Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23900 del 25/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22288-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATUIZA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ COOPERATIVA DI SERVIZI MIRAMARE IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 15/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA, depositata il 15/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO GORI.

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 15/3/18 depositata in data 15.1.2018 la Commissione tributaria regionale della Calabria, rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 73/1/15 della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia, che aveva accolto il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento IVA e II.DD. 2007 emesso nei confronti della Società Cooperativa di Servizi Miramare in liquidazione; la CTR confermava la decisione di primo grado, ritenendo nel caso di specie violato il contraddittorio endoprocedimentale ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi, e la contribuente non si è difesa restando intimata.

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta la nullità della sentenza per contraddittoria motivazione, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la CTR argomentato attraverso una motivazione del tutto generica, che non si attaglia alla fattispecie e in ultima analisi inesistente;

– Il motivo è infondato. Premesso che l’esistenza grafica della motivazione si evince dalla piana lettura della sentenza impugnata, dovendosi il mezzo meglio riferire alla deduzione di apparenza della motivazione, va ribadito che “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232); rammenta inoltre che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053);

– Nel caso di specie, la CTR espone succintamente ma compiutamente il fatto, dando conto del processo e del contenuto della decisione di primo grado, come pure dell’appello, incentrato sulla violazione o meno della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, cui la CTR dà una motivata risposta, esprimendo una chiara ratio decidendi, sfavorevole all’Agenzia, e tanto basta per escludere la mera apparenza della motivazione;

– Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (Statuto del Contribuente), poichè la CTR ha statuito l’invalidità dell’avviso di accertamento oggetto di lite a causa della sua emissione prima dello scadere del termine dilatorio previsto dalla disposizione legislativa evocata, benchè al di là del nomen juris seguito dall’Amministrazione, nessun accesso fosse intervenuto nel caso di specie;

– La censura è infondata. Va ribadito che: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endo-procedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.” (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n. 24823); e che: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (cd. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “non armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456 – 01);

– Nel caso di specie, è la stessa Agenzia ad affermare che l’avviso impugnato è stato emesso a seguito della redazione di un processo verbale definito d’accesso, come si legge sin da pag. 1 del ricorso: “venivano effettuati accessi mirati nei confronti dei singoli utilizzatori tra cui controparte”; è poi di per sè irrilevante quando argomenta l’Agenzia in ricorso, secondo cui l’incontro con il legale rappresentante, per come verbalizzato, è poi intervenuto presso i locali della direzione provinciale, ben potendo questa circostanza coesistere con la prima. Pertanto, in presenza di accesso espressamente ammesso dall’Amministrazione, doveva in linea di principio essere rispettato il termine dilatorio dello Statuto, art. 12, comma 7, per tutte le riprese, sia per II.DD. che per IVA, termine pacificamente non rispettato nel caso di specie.

– Nel caso in esame poi si deve aggiungere che, per costante interpretazione giurisprudenziale, tali ragioni specifiche di urgenza ai fini della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non possono consistere nell’imminenza della scadenza del termine di accertamento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5149 del 16/3/2016 – Rv. 639141 – 01), come pure erroneamente afferma la CTR, in contrasto con il richiamato consolidato orientamento summenzionato;

– La sentenza impugnata va dunque confermata, e al rigetto non segue il regolamento delle spese di lite, in assenza di costituzione della contribuente. La Corte dà atto che, data la soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019

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