LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24397/2015 proposto da:
AUTOMICHELANGELO DI F.C. E C. SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati DANIELE SPIRITO MICHELETTA TITA’, RODOLFO UMMARINO;
– ricorrente –
contro
SAN CARLO SERVIZI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato ROSA ALBA GRASSO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SALVATORE MORRONE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1626/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 14/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/03/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.
FATTI DI CAUSA
1.- La società Automichelangelo s.a.s. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Torino la società San Carlo Servizi s.r.l., deducendo di avere stipulato con la stessa un contratto di prestazione di servizi, in cui le prestazioni a proprio carico erano indicate in termini così vaghi e generici da renderne impossibile la determinazione, con conseguente nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c.. Ulteriore causa di nullità derivava, secondo l’attrice, ex art. 1355 c.c., dalla circostanza che la individuazione dell’oggetto del contratto fosse rimessa all’apprezzamento discrezionale di una delle parti. L’attrice dedusse ancora la nullità del contratto perchè esorbitante dai limiti del proprio oggetto sociale, in quanto, essendo essa un’impresa artigiana, non poteva prestare servizi commerciali, mentre il suo impegno contrattuale consisteva nel fornire “servizi di messa a disposizione di aree e servizi amministrativi di logistica”.
Il Tribunale adito, con sentenza del 18 giugno 2012, rigettò le domande, ritenendo sufficientemente determinato l’oggetto del contratto e la riconducibilità delle prestazioni ivi indicate all’attività di autorimessa, essendosi Automichelangelo impegnata a svolgere attività di ricovero veicoli del parco macchine della San Carlo Servizi ed attività accessorie di movimentazione e lavaggio. Inoltre rilevava la sentenza che nell’oggetto sociale dell’attrice era indicata anche l’attività di autorimessa oltre all’attività artigiana di riparazione meccanica di autoveicoli.
2.- La Corte d’appello di Torino, investita del gravame di Automichelangelo s.a.s., con sentenza del 3 agosto 2015 dichiarò inammissibile il gravame, rilevando che l’appellante aveva riproposto le domande respinte dal tribunale senza tener conto dello sviluppo motivazionale della sentenza di primo grado. La Corte ritenne mancanti nell’atto di appello i presupposti di cui all’art. 342 c.p.c., circa la specificità delle contestazioni.
3.- Per la cassazione della sentenza ricorre Automichelangelo sulla base di un unico articolato motivo. Resiste con controricorso la società San Carlo s.r.l..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unica, articolata censura si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la Corte di merito – come emergerebbe dal riferimento, contenuto nella sentenza impugnata, al “progetto decisionale alternativo che si dovrebbe prospettare” avrebbe ritenuto erroneamente applicabile nella specie, ratione temporis, il testo dell’art. 342 c.p.c., quale risultante dalla modifica operata con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che trova, in realtà, applicazione nei giudizi di appello introdotti con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, laddove l’atto di appello in questione era stato notificato il 23 luglio 2012. Contestata, dunque, la decisione della Corte territoriale, adottata, peraltro, in assenza di eccezione di controparte relativa alla violazione dell’art. 342 c.p.c., la ricorrente ripropone la tesi della nullità del contratto in questione, insistendo sulla indeterminatezza dell’oggetto dello stesso e sulla sua estraneità all’oggetto sociale della società Automichelangelo.
2. – La doglianza risulta priva di fondamento.
2.1. – E’ pur vero, come sottolineato dalla ricorrente, che nella specie trova applicazione l’art. 342 c.p.c., nella formulazione previgente alla riforma del 2012. E tuttavia, costituisce una mera illazione della ricorrente l’applicazione da parte della Corte di merito del nuovo testo dell’art. 342 c.p.c., fondata sull’adozione, nella motivazione della sentenza, della espressione “progetto decisionale alternativo che si dovrebbe prospettare”: una illazione indotta dalla considerazione che parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, a seguito della novella, hanno annoverato detto progetto alternativo di sentenza tra i presupposti dell’atto di appello. In realtà nel medesimo contesto la Corte ha utilizzato anche l’altra espressione “specificità delle contestazioni”, che evoca, invece, il testo previgente della richiamata disposizione codicistica. Senza considerare che anche detto testo sostanzialmente presuppone un progetto alternativo di sentenza là dove richiede un percorso logico diretto a smentire quello seguito dal giudice di primo grado per pervenire ad una diversa soluzione giuridica della controversia.
Ma soprattutto, mette conto considerare che anche nella precedente formulazione l’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi, imposto dall’art. 342 cit., integra una nullità che determina l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza impugnata, senza possibilità di sanatoria dell’atto a seguito di costituzione dell’appellato – in qualunque momento essa avvenga – e senza che tale effetto possa essere rimosso dalla specificazione dei motivi avvenuta in corso di causa (cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 16 del 2000; conf., ex aliis, Cass., sez. III, sentt. n. 12218 del 2003, n. 14489 del 2004).
2.2. – Per il principio della specificità dei motivi di impugnazione, richiesto dall’art. 342 c.p.c. (anche nella sua versione originaria), è sufficiente che l’appellante individui le statuizioni investite dal gravame e le censure mosse in concreto alla motivazione della sentenza di primo grado, accompagnandole con argomentazioni che contrastino con le ragioni addotte dal primo giudice e volte ad incrinarne il fondamento logico-giuridico, non essendo sufficiente un mero rinvio alle argomentazioni svolte nel precedente grado di giudizio. Non è necessario, invece, che gli errori attribuiti alla sentenza impugnata siano sorretti da nuovi argomenti, non esistendo una stretta correlazione tra la specificità dei motivi e la novità degli argomenti posti a sostegno di essi, che si collega alla scelta dell’appellante di completare ed integrare le difese (Cass. n. 22123/2009). La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, chiarito che la indicazione specifica dei motivi di appello, richiesta dall’art. 342 c.p.c., non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni poste a fondamento dell’appello, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione che possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di individuare il contenuto delle censure in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. n. 28057/2008; n. 17960/2007; n. 21745/ 2006).
2.3. – Nella specie, dall’esame degli atti, consentito nella presente sede essendo dedotto un error in procedendo, risulta che correttamente la Corte di merito ha escluso che le argomentazioni svolte in grado di appello dalla odierna ricorrente contrastassero le ragioni addotte dal giudice di primo grado attraverso una critica specifica delle sue statuizioni, fondate su di un consistente impianto motivazionale – basato sull’esame del contratto nonchè sui comportamenti delle parti – con riferimento sia all’oggetto dell’obbligazione di cui si tratta, individuato, attraverso l’esame del contratto, nello svolgimento di attività di ricovero veicoli del parco macchine della San Carlo Servizi s.r.l. e di attività accessorie, quali servizi amministrativi e logistica, movimentazione, lavaggio, messa a norma di veicoli, sia alla riconducibilità di tale obbligazione all’oggetto sociale della società ricorrente.
A fronte di tali conclusioni i motivi di appello svolti dalla Automichelangelo s.a.s. non contengono la prescritta censura specifica della ermeneusi del contratto operata dal primo giudice nè della ricomprensione, dallo stesso affermata, delle prestazioni dedotte in obbligazione all’oggetto sociale della odierna ricorrente 3. – In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, e la società ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 29 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2019
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