LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26739/2018 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in Milano, via Lamarmora n. 42, presso lo studio dell’avv. Daniela Gasparin, che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2583/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/07/2019 dal Consigliere Dott.ssa Paola GHINOY.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Milano confermava il rigetto della domanda di protezione internazionale proposta da M.A., cittadino del Bangladesh, disposto dal Tribunale di Milano.
2. La Corte riteneva non credibile il racconto del richiedente, che aveva ad oggetto un violento scontro tra lui ed altri esponenti del suo partito, *****, ed il partito opposto, *****, perchè nello specifico era stato dedotto tardivamente soltanto in udienza, riferito in maniera generica e poco circostanziata e caratterizzato da alcuni aspetti di intrinseca inverosimiglianza. L’abbandono del paese di origine doveva quindi farsi risalire a ragioni di natura personale ed economica. Riferiva inoltre che il Bangladesh non è oggetto di direttive di non rimpatrio e, sebbene non si possa negare l’esistenza di una situazione di pericolo diffuso soprattutto a causa di attacchi terroristici, non si evidenzia il rischio di attentati nè una situazione di violenza indiscriminata derivante dal conflitto armato. Neppure ravvisava una situazione di vulnerabilità, al di là dello stato di estrema povertà della popolazione del Bangladesh, il che rendeva insufficiente di per sè sola l’occupazione lavorativa dichiarata in udienza dal difensore e nemmeno attestata da un principio documentale.
3. M.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a tre motivi, cui il Ministero dell’interno non ha opposto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Come primo motivo di ricorso il richiedente deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 7, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 7, artt. 2 e 3 della CEDU nonchè omesso esame di fatti decisivi e assenza di motivazione, nonchè la violazione dei parametri normativi relativi agli atti di persecuzione e minacce subite nel Paese di origine. Lamenta che il proprio racconto sia risultato poco dettagliato, poco credibile e comunque non plausibile, senza che sia stato svolto approfondimento istruttorio e laddove egli era stato molto chiaro nell’illustrare le minacce, i rischi e i pericoli esistenti nel proprio paese.
2. Come secondo motivo deduce la violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007 art. 3, comma 5, lett. c) e la violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale. Omesso esame di fatti decisivi. Deduce altresì violazione e falsa applicazione di legge relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU; violazione dei parametri normativi per la definizione di un danno grave; violazione di legge riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea e all’art. 46 della Direttiva Europea n. 32 del 2013. Lamenta che la Corte di merito non abbia esercitato l’obbligo di cooperazione istruttoria al fine di verificare la situazione attuale di rischio nel paese di provenienza.
3. Come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e dell’art. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità. Omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima. Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,4,7,14,16 e 17; D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 10, 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 10 Cost.. Omesso esame di un fatto decisivo in relazione ai presupposti della protezione umanitaria. Mancanza o quantomeno apparenza della motivazione. Nullità della sentenza per violazione di varie disposizioni: artt. 112,132 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, art. 111 Cost., comma 6. Lamenta che la Corte territoriale non abbia ravvisato nella sua situazione alcuna specifica vulnerabilità malgrado la propria condizione personale e la situazione critica in cui versa il Bangladesh.
4. In relazione al primo e secondo motivo, occorre ribadire che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), (Cass. 3340/2019), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito à dove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.
5. Nel caso concreto, la Corte d’appello ha ampiamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante non è credibile, ed i motivi si sostanziano in una censura di merito all’accertamento di fatto compiuto dal giudice territoriale e nella prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rese e sono perciò inammissibili, considerato che il vizio di motivazione sotto il profilo del travisamento di fatti decisivi non è riconducibile al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e la motivazione posta a base della decisione del giudice di merito non è meramente apparente, ma si fonda su un nucleo argomentativo logico desunto da un vaglio rigoroso delle risultanze di causa.
6. La non credibilità del richiedente esclude in radice la riconoscibilità dello status di rifugiato e la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), trattandosi di forme di protezione che richiedono la sussistenza di una situazione di rischio individualizzata.
7. Per quanto concerne, invece, la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione generalizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).
8. Nel caso concreto, la Corte territoriale si è limitata ad escludere la sussistenza di una situazione di criticità, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata e di sistematica violazione dei diritti umani in Bangladesh, allegata dal richiedente, senza indicare in alcun modo le fonti del suo convincimento.
9. Il primo e secondo motivo di ricorso devono quindi essere accolti nei limiti di cui in motivazione, con riferimento alla valutazione ex D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), con cassazione in parte qua della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione che dovrà procedere a nuovo esame in coerenza con quanto sopra detto e dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
10. Resta assorbito il terzo motivo, che ha ad oggetto la protezione umanitaria, da trattarsi solo ove vengano rigettate nel merito le domande rivolte verso gli strumenti tipici di protezione internazionale (Cass. n. 11261 del 24/4/2019). Tanto esonera dall’esame dello ius superveniens costituito dal D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in L. n. 132 del 2018.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019