Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23730 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2928/2018 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in Roma, Circonvallazione Clodia n. 88, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Arilli, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Carla Pennetta, giusta procura speciale;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 398/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 01/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/06/2019 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- Con ordinanza depositata il 19 ottobre 2016, il Tribunale di Perugia ha respinto il ricorso presentato da H.A., di provenienza gambiana, avverso la decisione della Commissione territoriale di Perugia, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure di quello di riconoscimento della protezione umanitaria.

La successiva impugnazione avanti alla Corte di Appello di Perugia è stata pure rigettata, con sentenza depositata 11 giugno 2017.

2.- La Corte umbra ha rilevato, in particolare, che le ragioni dell’espatrio del richiedente non avevano nulla a che vedere con i requisiti richiesti per la protezione internazionale: trattandosi, secondo lo stesso racconto di questi, di vicenda riguardante in via esclusiva la “giustizia ordinaria” (screzi con dati cugini, originati da accuse di furto e culminati in percosse). Ha aggiunto, altresì, che l’appello conteneva unicamente “considerazioni di carattere generale”, senza fornire spunti di sorta circa la pur dichiarata “posizione di perseguitato politico”.

3.- Avverso questo provvedimento ricorre H.A., svolgendo due motivi di cassazione.

Il Ministero dell’Interno ha presentato controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte di Appello di Perugia: (i) col primo motivo, per violazione di legge, assumendo che la pronuncia “non ha utilizzato tutti i mezzi a disposizione per raccogliere le prove necessarie a sostegno della domanda, non ha concesso al richiedente il beneficio del dubbio, non ha infine enunciato valide ragioni dirette a contrastare quanto dal medesimo dichiarato”; (ii) col secondo motivo, per nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c., per non avere esaminato la domanda di protezione umanitaria e di diritto di asilo, nè, più in particolare, “i presupposti alla base della protezione umanitaria resa legittima dal documentato stato di salute dell’istante, affetto da disturbo psichiatrico delirante simil post traumatico, con incubi notturni, flashback e ruminazione rispetto all’evento traumatico”.

5.- Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Esso, infatti, trascura completamente di confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che risulta basata sull’estraneità dei fatti allegati dal richiedente rispetto alla tipologia di fattispecie presa in considerazione dalla vigente normativa di protezione internazionale.

Pure è da aggiungere, per compiutezza di esposizione, che il potere/dovere di cooperazione istruttoria viene a delinearsi una volta che il richiedente abbia compiutamente adempiuto all’onere di allegazione dei fatti costitutivi del proprio diritto (Cass., 28 giugno 2018, n. 17069).

6.- Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

In proposito, va rilevato che il ricorso non indica gli atti e i modi in cui – nel contesto del procedimento svoltosi avanti alla Corte di Appello – avrebbe sollevato la problematica psichiatrica che imputa alla sentenza di non avere esaminato. Dal contesto del ricorso emerge, per la verità, solo che il “Tribunale di Perugia” ha “acquisito certificazione sanitaria attestante il disturbo psichiatrico dello stesso, disturbo delirante dello stesso”.

E’ da aggiungere che la normativa costituzionale del diritto di asilo, di cui all’art. 10 Cost., comma 3, viene a sciogliersi, al livello normativo della legge ordinaria, negli istituti della protezione internazionale, nonchè nei “seri motivi” di carattere umanitario, di cui appunto alla figura della protezione umanitaria (cfr. già Cass., n. 10686/2012).

7.- In conclusione, il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

8.- Deve darsi atto che sussistono, nella fattispecie, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, secondo la disposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige del giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass., n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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