Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.24023 del 26/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28089-2014 proposto da:

C.G., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato BALDASSINI ROCCO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 3091/2014 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO, SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 13/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

RILEVATO

Che con sentenza n. 3091/40/14 pubblicata il 13 maggio 2014 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone n. 89/10/10 con la quale era stato accolto il ricorso proposto da C.G. avverso l’avviso di accertamento n. ***** emesso nei suoi confronti dalla stessa Agenzia delle Entrate e relativo ad IRPEF, IRAP ed IVA per l’anno 2004 a seguito di determinazione di un maggior reddito di Euro 36.515,00. La Commissione Tributaria Regionale ha considerato che detto reddito era stato determinato con il raffronto fra quanto dichiarato e quanto risultante dagli studi di settore, e che la differenza fra i due dati era superiore al 30% indicato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione quale limite oltre il quale viene considerata incongruente la dichiarazione; la stessa Commissione Tributaria Regionale ha poi valutato generiche le motivazioni addotte dal contribuente a giustificazione della propria dichiarazione e insufficienti gli elementi oggettivi forniti.

Rilevato che C.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza lamentando, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62-bis e 62-sexies convertito in L. n. 427 del 1993, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e L. n. 212 del 2000, art. 7.

Rilevato che l’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente senza presentare difese ed al solo scopo di partecipare all’eventuale discussione della causa.

Considerato che il motivo di ricorso è infondato. Il ricorrente assume, infatti, che, ai sensi della normativa richiamata come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, il solo scostamento dagli studi di settore non è motivo sufficiente a determinare il reddito, dovendosi comunque tenere conto delle giustificazioni e motivazioni fornite dal contribuente in sede di contraddittorio. Nel caso in esame il ricorrente aveva motivato il reddito da lui dichiarato affermando che la propria impresa era inattiva dal 2002 e che l’unico lavoro svolto nel 2004 era costituito dalla costruzione di un fabbricato bifamiliare per i propri familiari, e il giudice dell’appello non aveva affatto considerato tale decisiva circostanza.

Va considerato che la Commissione Tributaria Regionale, oltre a richiamare il criterio quantitativo dettato da questa Corte in materia di accertamento tramite gli studi di settore e secondo il quale va considerato incongruo il reddito che si discosta oltre il 25-30% da quello considerato dagli stessi studi e, nel caso in esame, la differenza fra i due redditi è di molto superiore al 30%, ha anche sinteticamente considerato generiche le motivazioni e insufficienti gli elementi oggettivi forniti dal contribuente a giustificazione del proprio reddito sia in sede di contraddittorio sia in sede contenziosa. Tale valutazione non è censurabile in sede di legittimità ove può essere valutata solo la conformità a legge di quanto affermato dal giudice del merito. D’altra parte può anche considerarsi che l’avviso di accertamento impugnato e riportato nello stesso ricorso, fa riferimento ai dati oggettivi costituiti dal costo dei materiali impiegati, al costo per la produzione, alle spese per acquisto dei servizi ed alle spese per lavoro dipendente, valori che giustificano il giudizio espresso dal giudice dell’appello di incongruenza del reddito dichiarato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

Nulla sulle spese;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019

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