Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.23646 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2618-2018 proposto da:

OMEGA IMMOBILIARE SRL in persona del legale rappresentante p.t.

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTELLO N 20, presso lo studio dell’avvocato FLORANGELA MARANO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALFONSO MANDARA;

– ricorrente –

contro

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO XI, 13, presso lo studio dell’avvocato L.M. difensore di sè

medesimo, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

EMME 1 IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4673/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 14/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/06/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

FATTI DI CAUSA

L’avv. L.M., con ricorso ex art. 702 bis c.c., premesso: di essere creditore della società Emme 1 srl, della somma di Euro 2.250.000,00 a titolo di restituzione del prezzo versato in sede di stipula di un contratto preliminare di compravendita di alcuni immobili siti in *****, rimasto inadempiuto per fatto e colpa della Emme srl che non aveva dato seguito al contratto preliminare; che la stessa società Emme 1 srl, incurante delle obbligazioni assunte nei propri confronti, aveva trasferito con due contratti di compravendita, rispettivamente del 22/4/2011 e del 30/5/2012, ad Omega Immobiliare srl gli stessi immobili, agì in revocatoria ordinaria per sentir dichiarare l’inefficacia dei due atti nei propri confronti, a salvaguardia del proprio credito ed in genere della garanzia patrimoniale dei creditori.

Nel contraddittorio con le società convenute, il Tribunale di Napoli accolse la domanda di revocatoria ordinaria, dichiarò inefficaci nei confronti del L. entrambi i contratti di trasferimento immobiliare intercorsi tra la società Emme srl e la società Omega Immobiliare, condannando la società Emme 1 s.r.l. alle spese del grado.

La Corte d’Appello di Napoli, adita dalla Omega Immobiliare srl, con sentenza n. 4673 del 2017, ha rigettato l’appello con cui si chiedeva di riformare la sentenza di primo grado in relazione ai presupposti dell’azione revocatoria ritenendo, quanto all’eventus damni, che esso fosse senz’altro sussistente in relazione alla enorme esposizione debitoria gravante sulla Emme nei confronti dei creditori; quanto all’elemento soggettivo, che fosse sufficientemente provata la scientia damni in capo all’appellante, trattandosi di atto a titolo oneroso successivo al sorgere del credito.

Avverso la sentenza la Omega Immobiliare s.r.l. propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo. Resiste l’avv. L.M. con controricorso, illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con l’unico motivo di ricorso – error in iudicando – violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto storico decisivo in ordine all’anteriorità dell’atto dispositivo rispetto al credito con riguardo all’art. 2901 c.c., comma 1, n. 2 – censura la sentenza per aver ritenuto che gli atti dispositivi posti in essere dal debitore non fossero posteriori ma anteriori al sorgere del credito, di guisa che, ai fini dell’azione revocatoria, non sarebbe stata sufficiente la prova della scientia damni, come erroneamente ritenuto dal giudice del merito, ma sarebbe stata necessaria la prova della dolosa preordinazione del terzo a ledere la garanzia patrimoniale del creditore: mentre i due contratti già dichiarati inefficaci nei confronti del L. erano del 22/4/2011 e del 30/5/2012, il credito del L. sarebbe successivo e databile al 15/11/2012.

1.1 Il motivo, quanto al vizio motivazionale, è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, per violazione del principio della doppia conforme. Per quel che riguarda il vizio di violazione di legge esso è inammissibile per violazione del giudicato interno.

Il giudice di primo grado aveva statuito che il bene della Emme srl era stato venduto alla Omega Immobiliare s.r.l. dopo il maturarsi dei crediti di L.M.. La ricorrente, con l’atto di appello, non aveva specificamente impugnato questo capo di sentenza, sicchè sulla posteriorità degli atti di disposizione del credito si è formato il giudicato interno. Peraltro, per scongiurare l’avvenuta formazione del giudicato interno, anche sotto il profilo della autosufficienza, il ricorso non soddisfa le condizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto il ricorrente non specifica, come era suo preciso onere, dove e come avesse impugnato, nel giudizio di merito, la motivazione del giudice di primo grado nella parte in cui aveva affermato che il bene era stato venduto dopo il maturarsi dei crediti di L.M. e non aveva tenuto conto della presunta anteriorità degli atti di disposizione rispetto al credito, non ponendo questa Corte in condizioni di verificare se avesse o meno impugnato ed in caso positivo dove e come la decisione di primo grado.

Dovendo, pertanto, ipotizzare il giudicato interno, occorre riferire che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte è ius receptum che il giudicato, sia esso interno sia esterno, è rilevabile anche d’ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del giudizio, dovendo esso assimilarsi agli “elementi normativi”. Si veda sul punto la pronuncia Cass., U, n. 24664 del 28/11/2007, secondo la quale “Posto che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicchè la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito” (in senso conforme Cass., 1, n. 21200 del 5/10/2009; Cass., L, n. 10537 del 30/4/2010; Cass., 6-1 n. 12159 del 6/6/2011; Cass., 2, n. 15339 del 12/6/2018).

2. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la società ricorrente condannata alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore somma pari a quella già versata a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 10.200 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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