LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24731/2018 proposto da:
B.M., elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Cavour n. 139, presso l’avvocato Luigi Migliaccio, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1040/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 01/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/06/2019 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTI DI CAUSA
1.- Con ordinanza del 18 gennaio 2017, il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso presentato da B.M., proveniente dal Senegal (regione Casamance) avverso la decisione della Commissione territoriale di Caserta di diniego di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) come pure di quello della protezione umanitaria.
Proposta impugnazione nei confronti di tale pronuncia, la Corte di Appello di Napoli la ha respinta, con sentenza depositata l’1 marzo 2018.
2.- La Corte territoriale ha rilevato, in particolare, che “dalle stesse dichiarazioni dell’appellante, rese alla Commissione territoriale di Caserta, è emerso che effettivamente il B. lasciò il suo villaggio natale nel 2012 per sfuggire all’arruolamento forzato in una milizia ribelle, ma per trovare rifugio in altro villaggio, a sei ore di bicicletta, dove ha poi lavorato per numerosi mesi, quindi certamente il motivo per cui si è poi allontanato dal Senegal non è connesso alla instabilità politico-amministrativa esistente all’epoca su parte del territorio o a una possibile persecuzione cui poteva essere oggetto”.
Quanto alla protezione sussidiaria, la sentenza ha rilevato che, nell’attuale, il Senegal è ritenuto dalle fonti internazionali “Paese assolutamente tranquillo” (vengono richiamati, in specie, Limes, Africa Italia, dic. 2017; Voile et voilers, n. 1, 2018; il sito avventure nel mondo).
Quanto alla protezione umanitaria, la Corte territoriale, richiamandosi al precedente di Cass., 1 settembre 2017, n. 20693, ha rilevato che una ragione di espatrio fondata su ragioni di ordine familiare, o comunque di tratto squisitamente personale, risulta comunque inidonea a fondare non solo la protezione internazionale, ma pure quella umanitaria.
3.- Avverso questa decisione, B.M. ha presentato ricorso, articolando sette motivi di cassazione.
Resiste il Ministero, con controricorso.
Il ricorrente ha presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Il ricorrente censura la decisione della Corte napoletana: (i) col primo motivo, per violazione di legge, avendo la Corte di Appello rigettato la domanda del richiedente “senza tuttavia procedere ad alcun accertamento istruttorio che doveva essere compiuto” (in coda all’esposizione del motivo, il ricorrente rileva altresì che la “sentenza che qui si ricorre indica quale appellante il ” D.A.” con tanto di relativo codice fiscale”); (ii) col secondo motivo, per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte di Appello omesso di considerare il pericolo di persecuzione rilevante ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato; (iii) col terzo motivo, per violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), art. 5, lett. c), art. 7, comma 2, lett. a), art. 8, comma 2, lett. e); nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35,D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 e art. 702 bis c.p.c.; (iv) con quarto motivo, per mancata pronuncia circa la (non) sussistenza dei presupposti di cui alla norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b); (v) col quinto motivo, per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte di Appello omesso di considerare il profilo di rischio di danno grave in relazione all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b); (vi) per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in relazione ai presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria; (vii) col settimo motivo, per violazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 5, comma 6, T.U.I..
5. I primi tre motivi di ricorso, tutti riferiti al tema del diritto di rifugio e suscettibili di esame unitario, sono inammissibili.
Il ricorrente chiede in realtà un nuovo esame degli elementi materiali della fattispecie concreta, che è esame affidato al giudice di merito e non sindacabile da questa Corte, se non nei limiti della ragionevolezza e della plausibilità. Ora, da quest’angolo visuale la circostanza che il richiedente sia stato, per un cospicuo numero di mesi, in un villaggio distante sei ore di bicicletta dal villaggio natale, come assume la sentenza, ovvero in un villaggio a quello molto più vicino, come pretende il ricorrente non risulta possedere una particolare incidenza; nè, del resto, il ricorrente ne individua una.
Per il rilievo che il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente costituisce apprezzamento di fatto si veda, di recente, Cass., 30 ottobre 2018, n. 27503.
Quanto poi all’errata indicazione delle generalità del ricorrente in sede di intestazione della sentenza di Appello, va rilevato che ciò non crea alcuna situazione di incertezza in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce, posta la non equivocità del dispositivo (riferito espressamente a B.M.), nonchè i riferimenti a quest’ultimo presenti nell’arco della motivazione. Per il principio per cui l’errata indicazione delle generalità comporta nullità del provvedimento solo se determina una non scioglibile incertezza sulla identità dei soggetti a cui lo stesso si riferisce, si rinvia a Cass., 25 settembre 2017, n. 22275.
6.- Il quarto e il quinto motivo, entrambi relativi alla protezione sussidiaria e suscettibili di esame unitario, non meritano di essere accolti.
L’orientamento della giurisprudenza di questa Corte ritiene che “la riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo del rifugio politico e della protezione sussidiaria art. 14, ex lett. a) e b), escluso il quale dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva, non può riconoscersi il relativo status” (Cass., 17 giugno 2018, n. 16925; Cass., 24 maggio 2019, n. 14283).
7.- Il sesto e il settimo motivo, entrambi inerenti alla protezione umanitaria e suscettibili di esame unitario, sono inammissibili.
Il ricorrente si duole che la Corte territoriale si sia limitata, in proposito, a riportare – “quale unico supporto a sostegno” – una decisione di questa Corte, “che fa riferimento allo straniero espatriato per “ragioni personali””.
Si deve peraltro osservare che il ricorrente non è andato al di là di questa mera affermazione, che – come tale – non risulta indicativa di alcuna situazione di vulnerabilità specifica alla persona del richiedente. Del resto, il ricorrente neppure indica di avere allegato nell’ambito dei precedenti gradi di giudizio – delle situazioni di vulnerabilità specifiche sì che i giudici del merito le abbiano potute prendere in considerazione e valutare.
8.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
9.- Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
10.- Deve darsi atto che sussistono, nella fattispecie, i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso per cassazione, secondo la disposizione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Ciò si deve fare a prescindere dal riscontro dell’eventuale provvedimento di ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, poichè la norma esige del giudice unicamente l’attestazione dell’avere adottato una decisione di inammissibilità o improcedibilità o di reiezione integrale dell’impugnazione, anche incidentale, competendo poi in via esclusiva all’Amministrazione di valutare se, nonostante l’attestato tenore della pronuncia, vi sia in concreto, a motivo di fattori soggettivi, la possibilità di esigere la doppia contribuzione (Cass., n. 9661/2019, la cui articolata motivazione si richiama).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi).
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 28 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019