Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23723 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28884/2014 proposto da:

Gemini SPV S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, e per essa FBS S.p.a. – quale mandataria e procuratrice speciale elettivamente domiciliata in Roma, Piazza della Libertà n. 20, presso lo studio dell’avvocato Sica Salvatore, rappresentata e difesa dall’avvocato Meoli Bruno, giusta procura in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Fallimento ***** S.r.l., in persona del curatore avv. C.R., elettivamente domiciliato in Roma, Via Vicenza n. 26, presso lo studio dell’avvocato Fabio Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avvocato Coa Giovanni Battista, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 5161/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, del 18/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/06/2019 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Palermo ha dichiarato inammissibile l’opposizione allo stato passivo del Fallimento ***** S.r.l. proposta dalla Banca di Credito Cooperativo Valle del Torto soc. coop. avverso la declaratoria di inammissibilità della domanda tardiva di ammissione del proprio credito in via ipotecaria, per essere già stata definitivamente rigettata l’opposizione allo stato passivo delle domande tempestive contro l’ammissione del medesimo credito in via chirografaria, dal momento che la rinuncia alla prima domanda era intervenuta solo dopo la definizione del relativo giudizio di opposizione (diversamente dalla fattispecie esaminata da Cass. 15702/2011, di “ritiro della domanda prima del suo esame di merito”).

2. Con una seconda ratio decidendi il Tribunale ha aggiunto che, trattandosi non di rigetto ma di declaratoria di inammissibilità, l’opposizione non era comunque ammissibile ben potendo la domanda essere riproposta.

3. Avverso detto decreto la Gemini SPV S.r.l. (cessionaria del credito in contestazione a seguito di operazione di cessione pro soluto e in blocco L. n. 130 del 1999, ex artt. 1 e 4 e art. 58 TUB, pubblicata in G.U.R.I. 31 dicembre 2013, parte II, foglio Inserzioni n. 153) ha proposto due motivi di ricorso per cassazione, cui la curatela fallimentare ha resistito con controricorso, sollevando preliminarmente eccezione di difetto di legittimazione attiva della ricorrente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione attiva della ricorrente, alla luce delle indicazioni contenute a pag. 2 e s. del ricorso con allegate produzioni, in conformità all’orientamento di questa Corte per cui “Il successore a titolo particolare nel diritto controverso è legittimato ad impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa allegando il titolo che gli consenta di sostituire quest’ultimo, essendo a tal fine sufficiente la specifica indicazione di tale atto nell’intestazione dell’impugnazione qualora il titolo sia di natura pubblica e, quindi, di contenuto accertabile, e sia rimasto del tutto incontestato o non idoneamente contestato dalla controparte” (Cass. 9250/2017, in una fattispecie in cui è stato ritenuto insussistente il dedotto difetto di legittimazione della cessionaria del ramo di azienda a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello resa nei confronti della sua dante causa, rilevando che la contestazione dell’avvenuta successione a titolo particolare nella posizione sostanziale controversa era apoditticamente fondata sul mero rilievo dell’omessa produzione dell’atto di cessione del ramo di azienda).

5. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., L. Fall., art. 96 e art. 98, comma 2; sostiene la ricorrente che nell’opposizione l’opponente aveva affermato di aver rinunciato alla domanda proposta in via chirografaria prima della conclusione dell’udienza di verifica e di aver presentato domanda in via ipotecaria prima della conclusione dell’udienza di verifica; sostiene inoltre che il provvedimento dichiarativo dell’inammissibilità della seconda domanda proposta in via tardiva doveva intendersi come provvedimento di sostanziale rigetto.

6. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c. e L. Fall., art. 98, per non avere il tribunale tenuto conto del fatto che l’originaria domanda tempestiva era stata rinunciata prima della chiusura dell’udienza di verifica, sicchè essa ben poteva essere riproposta.

7. Le censure, che in quanto connesse possono essere esaminate congiuntamente, vanno disattese.

8. Le doglianze di parte ricorrente sono fondate con riguardo solo alla seconda ratio decidendi del decreto impugnato, dovendo effettivamente ritenersi che la declaratoria di inammissibilità della domanda tardiva non fosse tale, in senso stretto, ai sensi della L. Fall., art. 93, comma 4, ma integrasse un sostanziale rigetto per preclusione da giudicato endofallimentare che non consentiva riproposizione (Cass. 25640/17, 6524/17, 19960/15).

8.1. Tuttavia, la prima ratio decidendi resiste alle censure, le quali sembrano equivocamente far intendere che la rinuncia alla prima domanda chirografaria sia intervenuta prima della chiusura della verifica delle domande tempestive, quando invece dal decreto impugnato emerge inequivocabilmente che essa è stata fatta quando già l’opposizione del creditore allo stato passivo delle domande tempestive era stata respinta in via definitiva, con conseguente insorgenza dell’effetto preclusivo da giudicato endofallimentare, che la L. Fall., art. 93, comma 4, configura rispetto sia alla decisione del giudice delegato (se non impugnata) sia alla decisione del Tribunale in sede di opposizione.

9. Al riguardo, tenuto conto della circostanze concrete della vicenda in esame – segnatamente dell’intervento della rinuncia alla domanda tempestiva dopo la pronuncia definitiva sulla stessa – va data continuità all’orientamento di questa Corte per cui “Nel procedimento fallimentare l’ammissione di un credito, sancita dalla definitività dello stato passivo, una volta che questo sia stato reso esecutivo con il decreto emesso dal giudice delegato ai sensi della L. Fall., art. 97, acquisisce all’interno della procedura concorsuale un grado di stabilità assimilabile al giudicato, con efficacia preclusiva di ogni questione che riguardi il credito, comprese le eventuali cause di prelazione che lo assistono” (Cass. 25640/2017, in fattispecie in cui è stato confermato il provvedimento di esclusione di un credito privilegiato del D.Lgs. n. 123 del 1998, ex art. 9, in precedenza già ammesso in via chirografaria quale credito in surroga, stante l’identità della causa dell’attribuzione patrimoniale; cfr. Cass. 6524/2017, 14936/2016, 19960/2015, 5840/2013, 4306/2012, 15702/2011).

10. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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