Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24404 del 30/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23362/2018 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Torino n. 7, presso l’avv. Laura Barberio, rappres. e difeso dall’avv. Gianluca Vitale, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.; Procura Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza n. 52/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2019 dal Consigliere CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

H.A. impugnò il provvedimento della Commissione territoriale di diniego del riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria, innanzi al Tribunale di Torino che, con ordinanza del 17.4.17, rigettò il ricorso. La Corte d’appello di Torino, con sentenza emessa l’8.2.18, respinse l’appello, osservando che: i fatti narrati dal ricorrente – come già rilevato dalla Commissione e dal Tribunale – erano scarsamente credibili e non riconducibili alle fattispecie di legge, afferendo a vicende di natura esclusivamente privata, escludendo dunque ogni ipotesi di persecuzione, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 7 o di violazione dei diritti fondamentali; non ricorrevano i presupposti della protezione sussidiaria, non essendo emerso dal rapporto internazionale esaminato dell’EASO, aggiornato all’agosto 2017, una situazione di violenza generalizzata con pericolo di danno grave nella regione di provenienza del ricorrente; non sussistevano altresì i presupposti della protezione umanitaria in considerazione del minimo grado d’inserimento sociale in Italia e attesa l’irrilevanza del rapporto di tirocinio invocato.

Lo H. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Non si sono costituiti gli intimati.

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e art. 27, comma 1 bis, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6 e art. 16 della direttiva UE n. 32/13, avendo la Corte d’appello erroneamente valutato l’attendibilità del ricorrente, senza approfondimenti istruttori.

Con il secondo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt 2, comma 1, lett. g), art. 5, art. 14, comma 1, lett. b), e art. 15 direttiva UE n. 95/11, per aver la Corte d’appello escluso la protezione sussidiaria in relazione a fatti ritenuti di rilevanza esclusivamente privata, omettendo di considerare la concreta impossibilità di ottenere protezione dalle autorità statuali.

Con il terzo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 avendo la Corte territoriale omesso ogni attività istruttoria diretta a verificare le condizioni di vita del ricorrente nel contesto di provenienza e in Italia, attraverso un’adeguata comparazione (e ciò alla luce della richiamata sentenza della Corte n. 4455/18).

Il primo e secondo motivo – esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono inammissibili.

Invero, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass. n. 3340/2019), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine (Cass. n. 16925/2018; Cass. n. 28862/2018).

Nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto non credibile la narrazione dei fatti operata dal ricorrente, condividendo le argomentazioni del Tribunale al riguardo (non credibilità delle minacce di morte; abbandono della famiglia; noncuranza per le sorti del processo, reperimento della somma di Euro 5.500,00 per fuggire dal Pakistan, nonostante avesse dichiarato di essere poverissimo), riproducendole nella motivazione e valutandole alla luce dei motivi di gravame proposti dall’istante (p. 10).

In particolare, le doglianze si fondano, per un verso, su valutazioni astratte di carattere giuridico, per altro verso, su considerazioni di merito. E’ ben vero, poi, che i responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere anche soggetti privati, e tuttavia la proposizione del ricorso al Tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 29/10/2018, n. 27336; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha allegato di avere dedotto nel giudizio di merito di essersi rivolto alle autorità di polizia o ad altra autorità statuale e di non avere ricevuto tutela, come previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c).

Il terzo motivo è parimenti inammissibile. Infatti, è evidente che l’attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. n. 4455/2018).

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto – come dianzi detto – la narrazione dei fatti, operata dal ricorrente, del tutto inattendibile. Inoltre, il giudice di appello ha accertato che la regione di provenienza del richiedente non è soggetta a violenza indiscriminata o connotata da situazioni di violazioni dei diritti umani fondamentali.

Infine, la Corte territoriale ha accertato in fatto un radicamento del richiedente ed un inserimento del medesimo nel tessuto sociale assolutamente insignificante, essendo l’immigrato impegnato esclusivamente in un tirocinio/stage. A fronte di tali motivate argomentazioni, deve ritenersi che il motivo sia fondato su allegazioni di principio, generiche e di merito, inammissibili in questa sede.

Nulla per le spese, data la mancata costituzione degli intimati.

Non va applicato il doppio contributo, attesa la documentata ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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