Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.21488 del 20/08/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21589/2015 proposto da:

EDILPELLEGRINI s.r.l., in persona del suo Amministratore e Legale rappresentante P.A., rappresentata e difesa dagli Avvocati ENRICO de MARTINO e SILVIA MONFARDINI ed elettivamente domiciliata presso lo studio Grez e Associati s.r.l. in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18;

– ricorrente e contro ricorrente all’incidentale –

contro

IMMOBILIARE EDILCASA in liquidazione s.r.l., in persona del Liquidatore D.F.G., rappresentata e difesa dall’Avvocato SETTIMIO Di SALVO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Carlo Boursier Niutta in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

D.F. in liquidazione s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocato LUIGI TRAVAGLINO, ed elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ROMANO GIULIO 31;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1475/2014 della CORTE di APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 16/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 5/04/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione, notificato in data 12.12.1996, la EDILPELLEGRINI s.r.l. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Siena la IMMOBILIARE EDILCASA s.r.l. e la D.F. s.r.l. chiedendo che fosse dichiarato simulato o in subordine revocato il contratto di compravendita con cui, in data 23.9.1996, la Edilcasa aveva venduto alla D.F. tutti i beni ancora residui nel suo patrimonio. Esponeva l’attrice che quell’atto di compravendita fosse intervenuto allorchè già era intercorsa corrispondenza tra la Immobiliare Edilcasa e la Edilpellegrini, la prima committente e la seconda appaltatrice, con cui quest’ultima pretendeva dalla prima l’importo di Lire 953.350.883, ulteriore rispetto a quanto previsto nel contratto d’appalto.

Si costituiva in giudizio la committente Edilcasa, la quale chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna dell’appaltatrice al pagamento della somma di Lire 163.563.418, per lavori occorrenti per eliminare i vizi dell’opera. Su tale domanda, l’attrice deduceva va la clausola compromissoria nel contratto d’appalto.

Si costituiva anche la D.F. in liquidazione chiedendo il rigetto delle domande.

In data 10.1.1997 la Edilpellegrini avviava la procedura arbitrale, in base all’art. 17 del contratto d’appalto, chiedendo la condanna della convenuta al pagamento dell’importo già menzionato. La procedura incontrava notevoli difficoltà nella costituzione del Collegio arbitrale e la Edilcasa comunicava il venir meno del potere decisionale degli arbitri, intendendo far valere la competenza del Giudice ordinario.

Con successivo atto di citazione (notificato il 12.11.1998) la Edilpellegrini conveniva la Immobiliare Edilcasa innanzi al medesimo Tribunale, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 953.350.883, quale corrispettivo delle maggiori opere eseguite nel corso dell’appalto; in subordine, chiedeva che quel contratto fosse risolto per eccessiva onerosità e la condanna della committente al pagamento della medesima somma suddetta, a titolo restitutorio e di risarcimento.

Anche in questo giudizio si costituiva la Edilcasa, eccependo la sussistenza di una clausola arbitrale, che prevedeva la devoluzione a un arbitrato rituale delle controversie relative a quell’appalto; proprio in esecuzione di detta clausola, l’appaltatrice, nel gennaio 1997, aveva promosso il giudizio arbitrale, che aveva tuttavia incontrato difficoltà sin dalla costituzione del Collegio giudicante. Nel merito, sosteneva che il credito preteso dall’attrice fosse inesistente e che le azioni intraprese dall’appaltatrice fossero intese a prevenire le iniziative che essa committente avrebbe iniziato per ottenere il risarcimento per i danni conseguenti ai vizi riscontrati. Riproponeva identica domanda riconvenzionale.

I due giudizi erano riuniti. Espletata prova testimoniale e due CTU, con sentenza n. 509/2008, depositata in data 2.10.2008, il Tribunale di Siena rigettava l’eccezione di arbitrato, ritenendo che la relativa clausola prevedesse che agli arbitri fossero devolute soltanto le controversie tra la Direzione Lavori e l’appaltatrice, non invece quelle tra committente e appaltatrice, il che significava che la clausola dovesse intendersi come riferita ai soli giudizi di carattere tecnico; la clausola prevedeva che il Collegio arbitrale decidesse in 45 giorni e che tale termine era già scaduto al tempo dell’instaurazione della causa avanti al Giudice ordinario, cosicchè doveva ritenersi che la competenza del Collegio arbitrale fosse venuta definitivamente a cessare. Nel merito, il Tribunale accedeva alle indicazioni fornite dal secondo CTU e, ritenuto che il contratto fosse qualificabile come di tipo misto, cioè parte a forfait e parte a misura, determinava in Euro 621.071,77 il residuo avere dell’appaltatrice. Accoglieva dunque l’azione revocatoria proposta nei confronti del citato contratto di compravendita, motivando il proprio convincimento sul rilievo che l’alienante, debitrice dell’attrice, non avesse dimostrato di disporre di un patrimonio residuo che fosse adeguato a garantire i diritti di credito dell’appaltatrice e che il legale rappresentante dell’acquirente fosse a conoscenza del contenzioso in essere tra committente e appaltatrice; condannava le convenute, in solido, alle spese di lite.

Contro detta sentenza proponevano appelli separati la Immobiliare Edilcasa in liquidazione e la D.F. in liquidazione.

La Edilcasa, con il primo motivo, investiva la parte della decisione che aveva rigettato l’eccezione di arbitrato, deducendo che la relativa clausola avrebbe dovuto interpretarsi nel senso di ritenere devolute agli arbitri tutte le controversie tra committente e appaltatrice afferenti l’appalto e che il decorso del termine di 45 giorni non avesse fatto venir meno l’efficacia della clausola compromissoria. Con il secondo motivo deduceva che la qualificazione del contratto d’appalto, come di tipo misto, anzichè a forfait chiuso o chiavi in mano, contraddiceva l’espressa volontà delle parti. Ciò era ulteriormente dimostrato (lo si affermava nel terzo motivo) dalla quietanza finale sottoscritta a saldo dal collaboratore dell’appaltatrice, documento che limitava a opere assai marginali l’ulteriore pretesa della Edilpellegrini. Con il quarto motivo si doleva dei criteri di calcolo del corrispettivo riconosciuto all’appaltatrice e chiedeva che fosse disposta nuova CTU, che tenesse conto degli effettivi quesiti originariamente formulati dal Tribunale. Con il quinto motivo affermava l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria, non sussistendo un credito dell’appaltatrice, dal momento che quando era stato sottoscritto il contratto con la D.F. la Edilcasa aveva assolto ai propri obblighi con la Edilpellegrini; il riconoscimento della sussistenza del credito proveniva da un Giudice privo della potestas judicandi; inoltre, essa disponeva, al tempo, di disponibilità liquide e di crediti adeguati a garantire le pretese dell’appaltatrice. Infine, con l’ultimo motivo proponeva di nuovo la domanda riconvenzionale diretta a ottenere la condanna dell’appaltatrice al pagamento del costo necessario per l’eliminazione dei vizi e alla penale per il ritardo, essendo stata fornita la prova della sussistenza del danno.

La D.F. esponeva, con il primo motivo, che al tempo della proposizione della domanda di declaratoria di inopponibilità del contratto di compravendita la creditrice dell’alienante non avesse visto diminuire le garanzie costituite dal patrimonio immobiliare, rimaste invariate rispetto al momento antecedente alla stipula del contratto, e che le garanzie finanziarie fossero adeguate. Con il secondo motivo contestava la sussistenza del requisito della scientia damni, rilevando che il prezzo della compravendita fosse adeguato all’effettivo valore e che la circostanza che il legale rappresentante dell’acquirente e la moglie del medesimo fossero titolari di quote dell’alienante non costituisse prova di conoscenza di un’eventuale condizione debitoria della Edilcasa. Si doleva per il regolamento delle spese e per il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale, intesa a veder condannare la Edilpellegrini per responsabilità aggravata.

Si costituiva in giudizio la Edilpellegrini, contestando la fondatezza dei singoli motivi e proponendo appello incidentale avverso la parte della motivazione con la quale il Tribunale non le aveva riconosciuto il maggior credito per Euro 1.015.351,74, indicato dal CTU.

Riuniti i giudizi, con sentenza n. 1475/2014, depositata in data 16.9.2014, la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava che le questioni riguardanti il maggior prezzo preteso dall’appaltatrice, il risarcimento del danno subito dalla committente per i vizi dell’opera e il ritardo nell’esecuzione dei lavori, appartenessero alla cognizione arbitrale, come previsto dall’art. 17 del contratto d’appalto del 28.12.1993 e successive integrazioni; confermava nel resto la sentenza impugnata; condannava le appellanti principali, in solido tra loro, alle spese di lite del grado di appello.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la Edilpellegrini s.r.l. sulla base di due motivi: resiste la Edilcasa s.r.l. in liquidazione con controricorso e ricorso incidentale sulla base di un motivo; resiste altresì la D.F. s.r.l. in liquidazione anch’essa con controricorso e ricorso incidentale sulla base di un motivo; la ricorrente Edilpellegrini resiste ai ricorsi incidentali con controricorso. La Edilpellegrini e la Immobiliare Edilcasa hanno depositato ciascuna memoria difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell'”art. 360 c.p.c., n. 5: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (rinuncia di Edilcasa ad avvalersi della clausola di cui all’art. 17 del contratto)” di appalto del 28.12.1993, nonostante tale rinuncia fosse intervenuta tanto per implicito quanto esplicitamente.

1.1. – Il motivo è fondato.

1.2. – L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione adottata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012 (applicabile alle sentenze impugnate dinanzi alla Corte di cassazione ove le stesse siano state pubblicate in epoca successiva al 12 settembre 2012, e quindi ratione temporis anche a quella oggetto del ricorso in esame, pubblicata il 16 settembre 2014) prevede che la sentenza possa essere impugnata con ricorso per cassazione solo in caso di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

Orbene è noto come, secondo le Sezioni Unite (n. 8053 e n. 8054 del 2014), la norma consenta di denunciare in cassazione – oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.

Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, la parte ricorrente è gravata dall’onere di specificamente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. n. 14014; Cass. n. 9253 del 2017).

Orbene, va rilevato che la ricorrente ha argomentato su ciascuno dei suddetti presupposti di ammissibilità della censura di “omesso esame”.

1.3.1. – Quanto alle dedotte condotte di rinuncia tacita della controparte (v. ricorso pagg. 9-12), la Edilpellegrini rileva che nel giudizio sulla azione revocatoria n. 1032/96 (proposto con citazione notificata in data 12.12.1996) Edilcasa si costituiva in giudizio senza formulare l’eccezione di arbitrato e, proponendo, in merito ai lavori svolti, domanda riconvenzionale per danni e penali contrattuali (comparsa di costituzione Edilcasa nel giudizio 1032/96 RG dep 18.2.1997, pagg. 13-14; anche in ricorso pag. 9). E, quando Edilpellegrini promuoveva il giudizio n. 927/1998 per il pagamento delle opere extra contratto (citazione notificata il 12.11.1998), Edilacasa sollevava eccezione di arbitrato e nel contempo richiedeva la medesima somma (Lire 163.563.418) per le medesime causali (danni e penali contrattuali), previo rigetto delle domande risarcitorie dell’appaltatrice (memoria di costituzione Edilcasa nel giudizio 927/98 RG pagg. 12-14; anche in ricorso pag. 10).

1.3.2. – Quanto, poi, al “come” e al “quando” il fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti (v. ricorso pagg. 12-14), la ricorrente evidenzia che la questione della rinuncia tacita della contro ricorrente alla clausola arbitrale è stata più volte oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente richiama: l’atto di appello della Edilcasa (a pagg. 22-23; v in ricorso pag. 12); la comparsa di costituzione nella fase di inibitoria della provvisoria esecutorietà promossa da Edilcasa e rigettata dalla Corte d’Appello in data 24.11.2009 (pag. 12, par. 1.3; v. ricorso pag. 13); la comparsa di costituzione in appello e appello incidentale della Edilpellegrini, in data 23.12.2013 (pagg. 9-14; v. ricorso pag. 13); le comparse conclusionali in appello (per Edilpellegrini pagg. 6-8; per Edilcasa pag. 25) e la memoria di replica in appello (di Edilpellegrini, pag. 6 primo p., v. ricorso pag. 13); la memoria di replica di Edilpellegrini, depositata in primo grado in data 13.12.2007 (pagg. 4-5; v. ricorso pag. 13).

1.3.3. – Con riguardo alla “condotta esplicita di rinuncia” della parte alla operatività della clausola de qua, la ricorrente osserva che lo stesso giudice di appello menziona la comunicazione via fax del 16.7.1998 di Edilcasa, in cui la medesima affermava di voler far valere la competenza del Giudice ordinario, deducendo che il procedimento arbitrale non si fosse ancora instaurato, con venir meno del potere decisionale degli arbitri (pag. 8 sentenza impugnata). Tale fatto viene preso in esame dalla Corte di merito, la quale rileva che “il comportamento che l’attuale appellante ha tenuto, nella fase in cui s’è svolto il tentativo di dare corso alla procedura arbitrale, è evidentemente coerente con un’interpretazione che limiti la cognizione degli arbitri a questioni meramente tecniche” (sentenza impugnata, pag. 9), omettendo tuttavia qualsiasi considerazione in ordine alla maturata (o meno) rinuncia della parte di instaurare la procedura di cui all’art. 17.

Inoltre, viene rilevato che nell’atto di appello (pagg. 22-23) Edilcasa affermava che la rinuncia dovesse essere espressa, ma anche concordemente esplicitata da entrambe le parti (sicchè, la ricorrente sottolinea che Edilcasa avesse espressamente rinunciato alla competenza arbitrale con la citata comunicazione e la ricorrente avesse aderito esplicitamente a tale rinuncia notificando in data 12 12.1998 atto di citazione con il quale le pretese erano azionate dinanzi al Giudice ordinario: v. ricorso pagg. 17-18).

1.3.4. – Quanto alla “decisività”, la ricorrente deduce che ciò che la Corte di merito ha omesso di valutare era la condotta materiale di Edicasa, cioè la sua rinuncia (espressa e tacita) ad avvalersi della clausola, qualunque fosse la qualificazione da dare al suo portato (previsione di perizia contrattuale o di arbitrato).

La ricorrente osserva correttamente che l’accertamento del “fatto storico” della avvenuta rinuncia tacita della Edilcasa (desumibile da atti incompatibili con la volontà di avvalersi della clausola art. 17 del compromesso: Cass. n. 13023 del 1995; conf. Cass. n. 1111 dl 1998), così connotato giuridicamente, appare essenziale alla soluzione della controversia (v. sopra, sub 1.3.1. – 1.3.3.).

1.3.5. – Così formulata la dedotta censura di omessa pronuncia (ex art. 360 c.p.c., comma 1), il primo motivo di ricorso principale va pertanto accolto, dovendo la Corte di merito motivare in ordine alla configurabilità o meno della eccepita rinuncia ad avvalersi della predetta clausola art. 17, ed alla ricaduta di tale accertamento sulla decisione di dichiarare che le questioni “riguardanti il maggior prezzo preteso dall’appaltatrice, il risarcimento del danno subito dalla committente per i vizi dell’opera e il ritardo nell’esecuzione dei lavori, appartenessero alla cognizione arbitrale, come previsto dall’art. 17 del contratto d’appalto del 28.12.1993 e successive integrazioni” (v. dispositivo sentenza impugnata).

2.1. – Con il secondo motivo, la ricorrente principale deduce, ex “Art. 360 c.p.c., n. 3 (la) violazione delle norme relative all’interpretazione dei contratti in ordine alla qualificazione dell’art. 17 del contratto inter partes”.

2.2. – Con il motivo di ricorso incidentale, la Edilcasa in liquidazione s.r.l. lamenta la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 97 c.p.c.”, giacchè, nonostante nell’atto di appello l’odierna resistente avesse chiesto la condanna della Edilpellegrini al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, la sentenza impugnata confermava la condanna alla spese liquidate in primo grado e condannava le appellanti alle spese di lite del secondo grado.

2.3. – Con il motivo di ricorso incidentale, anche la D.F. in liquidazione s.r.l. censura la sentenza impugnata sul capo relativo alle spese per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 97 c.p.c..

2.4. – Stante la natura pregiudiziale dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, i tre ulteriori motivi risultano assorbiti.

3. – Va dunque accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo motivo, nonchè dei due motivi dei ricorsi incidentali; la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’appello di Firenze, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo motivo del ricorso principale e dei due motivi dei ricorsi incidentali. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2019

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