Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.24364 del 30/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9299-2014 proposto da:

PAGANO COSTRUZIONI LEGNO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 37, presso lo studio dell’avvocato STEFANO RECCHIONI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 29/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 20/01/2014 R.G.N. 378/2013.

RILEVATO CHE:

1. la Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 29 del 2014, in accoglimento dell’appello principale dell’INPS, respinto quello incidentale della Pagano Costruzioni in Legno SRL, dichiarava la legittimità dell’iscrizione a ruolo dei contributi (per Euro 258.816,95), delle somme aggiuntive e degli interessi di mora indicati nella cartella esattoriale n. *****, a titolo di recupero degli sgravi previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 8, commi 2 e 4, per il periodo dicembre 2002/marzo 2006;

1.1. la Corte territoriale, per quanto ancora interessa in questa sede, ha ritenuto che non fosse fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’I.N.P.S. e che, quanto alla legittimazione processuale, l’INPS si fosse costituito in giudizio “anche” quale mandatario della S.C.C.I. – Società di cartolarizzazione dei Crediti INPS SPA (di seguito, per brevità SCCI), ai sensi della L. n. 448 del 1998, art. 13 e per effetto di procura a rogito di notaio T. n. *****;

1.2. nel merito, ha escluso il diritto della società agli sgravi contributivi ex L. n. 223 del 1991 e ha ritenuto corretta l’applicazione delle somme aggiuntive e delle sanzioni civili, parametrata alla più grave fattispecie dell’evasione contributiva; a tale riguardo, ha osservato come la società, con mero intento elusivo e fraudolento, avesse creato un nuovo soggetto imprenditoriale – con assorbimento dell’attività di imprese giuridicamente preesistenti, facenti capo al medesimo gruppo proprietario, senza realizzare un incremento del numero dei dipendenti a tempo pieno ed indeterminato, operando nel medesimo settore merceologico- al solo fine di beneficiare indebitamente delle agevolazioni contributive di cui alla L. n. 223 cit.;

2. avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione, Pagano Costruzioni in Legno SRL, articolato in quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, l’INPS in proprio e quale procuratore speciale della SCCI; è rimasta intimata Equitalia Centro S.p.A..

CONSIDERATO CHE:

1. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione processuale (e quindi con violazione dell’art. 112 c.p.c.) relativa al difetto di legittimazione ad agire dell’INPS in proprio ex art. 81 c.p.c.;

1.1. secondo la parte ricorrente, pacifica la cessione dei crediti INPS, oggetto della cartella impugnata, alla SCCI, l’Istituto non avrebbe potuto agire a loro tutela, in difetto di valida procura rilasciata dalla società di cartolarizzazione;

2. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione processuale (e quindi con violazione dell’art. 112 c.p.c.) relativa alla mancata dichiarazione di inammissibilità della costituzione dell’INPS, quanto alla SCCI, per essere un mero rappresentante processuale volontario, quindi con violazione dell’art. 77 c.p.c.;

3. i motivi possono trattarsi congiuntamente, prospettando questioni intimamente connesse;

3.1. essi vanno, nel complesso disattesi, presentando profili di infondatezza e di inammissibilità;

3.2. deve ritenersi pacifico che l’INPS si sia costituito nei giudizi di merito “anche” quale mandatario della SCCI (cfr. ultimo cpv pag. 3 sentenza impugnata) e, dunque, sia in proprio che quale procuratore della SCCI;

3.3. in forza del disposto della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 13, comma 8, (relativa alla cartolarizzazione dei crediti INPS) si ha che: “Qualora successivamente alla trasmissione dei ruoli di cui al comma 6, i debitori promuovano, avverso il ruolo, giudizi di merito e di opposizione all’esecuzione ai sensi del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 2, commi 4 e 6, convertito con modificazioni dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, sussiste litisconsorzio necessario nel lato passivo tra l’Inps e il cessionario”;

3.4. la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra l’originario titolare (in questo caso, l’Inps) del credito ed il cessionario del credito (in questo caso la SCCI) (ex plurimis, Cass. n. 15041 del 2007; di recente, Cass. n. 4135 del 2018, in motiv.), fonda la legittimazione dell’INPS a resistere nel giudizio, a prescindere dal rapporto procuratorio con il cessionario; d’altronde, “la cessione e cartolarizzazione dei crediti Inps è una complessa operazione finanziaria, effettuata nell’interesse dell’Istituto, al fine di rendere più celere la riscossione dei crediti ceduti, ed alleviare così le difficoltà di bilancio dell’ente”; pertanto, “si tratta (…) di un affare proprio dell’ente, oltre che di una causa dell’ente” (in termini, Cass. cit. n. 15041 del 2007, p. 9);

3.5. i rilievi che afferiscono al difetto di legittimazione dell’INPS sono, dunque, infondati;

3.6. per il resto, nessun interesse apprezzabile (in quanto non dedotto) ha la parte ricorrente a far valere censure che attengono alla insussistenza di una valida procura (dell’INPS) ad agire in nome e per conto della SCCI, potendo conseguirne, in via di mera ipotesi, solo la contumacia della SCCI, la cui mancata dichiarazione non incide, comunque, sulla regolarità del contraddittorio e non comporta, quindi, alcuna nullità (Cass. n. 22918 del 2013), avendo l’INPS svolto una attività difensiva anche nel proprio interesse;

4. con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – è dedotta nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione processuale (e quindi con violazione dell’art. 112 c.p.c.) relativa alla dedotta impossibilità per l’avvocatura INPS di patrocinare soggetti terzi rispetto all’Istituto stesso;

4.1. l’esame della censura resta – evidentemente – assorbita dalle argomentazioni espresse in relazione ai precedenti motivi;

5. con il quarto motivo, è dedotta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e/o falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116; assume la parte ricorrente che, erroneamente, la Corte di appello avrebbe ritenuto integrata un’ipotesi di evasione contributiva, ricorrendo piuttosto la più favorevole ipotesi dell’omissione;

5.1. il motivo è infondato;

5.2. è ormai consolidato il principio secondo il quale perchè ricorra l’ipotesi dell’evasione contributiva, secondo la previsione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. a), è necessario che vi sia a) occultamento di rapporti di lavoro ovvero di retribuzione erogate; b) tale occultamento sia stato attuato con l’intenzione specifica di non versare i contributi o i premi, ossia con un comportamento volontario finalizzato allo scopo indicato;

il primo requisito sussiste non solo quando vi sia l’assoluta mancanza di un qualsivoglia elemento documentale che renda possibile l’accertamento della posizione lavorativa o delle retribuzioni, ma anche quando ricorra un’incompleta o non conforme al vero denuncia obbligatoria, attraverso la quale viene celata all’ente previdenziale (e, quindi, occultata) l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali dell’imposizione (ex multis, Cass. n. 6405 del 2017, relativa alla stipulazione di un contratto di lavoro a progetto privo dei requisiti prescritti dalla legge: la Corte ha ritenuto che una tale situazione implicasse occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi, con presunzione dell’esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti, salva la prova, a carico del datore di lavoro, dell’insussistenza dell’intento elusivo);

5.3. a tale principio si è attenuta la Corte di appello che, con giudizio di fatto in questa sede non validamente censurato, ha osservato come la società avesse creato un nuovo soggetto imprenditoriale – facente capo ad un gruppo familiare, già titolare di imprese giuridicamente preesistenti, senza realizzare un incremento del numero dei dipendenti a tempo pieno ed indeterminato, assorbendo le attività precedenti ed operando nel medesimo settore merceologico – al solo fine di beneficiare indebitamente degli sgravi contributivi di cui alla L. n. 223 del 1991, altrimenti non spettanti, e, quindi, con finalità meramente elusive della normativa impositiva;

6. conclusivamente, il ricorso va respinto, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza, in favore della parte controricorrente; nulla deve provvedersi nei confronti di Equitalia Centro Spa, non avendo svolto alcuna attività difensiva;

7. occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 8.000,00, per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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