisione era stata revocata, sicchè con decreto ministeriale dell’11 aprile 2001 era stata dispensata dal servizio a causa di infermità del D.P.R. n. 3 del 1957, ex art. 129;
d) nelle more dell’istruttoria processuale, con atto notarile venne disposta la fusione per incorporazione di BAT Italia s.p.a. nell’ETI s.p.a. con la conseguente nuova denominazione della società incorporante in BAT Italia s.p.a., la quale conferì in proprietà a Manifatture Sigaro Toscano s.r.l. tra l’atro gli stabilimenti di *****, comprese tutte le controversie, pretese e procedimenti di qualsiasi genere pendenti;
e) su queste premesse la ricorrente chiedeva la dichiarazione di inefficacia del provvedimento di dispensa dal servizio dell’11 aprile 2001 per violazione del D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, per non essere stata tentata la ricollocazione prevista dall’art. 31 del CCNL e, in subordine, domandava la propria reintegra nel posto di lavoro per mansioni equivalenti alle proprie e compatibili con il suo stato di salute;
f) nel presente giudizio, in accoglimento di una istanza del MEF è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di ETI s.p.a. Manifattura Tabacchi di *****;
g) il Tribunale, con la sentenza appellata ha accolto il ricorso della R., disapplicando il provvedimento di dispensa dell’11 aprile 2001 e condannando l’ETI s.p.a. al pagamento delle retribuzioni a decorrere da tale provvedimento fino alla collocazione della ricorrente nei ruoli dell’Amministrazione finanziaria ad opera dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato;
h) la questione dibattuta nella presente controversia è già stata esaminata e risolta dalla Corte di cassazione nelle sentenze n. 7049 del 2007 e n. 5112 del 2010;
i) i principi ivi affermati valgono anche per il presente giudizio;
l) di conseguenza, deve essere esclusa qualunque responsabilità risarcitoria della BAT s.p.a. e della Manifatture Sigaro Toscano s.p.a. che hanno proposto l’appello principale mentre va condannato il MEF alla corresponsione in favore della R. delle competenze maturate nel periodo suindicato oltre agli accessori legali.
2. Il ricorso dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (succeduta ex lege Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato), rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domanda la cassazione della sentenza per due motivi; resistono, con due diversi controricorsi, R.A. e la società BAT.
3. La causa, originariamente chiamata all’udienza del 30 gennaio 2019 è stata rinviata a nuovo ruolo, per sopravvenuto impedimento del relatore.
4. In vista dell’udienza del 30 gennaio 2019 la ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
I – Profili preliminari.
1. Preliminarmente va respinta l’eccezione della controricorrente BAT di inammissibilità del ricorso ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, essendo la sentenza impugnata conforme alla giurisprudenza di legittimità e, in particolare, alla richiamata Cass. n. 5112 del 2010 e non offrendosi nel ricorso argomenti validi per modificare il suddetto indirizzo.
Deve essere, infatti, precisato che, per costante orientamento di questa Corte, le situazioni di inammissibilità indicate nell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, non integrano dei nuovi motivi di ricorso accanto a quelli previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, in quanto sono state configurate dal legislatore come strumenti utili alla specifica funzione di “filtro”, dei ricorsi per cassazione di agevole soluzione, sicchè sarebbe contraddittorio trarne la conseguenza di ritenere ampliato il catalogo dei vizi denunciabili (vedi, per tutte: Cass. 29 ottobre 2012, n. 18551; Cass. 8 aprile 2016, n. 6905).
In particolare, quanto all’ipotesi di cui al n. 1 dell’art. 360-bis c.p.c. – che viene qui in considerazione – le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che la funzione di filtro dell’ipotesi di inammissibilità prevista dalla disposizione consiste nell’esonerare la Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti” (Cass. SU 21 marzo 2017, n. 7155).
1.1. Il presente ricorso non risponde a tale schema, anche perchè in esso si avanza una proposta di modifica dell’orientamento espresso dalle sentenze di questa Corte n. 5112 del 2010 (e n. 7049 del 2007), cui si è uniformata la Corte territoriale, che è opportuno esaminare nel merito.
II – Sintesi dei motivi di ricorso.
2. Il ricorso è articolato in due motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 4 e, in particolare, del D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, comma 4, a proposito della corretta qualificazione del rapporto intercorrente tra la ETI s.p.a., oggi BAT s.p.a., e il personale distaccato dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (d’ora in poi: AAMS), sostenendosi che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto l’Amministrazione ricorrente, e non la s.p.a. ETI, tenuta a corrispondere alla R. le retribuzioni nel periodo compreso tra il provvedimento di dispensa e la ricollocazione nei ruoli della PA muovendo dall’erroneo presupposto secondo cui l’art. 4 richiamato avrebbe posto a carico dell’ETI l’onere economico del solo personale trasferito e non di quello distaccato.
Si sostiene che, però, una simile distinzione non è evincibile dalla norma, che ha preso in considerazione tutto il personale in modo unitario, tanto più che, nella specie, a seguito della creazione dell’ETI si è avuto un vero e proprio trasferimento, anche se di natura provvisoria, non un mero distacco.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, comma 4, in ordine all’obbligo di AAMS di operare il repechage della dipendente dispensata dal servizio per inidoneità fisica, per avere la Corte d’appello affermato erroneamente che l’Amministrazione avrebbe dovuto instaurare il procedimento di eventuale repechage della dipendente, mentre la disposizione menzionata prevedeva tale procedimento soltanto per il personale in esubero e non per quello dispensato dal servizio per inidoneità fisica.
Pertanto, la R. non doveva essere ricollocata e quindi assunta presso il MEF.
3. In conclusione, anche nella memoria, si sostiene che sussistano ragionevoli motivi perchè questa Corte muti l’orientamento espresso dalla sentenza n. 5112 del 2010 (e n. 7049 del 2007) richiamate dalla Corte territoriale sostenendosi che già con Cass. 7 novembre 2018, n. 28440 il rapporto intercorrente tra gli ex dipendenti dell’AAMS e la BAT s.p.a. sarebbe stato qualificato come trasferimento e non come distacco, affermandosi che tale personale era alle dipendenze di una società privata e quindi esposto alle procedure di licenziamento proprie del rapporto di lavoro privato.
III – Esame delle censure.
4. L’esame congiunto dei motivi di censura – reso opportuno dalla loro intima connessione – porta al rigetto del ricorso, in continuità con l’indirizzo espresso dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte cui si è uniformata la Corte d’appello.
4.1. Va, sinteticamente, ricordato che questa Corte, in più occasioni, ha avuto modo di occuparsi della complessa vicenda normativa che fa da sfondo alla presente controversia. In particolare, per quanto qui interessa:
a) con la sentenza 22 marzo 2007, n. 7049 (cui si è uniformata Cass. 21 novembre 2013, n. 26138), nel vagliare il D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, si è precisato che il distacco del lavoratore, non comporta una novazione soggettiva e l’insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo una modificazione nell’esecuzione dello stesso rapporto, nel senso che l’obbligazione del lavoratore di prestare la propria opera viene (temporaneamente) adempiuta non in favore del datore di lavoro ma in favore del soggetto – cui sono attribuiti i connessi poteri direttivi e disciplinari – presso il quale il datore medesimo ha disposto il distacco del dipendente;
b) con la sentenza 3 marzo 2010, n. 5112 (cui si è sono uniformate, fra le altre: Cass. 29 maggio 2012, n. 8536; Cass. 20 agosto 2013, n. 19258; Cass. 18 gennaio 2019, n. 1386), è stato chiarito che il D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, si riferisce unicamente al personale “trasferito” all’Ente e alle società indicate e non anche a quello inserito nel ruolo ad esaurimento e soltanto distaccato temporaneamente presso l’E.T.I. e le dette società.
4.2. Nella citata sentenza n. 5112 del 2010 – che ha confermato una sentenza della Corte d’appello di Salerno relativa ad una controversia analoga alla presente – è stato affermato il seguente principio di diritto: “in caso di licenziamento (o dispensa dal servizio) illegittimo di lavoratore distaccato presso l’Ente Tabacchi Italiani (ETI), la responsabilità risarcitoria del datore di lavoro distaccante (Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato), non è derogata dal D.Lgs. 9 luglio 1998, n. 283, art. 4, comma 4, il quale non si riferisce al personale già appartenente all’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato, addetto alle attività di cui all’art. 1, comma 2, dello stesso testo normativo, inserito in un ruolo ad esaurimento del Ministero delle Finanze e distaccato temporaneamente presso l’ETI e le società per azioni in cui quest’ultimo viene trasformato ai sensi dell’art. 1, comma 6, del D.Lgs. citato, ma fa riferimento unicamente al personale trasferito all’Ente e alle società indicate”. Pertanto è stata confermata la sentenza della Corte territoriale che, in considerazione del distacco del dipendente presso l’ETI, aveva appurato che l’Amministrazione datrice di lavoro, cioè l’AAMS, avendo accettato l’atto di rimessione del dipendente per la cessazione del distacco e avendo adottato il provvedimento illegittimo di dispensa dal servizio, era, conseguentemente, tenuta al pagamento delle retribuzioni dal provvedimento di dispensa sino all’effettiva reintegrazione.
4.3. Questo indirizzo – che ha le sue solide basi sia nella precedente giurisprudenza di legittimità che si è occupata della vicenda normativa in oggetto sia nella elaborazione della generale nozione del distacco del lavoratore secondo cui esso non comporta una novazione soggettiva e l’insorgenza di un nuovo rapporto con il beneficiario della prestazione lavorativa, ma solo una modificazione nell’esecuzione dello stesso rapporto – è condiviso dal Collegio che ad esso intende dare continuità, rinviando per ulteriori approfondimenti argomentativi alla citata sentenza n. 5112 del 2010 e a quelle che ad essa si sono uniformate anch’esse citate sopra (ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.).
4.4. Nè può portare ad un diverso risultato il richiamo – contenuto nella memoria dell’Amministrazione ricorrente – a Cass. 7 novembre 2018, n. 28440.
Infatti, diversamente da quel che sostiene la ricorrente, i principi affermati in tale sentenza non rilevano nella presente controversia perchè in essa – al pari, ad esempio, di quanto accaduto per Cass. 20 agosto 2013, n. 19258 – è stata esaminata una fattispecie diversa dalla presente, relativa alle misure di sostegno al reddito per il personale ex AAMS, di cui al D.Lgs. n. 283 del 1998, art. 4, limitandosi l’applicabilità di tali misure alle sole ipotesi nelle quali alla dichiarazione di esubero segua la perdita del posto di lavoro e non anche in caso di ricollocamento del lavoratore nei ruoli della Pubblica Amministrazione.
IV – Conclusioni.
5. In sintesi, la sentenza impugnata che si è uniformata al suindicato consolidato orientamento di questa Corte non merita alcuna censura e il ricorso deve, quindi, essere respinto.
6. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza.
7. Nulla va disposto con riguardo al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, non potendo tale normativa trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, quali sono i Ministeri ricorrenti (vedi, per tutte, in tal senso: Cass. 29 gennaio 2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200 (duecento/00) per esborsi ed Euro 5500 (cinquemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 18 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2019