LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 25193-2017 proposto da:
AERRETRE SRL, A. TRADING SRL, in persona del loro amministratore unico e legale rappresentante A.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ORTIGARA 3, presso lo studio dell’avvocato MICHELE AURELI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ASTORRE MANCINI;
– ricorrenti –
contro
AZIENDA USL ROMAGNA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 82/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 23/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MICHELI AURELI.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza resa in data 23/3/2017, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento dell’opposizione proposta dall’Azienda Usl della Romagna, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Aerretre s.r.l. e dalla A. Trading s.r.l. per il pagamento, da parte dell’Azienda Usl della Romagna, di canoni di locazione non corrisposti in relazione al periodo dedotto in giudizio.
2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse correttamente ritenuto legittimo, da parte dell’Azienda sanitaria, l’abbattimento del canone di locazione operato in forza dell’applicazione del D.L. n. 66 del 2014, art. 24, comma 4, che aveva esteso, nei confronti delle aziende sanitarie pubbliche, la regola, precedentemente dettata con riguardo alle altre amministrazioni pubbliche, dal D.L. n. 95 del 2012, che aveva imposto la riduzione del 15% dei canoni relativi ai contratti di locazione in corso riferiti ad immobili destinati all’esercizio di attività istituzionale pubbliche, nel quadro della disciplina relativa al contenimento della spesa pubblica.
3. Avverso la sentenza d’appello, l’Aerretre s.r.l. e la A. Trading s.r.l. propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico articolato motivo di impugnazione, illustrato da successiva memoria.
4. L’Azienda Usl della Romagna non ha svolto difese in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il motivo di impugnazione proposto, le società ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione del D.L. n. 66 del 2014 (convertito nella L. n. 89 del 2014), nella parte in cui ha modificato il D.L. n. 95 del 2012, art. 3, commi 4, 6 e 7; del D.L. n. 95 del 2012, art. 3, commi 4, 6 e 7; del D.L. n. 66 del 2014, art. 24, comma 4; dell’art. 11 preleggi e degli artt. 1339 e 1362 e ss. c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il complesso normativo richiamato, ritenendo illegittimamente applicabili le disposizioni di cui al D.L. n. 95 del 2012 (e dunque la riduzione del 15% del canone di locazione ivi regolata) anche al contratto di locazione dedotto in giudizio, che le parti avevano viceversa concluso in epoca posteriore a detta fonte normativa, in tal modo violando le previsioni di tale disciplina, nonchè il principio di irretroattività della legge sancito dall’art. 11 preleggi, con specifico riguardo all’operatività del D.L. n. 66 del 2014, art. 24, comma 4, dovendo ritenersi che tale ultima norma, in assenza di disposizioni normative di segno contrario, aveva esteso l’applicabilità della disciplina del contenimento della spesa pubblica (di cui al D.L. n. 95 del 2012) unicamente ai contratti di locazione conclusi in epoca anteriore a detta fonte normativa e non già ai contratti (come quello in esame) stipulati successivamente.
2. Sotto altro profilo, secondo le ricorrenti, l’eventuale benefico della riduzione della riduzione del 15% del canone convenuto, da parte dell’azienda sanitaria avversaria, avrebbe dovuto essere preceduto dal necessario conseguimento del parere di congruità di cui al D.L. n. 95 del 2012, art. 3, comma 6: condizione che, essendo mancata, avrebbe dovuto imporre il riconoscimento dell’infondatezza della pretesa avversaria.
3. Il motivo è infondato.
4. Osserva il Collegio come la corte territoriale, nell’interpretare l’intervento del D.L. n. 66 del 2014 sul D.L. n. 95 del 2012, abbia correttamente evidenziato la circostanza in forza della quale l’intera disciplina sul contenimento della spesa pubblica fosse entrata in vigore, nel suo complesso, nei confronti delle aziende sanitarie pubbliche, a partire dal 2014, con ciò correttamente significando che anche la norma che dispone l’applicazione dell’immediata operatività della riduzione del canone di locazione del 15% (originariamente disposta dal D.L. n. 95 del 2012 per le altre amministrazioni pubbliche) fosse entrata in vigore, per le aziende sanitarie pubbliche, nel corso del 2014, e quindi in relazione ai contratti in corso a tale data, come quello oggetto del presente giudizio.
5. Al riguardo, varrà rilevare come la diversa interpretazione sostenuta dalle società ricorrenti, nel ritenere rilevante l’entrata in vigore, nel 2012, della disciplina sul contenimento della spesa pubblica assumendo tale epoca a base del proprio ragionamento, al fine di qualificare come “successiva” alla stessa la stipulazione del contratto di locazione in esame, anche in relazione al necessario conseguimento del preventivo parere di congruità del canone di cui al D.L. n. 93 del 2012, art. 3, comma 6, – finirebbe coll’attribuire un rilievo normativo alla disciplina del 2012 anche in relazione al rapporto oggetto di lite, laddove, invece, la volontà espressa del legislatore del 2014 fu quella di disporre l’applicazione dell’intero complesso normativo di cui al D.L. n. 95 del 2012 alle amministrazioni sanitarie, ma solo a partire dal 2014: ossia di ritenere applicabile l’immediata incidenza della riduzione del canone delle locazioni “in corso”, e il necessario parere preventivo di congruità per i contratti “di nuova stipulazione”, solo a partire dal 2014.
6. Ne deriva, conseguentemente, la correttezza della decisione impugnata nella parte in cui ha confermato la legittimità dell’abbattimento del canone operato dall’amministrazione sanitaria in relazione al contratto di locazione in esame.
7. Quanto, infine, all’adombrata questione di legittimità costituzionalità del D.L. n. 95 del 2012 da parte delle ricorrenti, è appena il caso di rilevarne la manifesta infondatezza, valendo al riguardo l’argomentazione per cui il riferimento operato, dal complesso normativo in esame, all’indispensabile conseguimento, attraverso le eccezionali misure introdotte, di necessari obiettivi di finanza pubblica, giustifichi il riconoscimento, in capo al legislatore, di ineliminabili margini di valutazione non sindacabili in sede di legittimità costituzionale, trattandosi di un ambito di apprezzamento politico discrezionale di stretta pertinenza legislativa, non ravvisandosi, nel caso di specie, alcuna ipotesi di intervento legislativo, sui termini sostanziali dei rapporti di durata, di carattere improvviso e imprevedibile (cfr. Corte Cost. sentenze n. 302 del 2010 e n. 64/2014).
8. Lo stesso giudice delle leggi, d’altro canto, ha affermato come nel nostro sistema costituzionale non sia “affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (salvo, ovviamente, in caso di norme retroattive, il limite imposto in materia penale dall’art. 25 Cost., comma 2). Unica condizione essenziale è che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto” (sentenza n. 264 del 2005, e, in senso conforme, sentenze n. 236 e n. 206 del 2009): presupposti ostativi, nella specie, del tutto insussistenti.
9. Sulla base delle argomentazioni sin qui illustrate, rilevata la complessiva infondatezza delle censure sollevate dalle società ricorrenti, dev’essere disposto il rigetto del ricorso.
10. Non vi è luogo all’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’Azienda sanitaria Usl della Romagna svolto difese in questa sede.
11. Dev’essere infine attestata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle società ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019