LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28730/2018 proposto da:
A.K., elettivamente domiciliato in Roma presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Fattori e Giandomenico Della Mora del foro di Udine giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste del 25-7-2018;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI.
RILEVATO
che:
A.K., di provenienza pakistana, ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della corte d’appello di Trieste che ne ha respinto la domanda di protezione internazionale;
il ministero dell’Interno non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
col primo mezzo il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto inattendibile, e come tale insuscettibile di esser posta a fondamento della pronuncia, la versione dei fatti fornita a proposito delle ragioni dell’espatrio; col secondo mezzo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 5 e 19 t.u. imm., nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 29 e 32 per avere la corte d’appello violato il principio di non refoulement a proposito della protezione umanitaria, avendo mancato di porre in correlazione la vicenda narrata con la situazione esistente nel paese di origine; il ricorso, in cui motivi possono essere esaminati unitariamente per connessione, è inammissibile;
la corte d’appello ha chiarito che nella zona di provenienza del ricorrente (il *****) non era esistente l’allegata condizione di violenza indiscriminata da conflitto armato;
l’affermazione, sorretta dalla specifici indicazione delle fonti informative consultate, integra un accertamento di fatto, peraltro neppure sindacato nel ricorso;
la inaffidabilità del racconto è stata invece sottolineata a proposito della vicenda di vita privata alla quale sarebbe stata associata l’esposizione a pericolo personale;
tale vicenda era stata incentrata sulla relazione sentimentale ostacolata dai parenti per la differenza di credo religioso, ed era stata concretizzata dall’avvenuta uccisione di un fratello e dalla denuncia dell’omicida, arrestato ma poi scarcerato;
su tutto questo la corte d’appello ha espresso una motivata valutazione di complessiva inverosimiglianza, che giustappunto perchè motivata è sottratta al sindacato di legittimità;
in ordine alla protezione umanitaria, invece, la corte del merito si è limitata a evidenziare che non erano stati portati elementi per affermare esistente un livello minimo di integrazione del ricorrente in Italia, dal punto di vista dei legami sociali, familiari o lavorativi;
il secondo motivo niente oppone a tal riguardo, ma si limita a sostenere che lo stato di vulnerabilità si sarebbe dovuto apprezzare in considerazione della situazione oggettivamente presente nel paese di origine; è agevole osservare che la corte giuliana ha escluso che la situazione del ***** fosse tale da determinare nel ricorrente un’esposizione a pericolo personale del tipo di quella dedotta, sicchè per tale via anche il secondo motivo si risolve in un inammissibile tentativo di sovvertimento del giudizio di fatto;
la declaratoria di inammissibilità del ricorso implica in sè doversi dare atto dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (Cass. n. 9660-19).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019