LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
V.BESANA S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Lungotevere Michelangelo n. 9 presso lo studio degli Avv.ti Manfredi Manfredonia e Sergio Manfredonia che la rappresentano e difendono per procura a margine del ricorso.
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
– resistente –
avverso la sentenza n. 388/48/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, depositata il 12.11.2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15.05.2019 dal Consigliere Dott. Crucitti Roberta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De Matteis Stanislao che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbiti i restanti;
udito per la ricorrente l’Avv. Sergio Manfredonia.
FATTI DI CAUSA
La società V.BESANA S.p.a. ricorre, affidandosi a cinque motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania (d’ora in poi C.T.R.), rigettandone l’appello, aveva confermato la decisione di primo grado di rigetto del ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento, relativo a IRES e IRAP dell’annualità 2004, con il quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione quote di ammortamento per impianti ed immobili, la cui deducibilità non era stata riconosciuta per mancata esibizione delle fatture di acquisto.
In particolare, il Giudice di appello fondava la sua decisione sulla considerazione secondo cui la contribuente avrebbe dovuto conservare le fatture per tutto il periodo di ammortamento, mentre nulla aveva fatto per reperirle anche presso le emittenti.
L’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine della partecipazione alla pubblica udienza.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.11 primo motivo di ricorso, con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 la nullità della sentenza per omessa motivazione in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp att., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ovvero anche all’art. 360 c.p.c., n. 5 per quanto attiene al processo tributario, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, è infondato. In particolare, con il mezzo di impugnazione, la ricorrente, premesso che al processo tributario sembrerebbe non applicarsi la modifica apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 5, all’art. 360 c.p.c., comma 1, eccepisce che la motivazione della sentenza impugnata sia tanto scarna da non fare comprendere le ragioni della decisione e risultare, pertanto, del tutto omessa.
1.1 Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 07/04/2014, ritenuto che “le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, non ha connotazioni di specialità”, hanno affermato il seguente principio di diritto: “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.
Per altrettanto consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., tra le recenti, Cass. n. 9105 del 07/04/2017 e Cass. n. 16057 del 18/06/2018) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento nonchè quando il giudice di appello abbia sostanzialmente riprodotto la decisione di primo grado, senza illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere tutti i motivi di gravame, limitandosi a manifestare la sua condivisione della decisione di prime cure.
Nel caso in esame, la C.T.R., sia pure con motivazione estremamente sintetica, ha reso esplicite le ragioni per le quali ha inteso rigettare l’appello, ovvero l’obbligo, inevaso, in capo alla contribuente alla conservazione delle fatture per tutto il periodo di ammortamento al fine della giustificazione dei costi.
2 II secondo motivo (articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) è inammissibile, in quanto la ricorrente non specifica quando e come i fatti, il cui esame sarebbe stato omesso dalla C.T.R. (ovvero la produzione di parte delle fatture e la discordanza tra quanto recuperato dall’avviso di accertamento rispetto a quanto evideinziato nel p.v.c.), abbiano trovato rituale e tempestivo ingresso nel processo.
3 E’, invece, fondato il terzo motivo con assorbimento del quarto e del quinto. La ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 laddove la C.T.R. non aveva tenuto conto dell’eccezione della ricorrente sulla circostanza che l’avviso di accertamento fosse stato emesso e notificato a soli 18 giorni dalla chiusura del p.v.c., senza che fossero state neppure indicate eventuali ragioni di urgenza.
3.1. In materia sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 18184 del 2013, hanno statuito il seguente principio: ” In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”.
3.2. La sentenza impugnata, pur avendo dato atto dell’eccezione, formulata dalla contribuente, in ordine all’eccepita violazione del termine dilatorio fissato dal citato art. 12, decidendo la controversia nel merito della pretesa fiscale, l’ha implicitamente rigettata, violando, così, la normativa di riferimento, come interpretata da questa Corte.
3.3. Ne consegue, in accoglimento del solo terzo motivo, rigettati i primi due e assorbiti i restanti, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di merito il quale provvederà al riesame, accertando in fatto l’effettiva violazione del termine fissato dal citato art. 12 e l’assenza o meno di ragioni di urgenza, e regolerà le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo;
in accoglimento del terzo motivo, assorbiti il quarto e il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2019.
Depositato in cancelleria il 25 settembre 2019