Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.23651 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 11391 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto da:

EQUITALIA NORD S.p.A., (C.F.: *****), in persona del rappresentante per procura Gian Paolo Zanoni rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli avvocati Maurizio Cimetti (C.F.: CMTMRZ59E16L781D) e Giuseppe Parente (C.F.:

PRNGPP64E30F8390);

– ricorrente –

nei confronti di:

R.G., (C.F.: *****) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli avvocati Orlando Navarra (C.F.: NVRRND59M081720U) e Costanza Acciai (C.F.: CCACTN53S69E625W);

– controricorrente –

nonchè

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (C.F. 80184430587), in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Aosta n. 368/2015, pubblicata il 28/10/2015;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 13/09/2019 dal Presidente Consigliere Dott. Franco De Stefano.

RILEVATO

che:

la spa Equitalia Nord ricorre, affidandosi a due motivi e con atto notificato fra il 28/04 ed il 03/05/2016, per la cassazione della sentenza n. 368 del 28/10/2015, con cui il Tribunale di Aosta ha accolto l’opposizione, proposta con atto notificato il 20/05/2014, di R.G. alla cartella esattoriale notificatagli dall’odierna ricorrente per un credito del Ministero della Giustizia di Euro 945.697,21;

degli intimati resiste con controricorso – illustrato da memoria e sorretto da produzione di ulteriore documentazione – il solo R., mentre l’Avvocatura generale dello Stato deposita atto di costituzione con riserva di prendere parte alla discussione in pubblica udienza;

il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale.

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in forma semplificata;

va dapprima esclusa la diretta rilevanza in questa sede – e così la stessa ammissibilità – della documentazione che il controricorrente produce invocando l’art. 372 c.p.c., poichè consistente in atti successivi rispetto a quelli oggetto di causa e censurati con la memoria ex art. 378 c.p.c. per vizi loro propri, ma che proprio per questo non incidono in via immediata in alcun modo sui primi, sicchè la materia del contendere non è cessata;

col primo motivo la ricorrente ripropone la tesi della carenza di sua legittimazione passiva in relazione ai vizi concretamente dedotti, censurando la qui gravata sentenza nella parte in cui quella ha invece ritenuto sussistente almeno perchè alcune delle ragioni di opposizione si appuntavano sulla regolarità formale della cartella emessa dal convenuto Agente per la riscossione;

la doglianza è inammissibile, perchè, a tacer d’altro, il contenuto dell’atto di opposizione è riportato in ricorso con termini riassuntivi così vaghi da non consentire il riscontro della correttezza della premessa in fatto dell’argomentazione della qui gravata sentenza: ciò che preclude l’esame della questione della necessaria legittimazione dell’agente della riscossione quale soggetto formalmente esecutante, impregiudicata la sua facoltà di chiamare in causa l’ente creditore (su tale impostazione, ai fini della legittimazione alla condanna alle spese in caso di vittorioso esito di un’opposizione per vizi non imputabili allo stesso agente, v., tra tutte, Cass. ord. 3099, 3101 e 3105 del 2017);

col secondo motivo è contestata nel merito la conclusione del tribunale sull’inidoneità del concreto contenuto della cartella ai fini dell’identificazione del credito azionato in via esecutiva esattoriale, ma la doglianza, a parte i dubbi sull’idoneità della trascrizione in ricorso dei dati necessari e dell’indicazione della relativa sede processuale, non può trovare accoglimento: non solo il contenuto minimo della cartella è necessariamente più ampio di quello ritenuto sufficiente dall’odierno ricorrente (al fine di garantire almeno in nuce l’effettività del diritto di difesa del suo destinatario), ma soprattutto la valutazione in fatto del giudice del merito della sufficienza o meno di quello è normalmente incensurabile, secondo quanto già ribadito di recente da Cass. 30/01/2019, n. 2553 (p. 6 della motivazione), cui qui basti un integrale richiamo;

il ricorso va pertanto respinto, con condanna del soccombente ricorrente alle spese del giudizio di legittimità in favore del solo intimato che ha in concreto espletato attività difensiva e cioè del R., in relazione all’importo ingente della cartella oggetto di causa, neppure rilevando a temperare la soccombenza l’inammissibilità delle doglianze formulate in memoria da quest’ultimo;

infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – di quanto in dispositivo in tema di contributo unificato per il caso di reiezione dell’impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori nella misura di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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