LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7911/2013 R.G. proposto da:
MIELGEL S.R.L. in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Pia Maria Berruti del Foro di Roma, presso il cui studio sito in Roma, Via Condotti n. 91 è
elettivamente domiciliata;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 298/50/2012, pronunciata il 17.9.2012 e depositata il 25.9.2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29.4.2019 dal Consigliere Dott. Giuseppe Saieva;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Sentiti gli avvocati Pia Maria Berruti per la società ricorrente e Paola Zerman per la controricorrente, che insistevano nelle rispettive richieste;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Mielgel S.r.l. esercente attività di commercio all’ingrosso di prodotti della pesca congelati, surgelati, conservati secchi, ha proposto ricorso per cassazione, fondato su due motivi, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 298/50/12 del 17.9.2012, depositata il 25.9.2012, che ne aveva respinto l’appello nella controversia concernente l’avviso di accertamento relativamente alle imposte IRES, IRAP ed IVA per l’anno 2006. Nei giudizi di merito la contribuente aveva dedotto di aver presentato tardivamente la dichiarazione per l’anno 2006, anno in cui aveva subito una perdita d’esercizio e per il quale era titolare di un credito IVA, per cui nessun danno sarebbe derivato all’Erario.
2. L’agenzia delle entrate, ritualmente intimata, resiste con controricorso.
3. La società ricorrente depositava memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “omessa, contraddittoria e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, lamentando in particolare che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe errato nella parte in cui ha confermato la legittimità della sentenza di primo grado, adducendo una motivazione contraddittoria e/o insufficiente omettendo di esaminare o ritenendo comunque inutilizzabili i documenti depositati dalla ricorrente fin dal primo grado di giudizio. Comunque la decisione impugnata non sarebbe sufficientemente motivata non emergendo “in modo esplicito il processo cognitivo tale da far comprendere il passaggio dallo stato di ignoranza iniziale del giudicante allo stato finale del giudizio”.
1.2. Detta censura è inammissibile.
1.3. La sentenza d’appello impugnata è stata infatti depositata dopo l’11.9.2012, talchè dovendosi applicare al presente giudizio il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i motivi non sono conformi alla nuova formulazione della norma appena citata, applicabile ratione temporis, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo ossia che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (cfr. Cass. 8053/2014; Cass. 21152/2014).
1.4. Nel caso di specie la ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato), ma si è limitata a contestare le conclusioni cui era giunta la C.T.R. in relazione alla legittimità dell’accertamento dell’Ufficio finanziario ed alla utilizzazione dei documenti prodotti, contrapponendovi inammissibilmente valutazioni personali in ordine alle risultanze istruttorie.
2. Con il secondo (ed ultimo) motivo di impugnazione (erroneamente indicato con il numero 3) la ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione di una norma di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3”, lamentando che la C.T.R. avrebbe errato “in punto di diritto” nel richiamare i dati contenuti negli studi di settore, relativi al triennio 2005-2006-2007, valutando correttamente i dati relativi ai primi due anni, ma attingendo erroneamente per l’anno 2007 ai dadiriportati nella “nota Integrativa” del bilancio 2007.
2.1. Anche tale censura è inammissibile.
2.2. La ricorrente, infatti, pur denunciando, un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di legge, non ha specificamente indicato nè la disposizione normativa che sarebbe stata violata, nè quali affermazioni in diritto della sentenza impugnata si porrebbero in contrasto con le disposizioni che regolano la fattispecie in esame.
2.3. Invero le doglianze della ricorrente tendono a sollecitare una rivalutazione delle questioni di merito già esaminate nei precedenti gradi di giudizio attraverso un nuovo e diverso apprezzamento delle prove acquisite, inammissibile in sede di legittimità.
3. Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso con conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio. Sussistono i presupposti per il versamento da parte della società medesima dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in 7.000,00 Euro, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 29 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019