Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.23966 del 25/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13369-2018 proposto da:

SAF SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati GIANPAOLO GALLO, ANTONINO BRANCATELLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1077/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il 27/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE CAPOZZI.

RILEVATO

Che:

la contribuente s.r.l. “SAF” propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR di Palermo, sezione staccata di Messina, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso una decisione della CTP di Messina, che aveva accolto l’impugnazione della società contribuente avverso una cartella di pagamento IRPEG ed ILOR 1995;

che la CTR aveva da un lato rilevato la tardività del ricorso di primo grado; dall’altro la definitività della cartella impugnata, siccome emessa a seguito di sentenza passata in giudicato.

CONSIDERATO

Che:

il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo, la contribuente prospetta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR, a differenza del giudice di primo grado, non aveva dato atto della mancata notifica dell’avviso di accertamento, costituente il presupposto della cartella di pagamento impugnata;

che, con il secondo motivo, la società contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, per non avere la CTR esaminato le censure da essa formulate in ordine all’avviso di accertamento prodromico della cartella di pagamento impugnata e per non avere la stessa rilevato che la stessa Agenzia delle entrate aveva ammesso che essa società non era debitrice di alcuna imposta; era infine assolutamente non documentata la tardività del ricorso da essa proposto avverso la cartella di pagamento anzidetta;

che l’intimata Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che il primo motivo è palesemente inammissibile, siccome non collegabile al contesto della sentenza impugnata, avendo quest’ultima:

-da un lato rilevato la tardività della notifica del ricorso proposto dalla contribuente in primo grado avverso la cartella di pagamento indicata in premesse, in quanto la cartella era stata notificata il 18 ottobre 2006, mentre il ricorso era stato notificato a mezzo raccomandata spedita l’8 febbraio 2007 e quindi ben oltre il termine di decadenza di giorni 60, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21;

– dall’altro rilevato che la cartella impugnata era stata emessa non sulla base di un avviso di accertamento, ma sulla base di una sentenza passata in giudicato;

che, pertanto, è inammissibile continuare a censurare nella presente sede di legittimità la mancata notifica dell’avviso di accertamento, che, secondo la contribuente, sarebbe stato posto a fondamento della cartella impugnata; invero la CTR ha chiarito che la cartella era stata emessa sulla base di una sentenza passata in giudicato e non sulla base di un avviso di accertamento; d’altra parte, avendo l’impugnazione avuto ad oggetto una cartella, non poteva consentirsi alla contribuente far valere vizi di un atto prodromico, quale sarebbe stato, in ogni caso, l’avviso di accertamento;

che anche il secondo motivo è inammissibile, siccome evidentemente scollegato rispetto al contesto della sentenza impugnata; invero anche con detto motivo la società contribuente ha illegittimamente reiterato censure riferite all’avviso di accertamento, di cui sopra, da ritenere atto prodromico rispetto alla cartella oggetto dell’impugnazione; inoltre, con il motivo in esame, la ricorrente ha contestato in modo del tutto generico quanto statuito dalla CTR circa la tardività del ricorso da essa proposto in primo grado avverso la cartella di pagamento, indicata in narrativa;

che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la contribuente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la contribuente al pagamento delle spese di giudizio nella misura di Euro 4.500,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la contribuente è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2019

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