Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Sentenza n.24067 del 26/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1422-2019 proposto da:

P.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 120/5, presso lo studio dell’avvocato FERRUCCIO AULETTA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 169/2018 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 05/11/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/2019 dal Consigliere Dott. GIACINTO BISOGNI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Ferruccio Auletta.

RILEVATO

CHE:

1. La sezione disciplinare del C.S.M. con sentenza del 5.11.2018 ha condannato la dottoressa P.V. alla sanzione dell’ammonimento per effetto del riconoscimento della sua responsabilità nella commissione dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1 e art. 2, comma 1, lett. g) contestagli perchè, aveva posto in essere una grave violazione dell’art. 301 c.p.c., nella sua qualità di assegnataria della causa civile n. 2930/00 RG, pendente davanti al Tribunale di Viterbo, in quanto dopo aver trattenuto la causa in decisione all’udienza del 10.6.2010, concedendo alle parti i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali, con ordinanza del 28.10.2013 aveva rimesso la causa sul ruolo, fissando nuova udienza per il 27.11.2013, sull’erroneo presupposto per cui dovesse essere dichiarata l’interruzione del processo per la morte di uno dei difensori della parte convenuta avvenuta dopo il trattenimento della causa in decisione e la scadenza del termine di cui all’art. 190 c.p.c.

2. Con la citata sentenza la s.d. del C.S.M. ha respinto preliminarmente l’eccezione di tardività dell’esercizio dell’azione disciplinare rilevando che la Procura Generale aveva avuto notizia del fatto oggetto del capo di incolpazione solo in data 12 maggio 2016 al momento del deposito dell’esposto presentato dal legale rappresentante di una delle parti della causa in questione. Ha inoltre escluso che dovesse nella specie applicarsi il principio del nè bis in idem come sostenuto dalla difesa della d.ssa P. perchè il fatto oggetto dell’incolpazione per cui si controverte è diverso da quello per il quale era stata in precedenza condannata alla sanzione disciplinare della censura con sentenza n. 134/2016 relativa al contestato ritardo nel deposito di numerose sentenze, fra cui quella relativa al medesimo procedimento per cui si discute qui. Nel merito la s.d. del C.S.M. ha ritenuto irrilevante la circostanza della previa indisponibilità del fascicolo e la ritenuta necessità di compiere ulteriore istruttoria che aveva giustificato la ordinanza di rimessione sul ruolo. Nell’irrogare la sanzione, corrispondente al minimo edittale, dell’ammonimento la s.d. del C.S.M ha dato atto della laboriosità e dell’impegno dimostrati dalla d.ssa P. nel suo percorso professionale.

3. Contro tale decisione ricorre per cassazione P.V. con ricorso articolato in quattro motivi.

4. Con il primo motivo si contesta la mancata applicazione del principio del ne bis in idem e la mancanza di una effettiva motivazione al riguardo dato che la s.d. del C.S.M. ha ritenuto applicabile tare principio al capo b) della incolpazione nonostante esso investisse lo stesso fatto ascritto con il capo a).

5. Con il secondo motivo si contesta il mancato accoglimento dell’eccezione di tardività dell’azione disciplinare derivato dall’erroneo convincimento circa l’acquisizione della notizia del fatto ascritto in sede di azione disciplinare solo in data 12.5.2016 (al momento della presentazione dell’esposto alla Procura Generale nei confronti della d.ssa P.) laddove invece già in data 17.3.2014 il Presidente del Tribunale di Viterbo aveva notiziato la Procura Generale presso la Corte di Cassazione con missiva trasmessa per il tramite del Presidente della Corte di appello di Roma e in data 20.11.2015 all’esito del procedimento per liquidazione dell’indennizzo da irragionevole durata del procedimento la Corte di appello di Perugia aveva disposto che copia del decreto con il quale era stato definito il procedimento e nel quale si dava atto della avvenuta e poi contestata rimessione della causa sul ruolo fosse trasmesso al P.G. presso la Corte di Cassazione.

6. Con il terzo motivo si contesta che gli argomenti assunti dalla s.d. del C.S.M. per ritenere una grave violazione dell’art. 301 c.p.c. siano fondati. Rileva la difesa della d.ssa P. che l’evento interruttivo verificatosi dopo la chiusura della discussione davanti al giudice della causa rileva e produce effetto in caso di riapertura dell’istruttoria e nel caso di specie la causa è stata rimessa sul ruolo anche per consentire l’aggiornamento del danno risarcibile per l’inadempimento oggetto della controversia. La necessità di ulteriore attività istruttoria è stata dimostrata ex post, secondo la ricorrente, dal successivo svolgimento del processo che ha visto l’acquisizione agli atti di un accertamento tecnico preventivo e di una prova orale. Per altro verso si rileva da parte della ricorrente che la procura alle liti rilasciata dalla parte all’avvocato R.G., deceduto dopo il trattenimento in decisione della causa alla udienza del 10 giugno 2010, era una procura con mandato difensivo disgiunto e congiunto anche all’avv. Raffaele Versace e tale circostanza è stata completamente ignorata dalla s.d. del C.S.M. che ha immotivatamente ritenuto che con il mandato si era palesata in modo inequivocabile la volontà di consentire un esercizio disgiunto da parte dei difensori entrambi domiciliatari.

7. Infine con il quarto motivo di ricorso si censura la decisione della s.d. del C.S.M. per l’omessa valutazione, prescritta DAL D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, sulla rilevanza del fatto costitutivo dell’illecito disciplinare, valutazione cui la s.d. del C.S.M. era tenuta anche in mancanza di una esplicita richiesta di parte (Cass. civ. S.U. n. 6327/2012). Nel contesto della rilevata condotta disciplinarmente rilevante della mancata emanazione della decisione nel tempo esigibile il provvedimento di rimessione della causa sul ruolo del 28.10.2013 non ha avuto alcuna autonoma conseguenza negativamente apprezzabile per le parti in causa e in particolare per la parte vittoriosa che ha presentato l’esposto disciplinare e ha ottenuto la decisione in data 10 giugno 2014 ossia pochi mesi dopo la pronuncia del contestato provvedimento di rimessione della causa sul ruolo.

RITENUTO

CHE:

8. Il primo motivo è infondato. Il capo di incolpazione sub a) sì riferisce all’ipotesi specificamente indicata dall’art. 2, comma 1, lett. g) e cioè la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile. Diversamente il capo di incolpazione sub b) si riferisce all’ipotesi prevista nello stesso art. 2, comma 1 ma alla lett. d) per aver adottato provvedimenti dilatori della decisione. Come correttamente ha inteso la sezione disciplinare, al di là del riferimento alle diverse ipotesi di illecito disciplinare dei due capi di incolpazione, nella presente controversia è rimasta sanzionata la sola violazione dell’art. 301 c.p.c. in quanto ipotesi di illecito disciplinare estraneo alla causazione di ritardo nella trattazione e decìsìone della causa, restando invece quest’ultima e diversa condotta non più sanzionabile per applicazione del principio del ne bis in idem. Sebbene entrambi i capi di incolpazione si riferiscano anche allo stesso provvedimento quì ancora in contestazione essi si basano pertanto su un diverso contenuto di illecito disciplinare e ciò rende del tutto lineare la motivazione della sezione disciplinare contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente.

9. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Infatti ciò che rileva ai fini del decorso del termine oltre il quale l’esercizio dell’azione disciplinare è precluso perchè tardivo, è la notizia del fatto, della quale il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha conoscenza a seguito dell’espletamento di indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della Giustizia. Il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15 precisa inoltre che la denuncia è circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare tipica mentre in difetto di tali elementi la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare. Correttamente la Corte di appello ha rilevato che nella specie il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha avuto una notizia circostanziata del fatto costitutivo dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. g) solo attraverso l’esposto del 12 maggio del 2016, presentato dalla parte attrice del giudizio nel quale fu emessa l’ordinanza del 28 ottobre 2013, proprio perchè con tale esposto veniva prospettata la circostanza della rimessione della causa sul ruolo ipoteticamente in violazione dell’art. 301 c.p.c. mentre le segnalazioni cui fa riferimento la ricorrente (segnalazione del Presidente del Tribunale di Viterbo del 17 marzo 2014 e della Corte di Appello di Perugia del 20 novembre 2015) erano attinenti alla durata del procedimento e non al contenuto specifico della citata ordinanza 28.10.2013 di rimessione della causa sul ruolo sulla base del quale è stato poi formulato il capo di incolpazione sub a).

10. E’ invece fondato il terzo motivo di ricorso perchè la Sezione disciplinare del C.S.M. per un verso ha ritenuto la violazione di legge costituente l’oggetto della incolpazione disciplinare nonostante l’ordinanza del 28 ottobre 2013 possa sicuramente essere interpretata implicitamente come un provvedimento interlocutorio circa la valutazione di rilevanza dell’evento interruttivo condizionata dalla necessità di un supplemento istruttorio diretto alla attualizzazione della determinazione del danno (cfr. Cass. civ. n. 7789 del 17 maggio 2012). Supplemento istruttorio che è stato effettivamente svolto nella fase processuale successiva alla ordinanza in contestazione. Nè per altro verso la Sezione disciplinare ha valutato che in questa prospettiva la decisione della rimessione in istruttoria ai fini della dichiarazione di interruzione è stata determinata anche dalla ritenuta opportunità di chiarire nel contraddittorio fra le parti il contenuto della procura rilasciata ai due difensori al fine di valutare la ricorrenza o meno della ipotesi interruttiva. Entrambe le valutazioni appaiono decisive ai fini della esclusione della violazione dell’art. 301 che costituisce il fondamento del capo di incolpazione.

11. L’accoglimento del terzo motivo consente la decisione nel merito con conseguente assoluzione di P.V. dall’incolpazione ascritta per essere rimasto escluso l’addebito e determina l’assorbimento del quarto motivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e secondo motivo, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito assolve P.V. dall’incolpazione ascritta per essere rimasto escluso l’addebito.

Dispone omettersi in caso di pubblicazione della presente sentenza l’indicazione del nome e di ogni altro elemento identificativo della ricorrente.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019.

 

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