Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.23772 del 24/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13397/2018 proposto da:

A.Z., elettivamente domiciliato in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, piazza Cavour, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Fattori, giusta procura speciale per atto separato;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 02/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- A.Z., cittadino pakistano, ha presentato ricorso avanti alla Corte di Appello di Trieste avverso l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. del Tribunale di Trieste del 12 maggio 2017 che, facendo seguito alla decisione assunta dalla Commissione territoriale di Gorizia, ha respinto la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria), come pure quella relativa al riconoscimento del diritto al permesso per ragioni umanitarie.

Con sentenza depositata il 2 marzo 2018, la Corte giuliana ha respinto l’appello così presentato, rilevando, in particolare, che il racconto delle ragioni di espatrio del richiedente risulta generico, inverosimile e contraddittorio; che, comunque, nel Paese di origine del richiedente non sussiste un “pericolo concreto e reale di violenze o persecuzioni”; che, inoltre, il diritto alla protezione umanitaria non può essere riconosciuto per il solo fatto che il richiedente versi in non buone condizioni economiche.

2.- Avverso questa sentenza A.Z. propone ricorso, articolando due motivi di cassazione.

Il Ministero resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.- Il ricorrente censura la decisione della Corte di Appello: (i) col primo motivo, assumendo violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, posto che la Corte territoriale ha dato peso comunque decisivo alla valutazione di inattendibilità della vicenda narrata da ricorrente (anche con riferimento alla situazione di violenza generalizzata di cui al citato art. 14, lett. c.); (ii) col secondo motivo, assumendo violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 29 e 32 in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, non avendo la Corte territoriale tenuto conto che l'”atto di appello indicava gli elementi in fatto e in diritto che avrebbero giustificato l’accoglimento, se pure in via subordinata, della protezione umanitaria”.

4.- Il ricorso è inammissibile.

Il primo motivo di ricorso non si confronta, in particolare, con l’intero arco delle rationes decidendi svolte dalla sentenza impugnata là dove ha respinto le richieste di protezione internazionale. Lungi dal fermarsi alla valutazione di non credibilità della narrazione del richiedente, infatti, la Corte ha anche rilevato – richiamandosi alle “notizie COI in atti e a quelle reperite sui siti EASO e RLword” – che, nell’attuale, il Paese di origine del medesimo richiedente non risulta caratterizzato da situazioni di violenza indiscriminata e generalizzata, così pure assolvendo al compito assegnato dalla norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.).

Il secondo motivo non ingloba in sè stesso gli specifici “elementi in fatto e in diritto” che, secondo l’assunto che viene ivi formulato, avrebbero condotto all’accoglimento della protezione umanitaria. I passi in questione non vengono ritrascritti; nè dal contesto complessivo del motivo risulta desumibile quali questi fossero: il corpo del motivo non andando oltre l’enunciazione di assunti di mero genere e di tratto solo potenziale (“gli elementi raccolti inducono a ritenere che il paese viva situazioni d’ordine generale che si traducono necessariamente in potenziali gravi rischi all’incolumità dei cittadini o alla loro esposizione a comportamenti gravemente degradanti”).

5.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.100,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi).

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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