LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –
Dott. CRICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8036/2015 proposto da:
E.L.N., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MAINETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato EFFIONG NTUK;
– ricorrente –
contro
WSO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE PELLERITO, FEDERICO PELLERITO;
– controricorrente –
e contro
CENTRO FORMAZIONE RIVOLI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 5092/2014 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 30/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 22/03/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta dall’Avv. E.L.N. nei confronti della WSO s.r.l. e del Centro Formazione Rivoli s.r.l., con cui chiedeva al Giudice di Pace di Torino la condanna dei convenuti in solido tra loro al pagamento della somma di Euro 1834,62 per le prestazioni professionali fornite in loro favore.
Il Giudice di Pace accoglieva la domanda unicamente nei confronti del Centro Formazione Rivoli s.r.l., rigettandola nei confronti della WSO s.r.l..
Il Tribunale di Torino, con sentenza del 26.06.2014, confermando integralmente la sentenza di primo grado, escludeva la responsabilità della WSO s.r.l., cessionaria dell’azienda, in quanto il debito per le prestazioni professionali del N. non risultava iscritto nelle scritture contabili obbligatorie.
Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso l’Avv. E.L.N. sulla base di due motivi.
Ha resistito con controricorso la WSO s.r.l., mentre il Centro Formazione Rivoli s.r.l. è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2560 c.c., per avere la corte territoriale escluso la responsabilità dell’azienda cessionaria dei debiti della società cedente nonostante il legale rappresentante delle due società fosse il medesimo e coincidessero le sedi delle due società, ragione per la quale sussisterebbe la prova della consapevolezza del cessionario dell’esistenza del debito da parte della cedente. Il ricorrente evidenziava, inoltre, la sussistenza di uno stretto vincolo di parentela tra C.G., liquidatore del Centro Formazione Rivoli s.r.l. e C.P., legale rappresentante della medesima società e della WSO s.r.l., cessionaria del credito. Dette circostanze avrebbero dovuto indurre il giudice d’appello ad una interpretazione estensiva dell’art. 2560 c.c., riconoscendo la responsabilità del cessionario dell’azienda per i debiti contratti dalla cedente anche in caso di mancata iscrizione nei libri contabili, al fine di assicurare piena tutela al creditore.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2560 c.c., in quanto, sulla base di un’erronea valutazione dei dati contenuti nelle scritture contabili, i giudici di merito avrebbero escluso la responsabilità del Centro Formazione Rivoli. Afferma il ricorrente di aver percepito degli “anticipi “, a seguito di un accordo per la rateizzazione del debito con il Centro Formazione Rivoli s.r.l., iscritti nelle scritture contabili della società cedente, sicchè la presenza di acconti giustificherebbe il suo diritto al saldo.
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, non sono fondati.
In caso di conferimento di azienda, sia essa di persone o di capitali, si verifica un fenomeno traslativo soggetto alla disciplina degli artt. 2558 c.c. e segg.: in virtù di tale trasferimento, l’alienante acquista la posizione di socio della società, ma, salvo che non risulti il consenso dei creditori, non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, ed è pertanto legittimato a contestarne l’esistenza, mentre la corresponsabilità del cessionario nei confronti dei creditori aziendali postula, quale elemento costitutivo essenziale, l’intervenuta annotazione dei debiti nei libri contabili obbligatori ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 2” (Cass. n. 21229/2006).
Orbene, l’art. 2558 c.c., stabilisce che, se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentri nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere personale; l’art. 2560 c.c., prevede poi che l’alienante non sia liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi abbiano consentito. Dei debiti suddetti risponde anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
A quest’ultimo riguardo, questa Corte ha precisato che “in caso di cessione di azienda, l’iscrizione dei debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e, data la natura eccezionale della norma (art. 2560 c.c.) che prevede tale responsabilità, non può essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta da parte dell’acquirente medesimo” (Cass., n. 22831/2010; in senso conforme Cass., n. 4726/2002).
La disposizione in questione è dettata non solo dall’esigenza di tutelare i terzi creditori, già contraenti con l’impresa e peraltro sufficientemente garantiti pure dalla norma di cui del medesimo art. 2560 c.c., comma 1, ma anche da quella di consentire al cessionario di acquisire adeguata e specifica cognizione dei debiti assunti, specificità che va esclusa nell’ipotesi in cui i dati riportati nelle scritture contabili siano parziali e carenti nell’indicazione del soggetto titolare del credito, non potendosi in alcun modo integrare un’annotazione generica delle operazioni mediante ricorso ad elementi esterni di riscontro (Cass., n. 23828/2012).
Ne consegue che la conoscenza effettiva dei debiti che incombono sull’azienda ceduta da parte dell’acquirente è irrilevante, se dette esposizioni non risultino nei libri contabili obbligatori; solo detta iscrizione, infatti, integra formalmente l’elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente medesimo rispetto ai debiti aziendali.
Il Tribunale di Torino, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, ha escluso che il debito nei confronti del N. risultasse dalle scritture contabili obbligatorie della società, anche a seguito di supplemento di istruttoria.
Il giudice d’appello ha, altresì, considerato il rapporto di parentela tra i legali rappresentanti delle due società e la coincidenza delle sedi della società cedente e cessionaria, ritenendola irrilevante ai fini dell’applicabilità dell’art. 2560 c.c., poichè le esposizioni debitorie nei confronti dell’Avv. N. non risultavano dai libri contabili obbligatori.
Il giudice d’appello, con accertamento insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto, ad abundantiam, che fosse sfornita di prova la circostanza della conoscenza del legale rappresentante della WSO s.r.l. del debito in questione, in quanto la documentazione era di provenienza di C.G. e non già di C.P. (pag. 4 della sentenza). Era, pertanto, irrilevante il rapporto di stretta parentela tra i medesimi, in assenza di ulteriori elementi di prova che non erano stati forniti nel giudizio di primo grado.
Il ricorso, pur censurando la violazione di legge, propone una diversa interpretazione delle risultanze istruttorie, anche con riferimento alle risultanze delle scritture contabili, attraverso un’inammissibile equiparazione dell’iscrizione del debito, richiesto dall’art. 2560 c.c., con la deduzione che l’iscrizione di anticipi in favore del N. darebbe diritto al saldo, in ragione di una asserita rateizzazione del suo credito con la società cedente.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 22 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019