LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27489/2018 proposto da:
K.S., elettivamente domiciliato in Roma, Via P. Mascagni 186, presso lo studio dell’avvocato Jacopo Maria Pitorri che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, pressa l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia del 1-2-2018;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
K.S. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Perugia che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;
il ministero dell’Interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
l’impugnata sentenza ha escluso la protezione internazionale rilevando che il racconto del richiedente era inattendibile e che lo stesso non aveva compiuto alcuno sforzo per circostanziare la sua domanda nè prospettato un attuale pericolo di persecuzioni in patria;
da questo punto di vista la sentenza ha osservato che la situazione interna della Costa d’Avorio era nel tempo mutata, con superamento di anteriori problemi di stabilità interna;
a fronte di tanto ha dunque ritenuto far difetto l’allegazione del richiedente, tanto con riguardo alla protezione sussidiaria, quanto con riguardo alla protezione umanitaria;
il ricorso prospetta cinque motivi: (i) violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alle dichiarazioni rese e al mancato supporto probatorio; (ii) omesso esame delle dichiarazioni dinanzi alla commissione territoriale; (iii) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in ordine alle condizioni socie-politiche del paese di provenienza; (iv) errata applicazione dell’art. 5 t.u. imm. a proposito della protezione umanitaria; (v) eccezione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, stante la soppressione dell’appello nei giudizio sulla protezione internazionale;
il ricorso è inammissibile;
tutti i sopradetti motivi si infrangono contro il rilievo di carenze di allegazione delle formulate domande in relazione alla valutazione di non credibilità personale, che implica un giudizio di fatto;
a fronte di tanto il ricorso, caratterizzato da astratte considerazioni sugli istituti implicati, non soddisfa il fine di autosufficienza, non essendo state riportate in modo specifico nè le originarie allegazioni per il tribunale, nè le censure concretamente svolte contro la decisione di questo;
la declaratoria di inammissibilità del ricorso implica in sè doversi dare atto dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. n. 9660-19).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019