LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10623-2017 proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO ***** SRL, in persona del curatore Dott. B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORLANDO GUARDATI, 37, presso lo studio dell’avvocato FELICE FERRARA, rappresentata e difesa dall’avvocato RENATO FERRARA;
– ricorrente –
contro
SI.FRA. SRL in persona del Presidente del Cda F.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO, 56, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO PIZZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAN LUCA LAUDENZI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 55/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 26/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/05/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato BENEDETTA CORICELLI per delega;
udito l’Avvocato MARCELLO PIZZI;
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2009, la Socil S.r.l. convenne in giudizio la ***** S.r.l., della quale era creditrice, e la Sifra S.r.l., al fine di sentir dichiarare inefficace nei suoi confronti, ex art. 2901 c.c., il contratto di compravendita immobiliare intercorso tra le convenute.
Espose che in data 28.2.2007 la ***** aveva stipulato con la banca Trasimeno Orvietiano – Credito cooperativo un mutuo fondiario per Euro 420.000 per l’acquisto e l’ampliamento di un fabbricato artigianale; a garanzia del totale pagamento del suddetto mutuo, la ***** aveva concesso ipoteca per la somma complessiva di Euro 840.000 sugli immobili di cui era titolare; in data 18.7.2008 la Socil, stante il mancato pagamento di merce fornita negli anni 2006-2007, aveva notificato alla ***** decreto ingiuntivo poi divenuto definitivo; dopo aver inutilmente tentato di promuovere azione esecutiva nei confronti della ingiunta, la Socil aveva effettuato un’indagine patrimoniale dalla quale era emerso che la ***** aveva dismesso l’intero patrimonio, in quanto: i) in data 12.9.2008 aveva ceduto a Sifra S.r.l. l’immobile su cui gravava l’ipoteca, al prezzo di Euro 200.000 oltre iva, che l’acquirente dichiarava di pagare mediante accollo del mutuo; li) successivamente, aveva venduto a terzi il laboratorio artigianale, previdi consenso alla restrizione dell’ipoteca con liberazione di beni di cui alla vendita; da ulteriori indagini era emerso che la Sifra aveva come socio ed amministratore unico uno dei due soci della società alienante; il bene oggetto dell’atto in revocatoria era stato ceduto ad un prezzo inferiore della metà rispetto a quello di mercato, come risultava in modo incontrovertibile dal comportamento della banca mutuante, la quale aveva prestato consenso alla restrizione dell’ipoteca, iscritta per Euro 840.000, liberando il laboratorio artigianale ceduto a terzi, mostrando di ritenere che l’importo del mutuo che residuava all’atto di cessione *****/Sifra (Euro 220.000), fosse sufficientemente garantito dal valore del terreno, il quale quindi doveva essere maggiore rispetto a quello pattuito nella stessa cessione.
Si costituì in giudizio la Sifra S.r.l., chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto. In particolare, la convenuta eccepì l’insussistenza degli elementi della scientia decotionis, del consilium fraudis e dell’eventus damni. Evidenziò che l’azione non era di alcuna utilità per la massa dei creditori chirografari, rilevato che il congruo prezzo ricavato dalla cessione era sufficiente ad estinguere il solo debito ipotecario.
La ***** rimase contumace.
Il Tribunale di Orvieto, con sentenza n. 93/2012, accolse la domanda accertando l’effettiva sussistenza del pregiudizio alle ragioni creditorie, nonchè l’evidenza dell’elemento soggettivo dell’azione ex art. 2901 c.c., essendo stato il bene venduto ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto al suo valore e coincidendo nella stessa persona fisica le cariche delle società coinvolte nella vendita.
2. La decisione è stata riformata dalla Corte di Appello di Perugia con la sentenza n. 55/2017, depositata il 26 gennaio 2017.
La Corte di Perugia ha ritenuto che fosse insussistente la sproporzione tra il valore dell’immobile, risultante dalla CTU disposta in appello, ed il prezzo della vendita e che non fosse possibile ravvisare alcuna frode nel comportamento dell’alienante, atteso che il predetto corrispettivo consentiva di estinguere un credito bancario.
Inoltre, la Corte territoriale ha osservato che, anche laddove il corrispettivo fosse stato versato interamente in danaro, si sarebbe trattato pur sempre di una somma vincolata, con la conseguenza che i creditori chirografari non avrebbero comunque potuto soddisfare le proprie ragioni su di essa o, a monte, sul bene ipotecato.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione, sulla base di un unico motivo, la curatela del Fallimento *****, subentrata alla Socil S.r.l. nell’esercizio dell’azione revocatoria, al fine di assicurare l’assoggettabilità dei beni all’interesse della massa dei creditori.
3.1. Resiste con controricorso la Sifra S.r.l.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Il Fallimento lamenta la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la Corte di appello di Perugia erroneamente ritenuto inesistente l’eventus dammi e, conseguentemente per aver omesso ogni statuizione in ordine agli ulteriori elementi caratterizzanti l’azione revocatoria, perchè ritenuta assorbita dalla mancanza dell’eventus dammi”.
Erroneamente la torte di appello di Perugia avrebbe escluso il riconoscimento del pregiudizio dei creditori chirografari per effetto dell’atto dispositivo in contestazione, ritenendo che gli stessi creditori non avrebbero mai avuto alcuna possibilità di soddisfare i loro crediti sul bene ipotecato o sul prezzo della vendita, i quali avrebbero sempre continuato a garantire il solo debito nei confronti della banca mutuante. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’esistenza su un bene di un’ipoteca, anche qualora si presenti di entità tale da eventualmente, ove venga fatta valere, assorbire l’intero valore del bene, non escluderebbe di per sè la possibilità che l’alienazione costituisca eventus damni legittimante un creditore dell’alienante all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, posto che le iscrizioni ipotecarie potrebbero subire vicende modificative o estintive ad opera sia del debitore che di terzi.
Non potrebbe negarsi concreta efficace utilità ad una pronuncia di accoglimento della domanda laddove da essa, in presenza di tutti i presupposti, discenda la legittima ricostruzione del patrimonio del debitore ante disposizione. Nel caso specifico, la dichiarazione di inefficacia ex tunc della vendita porterebbe all’acquisizione del bene compravenduto nella disponibilità della massa dei creditori, con conseguente destinazione dello stesso al soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori fallimentari, compresi quelli dotati di privilegio speciale, che devono essere soddisfatti concorsuale, a condizione che venga presentata la domanda di cui alla L. Fall., art. 93 e che la stessa domanda superi il vaglio del procedimento di verifica dei crediti.
Sussisterebbero poi tutti i presupposti previsti dall’art. 2901 c.c. In particolare, sarebbe conclamata la participatio fraudis da parte della terza acquirente, considerato che l’amministratore unico della stessa, al tempo della cessione, era anche socio della cedente. La coincidenza nella stessa persona fisica di due cariche afferenti alle due società coinvolte nella vendita lascerebbe trasparire una volontà della venditrice, conosciuta all’acquirente, di pregiudicare le ragioni creditorie, convogliando un cespite immobiliare nella sfera giuridica di un soggetto solo formalmente distinto.
Il motivo è fondato.
E’ principio di questa Corte, cui il collegio intende dare seguito, che l’esistenza su un bene di un’ipoteca, a prescindere dalla consistenza della garanzia ipotecaria e anche qualora essa, in relazione al valore del bene, si presenti di entità tale da, ove venga fatta valere, potenzialmente assorbirlo, non integri, qualora il bene venga alienato, una situazione tale da escludere la possibilità di una connotazione dell’alienazione come eventus damni legittimante un creditore dell’alienante all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, atteso che la valutazione della idoneità dell’atto dispositivo ad integrare un eventus damni è naturalmente proiettata verso il futuro, cioè verso il momento in cui sul bene potrebbe essere fatta valere la garanzia patrimoniale, e, dunque, dev’essere in termini di potenzialità. Ne discende che, essendo proiettata verso il futuro anche l’incidenza della causa di prelazione connessa all’ipoteca, cioè sempre verso il momento in cui il creditore ipotecario la farà valere, l’incertezza1sia sull’an Sia sul quantum in cui in concreto essa potrà incidere sul valore del bene naturaliterricollegata alla circostanza che per le vicende del credito garantito la garanzia può venire meno o ridimensionarsi, evidenzia che l’atto dispositivo del bene ipotecato è comunque idoneo ad assumere a livello potenziale il carattere di eventus damni per il creditore non ipotecario (Cass. n. 11892/2016).
Pertanto ha errato la Corte di Appello di Perugia che ha escluso il riconoscimento del pregiudizio dei creditori chirografari per effetto dell’atto dispositivo in contestazione, ritenendo che gli stessi creditori non avrebbero mai avuto alcuna possibilità di soddisfare i loro crediti sul bene ipotecato o sul prezzo della vendita, i quali avrebbero sempre continuato a garantire il solo debito nei confronti della banca mutuante. Il giudice del merito, in sostanza, applicando il sopra esposto principio avrebbe dovuto effettuare un giudizio prognostico su un ipotetico riparto.
5. Pertanto la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, come in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Perugia anche per le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, come in motivazione, e rinvia la causa alla Corte di Appello di Perugia anche per le spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019