LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14089/2018 proposto da:
BANCO DI NAPOLI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato RENATO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, LUCA CIRILLO;
– ricorrente –
contro
A.A., domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato SALVATORE PONTICELLI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1478/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/03/2018 R.G.N. 1521/2017.
RILEVATO
che:
1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 2.3.2018, rigettava il reclamo proposto dalla S.p.a. Banco di Napoli avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che, in sede di opposizione ai sensi della L. n. 92 del 2012, aveva confermato l’ordinanza di reintegra di A.A., emessa in relazione a licenziamento per giusta causa intimato al predetto il 12.4.2013;
2. di tale decisione ha domandato la cassazione il Banco di Napoli, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, l’ A.;
3. la società ricorrente ha depositato, in prossimità dell’adunanza, atto di rinuncia al ricorso per cassazione, che è stata notificata all’intimato.
CONSIDERATO
che:
1. la rinunzia al ricorso per cassazione non ha carattere cosiddetto accettizio, che richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali (Cass. 23 dicembre 2005, n. 28675; Cass. 15 ottobre 2009, n. 21894; Cass. 5 maggio 2011, n. 9857; Cass. 26 febbraio 2015, n. 3971) ma carattere recettizio;
2. l’accettazione della controparte rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo dell’art. 391 c.p.c., comma 2, che, in assenza di accettazione, la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese;
3. dell’art. 391 c.p.c., comma 4, prevede che, in caso di rinuncia, non è pronunciata condanna alle spese “se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente, o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale”;
4. nel caso in esame, non essendo intervenuta accettazione da parte dell’ A. in persona del suo difensore debitamente autorizzato, va dichiarata l’estinzione del processo, con regolamentazione delle spese in conformità a quanto previsto nel verbale di conciliazione in data 11.12.2018 richiamato nell’atto di rinunzia (è ivi convenuto, al punto 2, che “le spese relative al giudizio oggetto di rinuncia si intendono compensate tra le parti”);
5. il tenore della pronunzia, che è di estinzione e non di rigetto o di inammissibilità od improponibilità, esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, prevedente l’obbligo, per il ricorrente non vittorioso, di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione, trattandosi di norma lato sensu sanzionatoria e comunque eccezionale ed in quanto tale di stretta interpretazione (cfr. Cass. 30 settembre 2015, n. 19560).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’estinzione del processo e compensa tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019