Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23727 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28681/2018 proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Diroma del foro di Trieste giusta procura speciale a margine del ricorso (pec:

andrea.diroma.pectriesteavvocati.it);

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste del 30-6-2018;

udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI.

RILEVATO

che:

S.A. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Trieste che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;

il ministero dell’Interno non ha svolto difese.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo (erronea o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 16 della direttiva 2013,32-CE) si censura la sentenza in riferimento al giudizio negativo espresso in ordine alla credibilità soggettiva del richiedente, essendosi violato il dovere di cooperazione istruttoria e di audizione personale;

col secondo motivo (erronea o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3 e 14) si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il racconto posto a base della domanda di protezione internazionale, avendo preteso dal richiedente la prova certa dei fatti senza considerare le difficoltà di ottenimento di quella prova; col terzo motivo (violazione degli artt. 5 e 19 t.u. imm., art. 10 Cost., D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, art. 6 della direttiva2008/115-CE) si censura la sentenza nella parte afferente il diniego di protezione umanitaria; il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è inammissibile per la ragione che segue;

dalla sentenza emerge che la domanda di protezione era stata proposta allegando vicende di vita privata e personale: sostanzialmente una faida familiare al fondo della decisione di espatriare dal *****;

l’impugnata sentenza ha motivatamente ritenuto non credibile il racconto poichè, come del resto osservato anche dal tribunale, i riferimenti del richiedente erano approssimativi e contraddittori;

la valutazione relativa all’intrinseca non veridicità delle dichiarazioni integra un giudizio di fatto, che non è sindacabile in cassazione;

non rileva il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, dal momento che ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda – quel dovere non scatta affatto;

la cooperazione – come questa Corte ha già osservato – è un concetto necessariamente bivalente;

non può pretendersi dal giudice una verifica officiosa (oltre tutto nella specie logicamente poco concepibile, vista la natura personalissima della vicenda narrata) su fatti di per sè ritenuti inattendibili, poichè una simile pretesa non è compatibile col caso in cui sia stato proprio il richiedente a declinare la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile dei fatti stessi (v. Cass. n. 33096-18);

va inoltre confermato il principio per cu, nel giudizio relativo alla protezione internazionale dello straniero, la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti resa dal richiedente, non può che riguardare tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento;

tale rilievo assorbe ogni questione, finanche relativa alla domanda di protezione umanitaria; non senza aggiungere che la corte d’appello ha ulteriormente osservato che tale domanda era stata proposta senza allegazione di fatti concreti ai quali ancorare il giudizio di vulnerabilità; e a confutazione di codesto specifico profilo – implicante un difetto di allegazione prima ancora che di prova – niente si evince, in prospettiva di autosufficienza, nel ricorso per cassazione;

la declaratoria di inammissibilità del ricorso implica in sè doversi dare atto dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. n. 9660-19).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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