LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24726/2018 proposto da:
D.A., elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Cavour n. 139, presso l’avvocato Luigi Migliaccio, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 490/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 01/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/06/2019 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- Con ordinanza del 10 ottobre 2016, il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso presentato da D.A., proveniente dal Senegal (regione Casamance) avverso la decisione della Commissione territoriale di Caserta di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) come pure di quello della protezione umanitaria.
Proposta impugnazione nei confronti di tale pronuncia, la Corte di Appello di Napoli la ha respinta, con sentenza depositata l’1 febbraio 2018.
2.- La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che, “nella specie non è emerso chiaramente per quali motivi l’appellante lasciò il suo paese di origine”; che, “peraltro, il racconto reso alla Commissione territoriale appare confuso e contraddittorio atteso che egli prima riferisce di essersi allontanato dal Senegal perchè erano morti i suoi genitori e poi invece di aver appreso della morte della madre per telefono, mentre era già in Libia”; che comunque la situazione attuale del Senegal “appare del tutto tranquilla”, secondo più fonti di informazione attendibili.
3.- Avverso questa decisione, D.A. ha presentato ricorso, articolando quattro motivi di cassazione.
Resiste il Ministero, con controricorso.
Il ricorrente ha presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte di Appello di Napoli: (i) col primo motivo, per violazione di legge, avendo la Corte di Appello rigettato la domanda del richiedente “senza tuttavia procedere ad alcun accertamento istruttorio che doveva essere compiuto”; (ii) col secondo motivo, per nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, avendo la Corte omesso di pronunciarsi sulla domanda di riconoscimento di protezione sussidiaria; (iii) col terzo motivo, per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, come relativo ai presupposti per il riconoscimento di protezione umanitaria; (iv) col quarto motivo, per violazione di legge, per avere la Corte territoriale escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria”.
5.- Il primo motivo di ricorso, relativo al diritto di rifugio, è inammissibile.
Il ricorrente chiede in realtà un nuovo esame degli elementi materiali della fattispecie concreta, che è esame affidato al giudice di merito e non sindacabile da questa Corte, se non nei limiti della ragionevolezza e della plausibilità (per il rilievo che il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente costituisce apprezzamento di fatto si veda, di recente, Cass., 30 ottobre 2018, n. 27503).
Nè vale a mettere in discussione la soluzione adottata dalla Corte di Napoli lo stralcio del racconto del richiedente che viene riportato nel motivo (“quando è morta mia madre sono andato da mio zio, sono stato per un mese. I figli mi creavano dei problemi quando era a casa, visto che i miei genitori sono morti. Questo mi ha fatto stare male perciò ho deciso di lasciare il Paese… mio padre aveva due mogli, lo chiamo madre anche la seconda moglie di mio padre. E’ lei che è morta quando ero in Libia”). In realtà, il passo riportato viene a indicare piuttosto che la ragione dell’espatrio del richiedente è stata affatto privato, ovvero familiare: come tale strutturalmente estraneo alla protezione internazionale del diritto di rifugio (cfr. su questo punto, da ultimo, Cass., 1 aprile 2019, n. 9043).
6.- Il secondo motivo di ricorso, relativo alla protezione sussidiaria, è inammissibile.
Il motivo non si confronta infatti con la motivazione svolta dalla Corte napoletana. Che, sulla base di report aggiornati e attendibili (Limes, Africa Italia, dicembre 2017; Voile et voliers, 2018, n. 1; sito di avventure del mondo), ha per l’appunto valutato nell’attuale sicura la situazione sociale e politica del Senegal.
7.- Il terzo e quarto motivo, che concernono il tema della protezione umanitaria e sono suscettibili di esame unitario, sono inammissibili.
Il ricorrente si duole del fatto che la Corte napoletana abbia sostanzialmente omesso di valutare il detto profilo. E riporta, al riguardo, un elenco di otto situazioni tipo di ipotetici casi di riconoscimento della protezione in discorso.
Si deve peraltro osservare, in proposito, come – al di là di ogni rilievo sull’idoneità di tali voci a rappresentare i seri motivi di carattere umanitario previsti dalla legge – non possa di certo essere sufficiente la delineazione di questa griglia di situazioni (del tutto) astratte a giustificare un provvedimento di riconoscimento umanitario.
A fianco della voce “periodo di tempo trascorso in Libia e violenze ivi patite” il ricorrente aggiunge che “il RA ha dichiarato di essere stato incarcerato”. Si deve dunque rimarcare la mancanza di specificità che connota questa asserzione. Nulla viene indicato, o anche solo accennato, in punto di elementi materiali del carcere che si assume sopportato (neppure la durata effettiva della detenzione). Come pure nulla è stato segnalato in relazione agli effetti che una simile (e incognita) fattispecie avrebbe prodotto sulla persona del richiedente e sulla situazione di vulnerabilità che ne sarebbe nel caso conseguita.
8.- In conclusione, il ricorso è inammissibile.
9.- Deve darsi atto che sussistono, nella fattispecie, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, secondo la disposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige del giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass., n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi).
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019