LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14938/2018 proposto da:
I.M.N., alias C.M.N., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppina Marciano in forza di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 43/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 05/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2019 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 depositato il 5/5/2016, I.M.N., alias C.M.N., cittadino del *****, ha impugnato dinanzi al Tribunale di Trieste la decisione negativa della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Gorizia, chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o in subordine la protezione sussidiaria o umanitaria.
Il ricorrente, originario di *****, nella regione del *****, di famiglia contadina, frequentatore della madrasa, aveva raccontato di essere stato rapito da altri predicatori, che, con la scusa di condurlo ad un’altra madrasa, lo avevano invece portato a combattere nel nord del paese; di essere riuscito a fuggire e a tornare a casa propria, ove però aveva trovato la madre, che lo aveva informato dell’incursione dei talebani e dell’avvenuto sterminio di tutta la famiglia; di essere quindi fuggito, ricercato dai talebani e dalla polizia che lo reputava un terrorista.
Costituitasi in opposizione la Commissione Territoriale, il Tribunale di Trieste ha respinto la domanda, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione internazionale, anche umanitaria.
2. L’appello proposto dall’ I. è stato rigettato dalla Corte di appello di Trieste, a spese compensate, con sentenza del 5/2/2018.
3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso I.M.N., alias C.M.N., con atto notificato il 18/5/2018, svolgendo tre motivi.
L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita con controricorso notificato il 26/6/2018, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso, nonchè la revoca dell’ammissione al patrocinio statuale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia su di un punto decisivo della controversia in relazione ai motivi che hanno spinto il ricorrente ad allontanarsi dal ***** (rapimento da parte dei talebani per l’addestramento alla guerra santa).
1.1. Così come prospettata, la censura è inconsistente: il vizio di nullità della sentenza e del procedimento per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. presuppone che il giudice non abbia adottato alcuna statuizione circa una domanda o una eccezione ritualmente proposte dalle parti, e non già che non abbia considerato un certo fatto storico nell’ambito della motivazione della decisione; in tal caso, ove ricorrano tutti i presupposti richiesti dalla legge per la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al “minimo costituzionale” la possibilità di denuncia del vizio motivazionale in sede di legittimità, il ricorrente deve dedurre e dimostrare l’omesso esame di un fatto decisivo controverso fra le parti.
1.2. Il ricorrente osserva poi che la Corte di appello aveva affermato la genericità dell’appello, assumendo che il ricorrente si era limitato a riportare notizie sulla situazione dell’intero *****, al fine di ottenere la protezione sussidiaria, mentre il ricorrente con l’appello aveva lamentato il difetto di motivazione sul punto della sentenza impugnata (pag.2, atto di appello).
La Corte territoriale avrebbe del tutto ignorato i particolari circostanziati del racconto del richiedente asilo circa il rapimento subito ad opera dei talebani, al cui proposito non era stato eseguito alcun riscontro circa i rapimenti praticati in ***** e la loro incidenza sugli abitanti del Paese.
1.3. La Corte di appello, dopo aver ricordato che il Giudice di primo grado aveva negato all’ I. lo status di rifugiato e aver puntualizzato che sul punto non era stata proposta impugnazione, con il conseguente passaggio in giudicato del capo di sentenza (pag.3, penultimo capoverso), ha osservato che l’impugnazione relativa alla mancata concessione della protezione sussidiaria (negata dal Tribunale sia perchè non era apprezzabile un rischio di danno grave in caso di rientro nel Paese di provenienza, sia perchè il racconto del richiedente non era credibile) era molto generica; in particolare, secondo la Corte triestina, il ricorrente si era limitato a dedurre una serie di mali generali affliggenti il ***** ed altri mali relativi solo a certe zone del Paese, diverse dalla regione di provenienza, e tali circostanze erano prive di ogni concreta attinenza con la vicenda e la situazione personale del richiedente asilo.
Tanto premesso, sarebbe stato onere del ricorrente, per confutare efficacemente il decisum, dimostrare di aver proposto uno specifico motivo di appello sul punto: onere questo rimasto inadempiuto, visto che il ricorrente a tal proposito si limita a indicare una rubrica di motivo e una serie di norme asseritamente violate, senza dar conto, neppur sinteticamente, del tenore della censura mossa con l’atto di appello, asseritamente misconosciuta dalla Corte territoriale, e della sua astratta idoneità logico-giuridica a demolire la decisione di primo grado sul punto.
Di conseguenza, sulla base dell’esame del ricorso, questa Corte non è in grado di valutare se la doglianza mossa sia o meno fondata.
Ovviamente a nulla vale al ricorrente il dar conto delle dichiarazioni da lui a suo tempo rese: l’elemento che era necessario introdurre nel ricorso era il contenuto specifico del motivo di appello asseritamente trascurato.
1.3. Inoltre nella valutazione del pericolo di danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la Corte di appello non avrebbe correttamente applicato i criteri enunciati dalla sentenza della Corte di Giustizia 17/2/2009, Elgafaji.
La doglianza è espressa in termini assolutamente generici, a fronte dell’ampia motivazione proposta dalla Corte territoriale, per escludere sulla base di varie citazioni di fonti informative internazionali, la sussistenza di una situazione di conflitto armato interno nel *****.
2. Con il secondo motivo proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5 il ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo e irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione in merito all’effettiva situazione sociale, economica e politica e pericolosità sociale del *****, valutata sulla base di rapporti COI acquisiti al luglio 2016; la Corte territoriale aveva rimproverato al ricorrente il mancato riferimento della situazione di rischio a fattori di carattere personale, che invece erano stati prospettati con precisione da parte del ricorrente con riferimento al rapimento subito da parte dei talebani.
Le informazioni utilizzate inoltre contrastavano con quanto risultava da sentenza del Tribunale di Roma 40107/2017.
2.1. Il ricorrente propone una critica di merito alla valutazione operata dalla Corte di appello sub specie di omesso esame di un fatto decisivo, invece considerato e valutato dalla Corte triestina, e chiede indebitamente a questa Corte un diretto confronto con le fonti di prova e l’intrusione nel merito, fra l’altro sulla base di elementi probatori indiretti (la citata sentenza del Tribunale di Roma) di cui non viene neppure specificato se e quando siano stati sottoposti al contraddittorio nel giudizio di merito.
2.2. Quanto alla mancanza di precisi riferimenti alla vicenda personale si è detto supra nel p. 1.3.
3. Con il terzo motivo proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5 il ricorrente lamenta omesso esame circa un fatto decisivo ed essenziale in punto richiesta permesso umanitario.
3.1. Secondo il ricorrente non era stato tenuto conto del percorso di integrazione seguito dal richiedente asilo, da cui risultava la prosecuzione dell’attività lavorativa, documentata da contratto di assunzione a tempo determinato e busta paga; sussisteva inoltre una situazione di vulnerabilità personale sotto l’aspetto della compressione sotto il nucleo ineliminabile della privazione dei diritti umani.
3.2. Al proposito la Corte di Trieste ha evidenziato che il percorso di integrazione sociale era sfornito di prova e che il rapporto di lavoro a tempo determinato era ormai scaduto e che d’altra parte non erano emerse particolari condizioni di fragilità soggettiva del richiedente asilo.
A tali valutazioni il ricorrente contrappone solo una genericissima contestazione, priva di qualsiasi concretezza, e l’assunto, suffragato dal doc. 11 circa un attuale inserimento lavorativo, senza neppure allegare di aver effettuato tempestivamente tale produzione nel giudizio di merito.
4. Il ricorso deve quindi essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato a rifondere le spese all’Amministrazione controricorrente, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile, il 28 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019