LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7395/2017 R.G. proposto da:
A2A s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, sia congiuntamente che disgiuntamente dall’Avv. Enrico Pauletti e dall’Avv. Rosamaria Nicastro, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Crescenzio n. 14, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 4740/2016 depositata il 19 settembre 2016.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 giugno 2019 dal Consigliere Luigi D’Orazio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso udito l’Avv. Rosamaria Nicastro, per la società ricorrente, e l’Avv. Giammario Rocchitta, per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1.La A2A s.p.a., presentava istanza di rimborso il 21-12-2012 rilevando che aveva acquisito negli anni 2002 e 2003 una partecipazione nella società svizzera ATEL (Aar e Ticino SA di Elettricità), che nel 2006 prima e, in particolare, nel 2007, la Motor Columbus AG (poi denominata Atel H holding), socio di controllo di Atel, nell’ambito di una operazione di ristrutturazione societaria, aveva portato a termine una offerta pubblica di scambio (*****) in favore degli azionisti, volta a scambiare le azioni Atel, degli azionisti di minoranza (tra cui la A2A, prima AEM), con nuove azioni Motor Columbus, che la A2A, nonostante la sua ferma opposizione, era stata costretta ad aderire all'*****, scambiando le proprie azioni Atel (società operativa) con azioni Atel H (società holding di partecipazioni), entrando in possesso di un capitale della Holding Atel H, a sua volta divenuta proprietaria del 100% del capitale sociale di Atel (poi chiamata Alpiq), pari al 6,44% di Atel H Holding (poi chiamata Alpiq H), poi sceso al 5,146%.
La contribuente cedeva, quindi, la sua quota nella Holding Alpig H, con partecipazioni in 200 società, e fiscalmente residente nel cantone svizzero di *****, incluso nei paesi Black list, il 31-5-2010, a tre società svizzere per Euro 306.105.045,00, cagionando una minusvalenza di Euro 198.177.966, rispetto al costo fiscalmente riconosciuto di Euro 504.283.041, pur dinanzi ad una plusvalenza civilistica di Euro 210.000.000 circa, a fronte del valore di bilancio civilistico di Euro 90.552.316. Pur non ricorrendo tutti i presupposti per la sussistenza della cessione in regime di participation exemption, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, commi 1, 2 e 5, quindi con possibilità di deducibilità della “minusvalenza” di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1, solo a livello prudenziale la contribuente, pur avendo proposto invano interpello per la disapplicazione dell’art. 87, comma 5, non aveva dedotto la minusvalenza ed aveva poi chiesto il rimborso di quanto versato in eccedenza (Euro 54.498.949,99, pari al 27% di Euro 198.177.997).
2. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dalla società avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale, che aveva respinto il ricorso della contribuente, evidenziando che l’appello non era connotato di sufficiente specificità ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, che il D.P.R. n. 916 del 1986, art. 87 comma 5, non era norma antielusiva, ma sostanziale, che non sussistevano le condizioni per qualificare la partecipazione in Alpiq H come *****, non essendovi i requisiti per la deducibilità della minusvalenza.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società.
4. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate, depositando anche memoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione la società deduce “nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto, in modo contraddittorio, il giudice di appello, dapprima ha affermato che il gravame era inammissibile per difetto di specificità dei motivi ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e, successivamente, ha deciso il merito della controversia, rigettando l’appello.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la società deduce “nullità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto, in realtà, il gravame era fornito della sufficiente specificità, come emerge dal contenuto preciso dei motivi di appello riportati e trascritti nel ricorso per cassazione.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la società si duole della “nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto la motivazione della sentenza del giudice di appello è del tutto contraddittoria, avendo la Commissione regionale affermato che non si ravvisavano le “condizioni per qualificare la partecipazione in Alpiq H come *****”, ma poi, anzichè accogliere l’appello, in quanto non sussistendo i presupposti per la ***** ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 87, comma 5, era ineludibile la conseguenza della possibilità di dedurre la minusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1, si è pronunciata, in modo del tutto contraddittorio, per il rigetto dell’appello.
4. Con il quarto motivo di impugnazione, in via subordinata, solo “nell’ipotesi in cui la sentenza non dovesse essere considerata nulla, e per mera completezza”, la società censura la statuizione nel merito, deducendo “l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 5 e art. 101 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis (vigente ratione temporis) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. non avendo l’art. 87, comma 5, natura sostanziale, ma essendo una disposizione antielusiva, volta ad evitare che, attraverso l’interposizione (tra socio e società partecipata) di una holding, possano essere elusi i requisiti di cui all’art. 87, comma 1, lett. c e d. Occorre, quindi, individuare l’esistenza dei requisiti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, non in capo alla holding, ma in capo alla partecipate della holding, come appunto prevede, con finalità antielusiva l’art. 87, comma 5. Tale disposizione, allora, può essere disapplicata, con la verifica dei requisiti di cui all’art. 87, non in capo alle partecipate, come prevede il comma 5, ma in capo alla holding. La società è stata costretta a partecipare alla offerta pubblica di scambio (OPS del 200), sicchè i temuti effetti elusivi non potevano in alcun modo verificarsi, sicchè i presupposti della ***** ex art. 87 Tuir devono essere valutati in capo alla holding (Alpiq H).
5. Con il quinto motivo di impugnazione la società si duole della “illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 87 t.u.i.r., comma 5 e dell’art. 101Tuir, nonchè del Trattato sull’Unione Europea, art. 5, par. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto, anche nell’ipotesi di mancata disapplicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 5, quindi con la necessità di tenere conto ai fini della qualificazione della cessione della partecipazione quale ***** della sussistenza dei requisiti di cui all’art. 87 Tuir, comma 1, lett. c e d, in capo alle società partecipate, e non alle holding, che il valore di cui all’art. 87 Tuir, comma 5, in ordine al patrimonio sociale, deve essere individuato, non nel valore “corrente” ed “effettivo”, ma del valore “contabile”, fiscalmente riconosciuto, che presente minori margini di incertezza nella sua determinazione. Inoltre, quanto ai valori contabili, dal prospetto prodotto emerge che delle società partecipate dalla Alpiq H holding, circa 200, quelle aventi sede in paesi black list erano numericamente la maggioranza fra tutte le società partecipate, con una percentuale del 64%, a fronte del 34% delle stesse che, avevano, invece, sede in paesi non black list, con la conseguente inapplicabilità della ***** e, per l’effetto, la piena deducibilità della minusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1.
5.1. Il primo motivo è infondato.
5.2. Invero, la Commissione regionale ha fondato il rigetto dell’appello proposto dalla società su una doppia ratio decidendi: dapprima ha affermato che l’appello era inammissibile per violazione dell’obbligo di specificità dei motivi; ma successivamente ha anche esaminato il merito del gravame, pronunciando una sentenza di rigetto dell’impugnazione, come risulta dal dispositivo. Non vi è, dunque, contraddittorietà della decisione, tale da renderla meramente apparente, ma solo l’enucleazione di una duplice ratio decidendi, che ha imposto alla società di impugnarle entrambe (Cass., sez. un., 24469/2013).
Effettivamente la società ha impugnato sia la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 (con il secondo motivo) sia la motivazione della sentenza sotto il profilo della motivazione apparente (con il terzo motivo).
5.3. Il secondo motivo è fondato.
Invero, la ricorrente ha correttamente riportato i motivi specifici formulati con l’atto di appello, superando così la decisione di inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi di impugnazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.
Peraltro, per questa Corte, nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito – nella specie, in applicazione del principio, la S. C. ha annullato la decisione impugnata che aveva ritenuto inammissibile l’appello, per la mancanza di critica alla motivazione della pronuncia di primo grado, pur avendo il ricorrente riproposto i motivi d’opposizione all’atto impositivo evidenziando la correlazione degli stessi con la documentazione prodotta che ne specificava la valenza, con conseguente possibilità per il giudice del gravame di individuare con chiarezza il contenuto delle censure – (Cass., 23 novembre 2018, n. 30525).
6. Il terzo motivo, che va esaminato preliminarmente per ragioni logiche, è fondato. Invero, del tutto contraddittoria ed anche palesemente priva di ogni aspetto argomentativo è la motivazione del giudice di appello, in ordine al rigetto nel merito del gravame, laddove analizza il rapporto tra la sussistenza dei requisiti della participation exemption di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87 commi, 1 2, e 5 e la possibilità di dedurre la minusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1.
7. Per comprendere la fattispecie è opportuno riportare il contenuto dell’art. 87 Tuir, comma 1, lett. d, il quale prevede che “non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95% le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell’art. 86, commi 1, 2 e 3, relativamente ad azioni o quote di partecipazioni in società ed enti indicati nell’art. 5, escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate, e nell’art. 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti:…a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione…; b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso; c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato… d) esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55.
Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 2, prevede, poi, che “I requisiti di cui al comma 1, lett. c) e d), devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso”.
7.2. La questione, nella specie, attiene alla corretta individuazione del contenuto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 5, il quale dispone che “per le partecipazioni in società la cui attività consiste nell’assunzione di partecipazioni, i requisiti di cui al comma 1, lett. c e d, si riferiscono alle società indirettamente partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante”.
7.3. Strettamente connessa a tale disposizione è, poi, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1, in base al quale “le minusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi da quelli indicati nell’art. 85, comma 1 e nell’art. 87, determinate con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze, sono deducibili se sono realizzate ai sensi dell’art. 86, comma 1, lett. a e b e comma 2”.
8. Pertanto, è evidente, in base al contenuto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1, che, solo nel caso in cui non si sia in presenza di operazioni connotate da plusvalenze esenti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87 (***** – participation exemption), è possibile la deducibilità delle minusvalenze. Al contrario, ove sussistano tutti i requisiti per la ***** ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 87, comma 1 (ininterrotto possesso delle azioni o delle quote; classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso; residenza fiscale della società partecipata in uno Stato diverso da quelli di cui alla black list; esercizio da parte della società partecipata di una impresa commerciale) le plusvalenze non sono tassabili e, allo stesso modo, le minusvalenze non sono deducibili.
9. Nella specie, la A2A, ossia la AEM fusa nel 2008 nella ricorrente, aveva in origine, negli anni 2002 e 2003, una partecipazione nella Atel (società operativa), pari al 5,7%, società svizzera, quotata in borsa. Nel 2006 la Motor Columbus AG, socio di controllo della Atel, aveva iniziato una operazione di ristrutturazione societaria, procedendo ad una offerta pubblica di scambio (OPS), senza esito. L’anno successivo la nuova OPS, con l’obiettivo di acquisire le azioni Atel ancora nella titolarità degli azionisti di minoranza (tra cui la AEM), aveva costretto la contribuente ad acquistare le azioni della Atel H (società holding di partecipazione), mentre la Motor Columbus aveva acquisito il 100% delle azioni Atel. La A2A, quindi, deteneva, in quel momento il 6,44% delle azioni della holding Atel H, poi giunta nel 2009 al 5,146%. La Atel H è stata chiamata successivamente Alpiq H, con gestione delle partecipazioni in circa 200 società, mentre la Atel è stata denominata Alpiq. La A2A, per ridurre l’indebitamento del proprio gruppo, ha deliberato nel piano industriale 2010-2014 la dismissione della partecipazione in Alpiq H, con la successiva cessione delle azioni Alpiq H a tre società svizzere, per il corrispettivo di Euro 306.105.045,00. Poichè, però, il costo fiscalmente riconosciuto di tale partecipazione era di Euro 504.283.041, la minusvalenza (quindi con valore negativo) era di Euro 198.177.966,00 (Euro 504.283.041 – il prezzo di cessione per Euro 306.105.045,00). La A2A non ha inteso dedurre immediatamente la minusvalenza, ha proposto interpello per chiedere la disapplicazione del D.P.R. n. 917 del 1987, art. 87, comma 5, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 9. Solo successivamente la contribuente ha avanzato richiesta di rimborso della somma di Euro 54.498.949,00 pari al 27% (aliquota Ires) della minusvalenza di Euro 198.177.997,00.
Sia in primo grado che in appello la società ha dedotto che l’art. 87, comma 5, era norma antielusiva, sicchè doveva essere disapplicata, in modo tale che i requisiti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, per conseguire la ***** dovevano sussistere non in capo alle controllate dalla holding (nella specie la Alpiq H), come prevede l’art. 87, comma 5, ma in capo alla holding stessa. La Alpiq H non soddisfaceva tali requisiti, in quanto aveva la residenza fiscale in uno Stato black list, sicchè la cessione della partecipazione non rientrava nel regime di *****, con la conseguenza che la minusvalenza ben poteva essere dedotta ai sensi dell’art. 101 Tuir, comma 1.
Altra doglianza, presentata sia in primo che in secondo grado, atteneva all’applicazione dell’art. 87, comma 5, inteso come “norma sostanziale” e non norma “antielusiva”, con la necessità di verificare i requisiti ***** in capo alle società controllate dalla holding. In tal caso, però, il valore della partecipazione non doveva avvenire a valori “effettivi” o “correnti”, ma in base ai valori “contabili”. Le partecipate, infatti, erano per la maggior parte in paesi black list, sicchè non sussistevano neppure per esse i requisiti della *****, con conseguente possibilità di deduzione della minusvalenza ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101.
10. Dinanzi a questa complessa operazione commerciale la Commissione regionale ha reso una motivazione, non solo del tutto contraddittoria, ma addirittura apparente, non avendo in alcun modo esplicitato l’iter argomentativo che l’ha portata a rigettare l’appello formulato dalla contribuente.
Invero, il giudice di appello ha affermato che “non si ravvisano le condizioni per qualificare la partecipazione in Alpiq H come *****”. Tale motivazione, invece, avendo escluso la sussistenza delle condizioni per usufruire del regime *****, quindi quelle di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, avrebbe proprio consentito la deducibilità della minusvalenza. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 1, infatti, consente la deducibilità delle minusvalenze, solo nella ipotesi in cui ci si riferisca a beni relativi all’impresa, “diversi da quelli indicati… nell’art. 87… “.
La motivazione, come si vede, è intrinsecamente contraddittoria, in presenza di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053).
La Commissione regionale, poi, aggiunge, che “i dati forniti non appaiono sufficienti a chiarire l’effettiva esistenza, in capo alla società appellante, tutti i requisiti previsti dalla norma”.
Tale espressione è del tutto incongrua e non indica in alcun modo il ragionamento effettuato dal giudice di appello, per giungere, eventualmente (in quanto l’appello della società è stato rigettato), alla conclusione che la cessione della partecipazione nella holding (Alpiq H) si collocasse all’interno del regime ***** di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 5, con esclusione, dunque, della deducibilità della minusvalenza, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101.
11. I motivi quarto e quinto sono assorbiti, in quanto la ricorrente li ha proposti solo in via subordinata, in caso di mancato accoglimento dei precedenti motivi (cfr. pag. 44 del ricorso per cassazione: “Questo patrocinio rileva, nell’ipotesi in cui la sentenza non dovesse essere considerata nulla, e per mera completezza, che la statuizione nel merito della questione ad opera dei secondi giudizi presuppone, comunque, in via logica, la previa verifica – ad opera di questi – della validità e sufficienza della istanza di rimborso….”).
13.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i motivi secondo e terzo di ricorso; rigetta il primo motivo; dichiara assorbiti i motivi quarto e quinto; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019