Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24408 del 30/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26758/2018 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ***** presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Vitale Gianluca, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.; Pubblico Ministero in persona del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza n. 328/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2019 dal Consigliere Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

CHE:

B.S., cittadino del Senegal, impugnò il provvedimento della Commissione territoriale di diniego del riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria, innanzi al Tribunale di Torino che, con ordinanza del 9.2.17, rigettò il ricorso.

Proposta impugnazione, la Corte d’appello di Torino, con sentenza emessa il 15.2.18, respinse l’impugnazione, osservando che: il racconto reso dal ricorrente era inattendibile perchè in parte inverosimile, e in parte generico e stereotipato; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria data l’inattendibilità del racconto del ricorrente e la mancata denuncia alle autorità Statuali in ordine alle minacce che avrebbe subito in Senegal (che sarebbero state all’origine dell’allontanamento dal Paese); non sussistevano i presupposti della protezione umanitaria, per la medesima non credibilità del ricorrente e per l’assenza di qualsiasi situazione di vulnerabilità.

Il B. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Non si sono costituiti gli intimati.

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5 e art. 8, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1bis, del D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, nonchè dell’art. 16 della direttiva UE n. 32/13, avendo la Corte d’appello erroneamente valutato l’attendibilità del ricorrente, senza approfondimenti istruttori.

Con il secondo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 avendo la Corte d’appello omesso ogni attività istruttoria diretta a verificare le condizioni di vita del ricorrente nel contesto di provenienza e in Italia, attraverso un’adeguata comparazione (e ciò alla luce della richiamata sentenza della Corte n. 4455/18).

Il primo motivo è inammissibile.

La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, invero, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) (Cass., n. 3340/2019), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti. In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve, invero, innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona.

E’ stato altresì osservato che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine (Cass. n. 16925/2018; Cass., n. 28862/2018).

Nel caso concreto, la Corte d’appello ha diffusamente ed adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante non è credibile, quanto al nucleo centrale delle sue dichiarazioni, concernente il presunto pericolo di essere aggredito dai genitori della ragazza di fede diversa dalla sua (la Corte ha ritenuto, tra l’altro, neppure provato l’omicidio del padre dell’istante, non avendo questi allegato, come avrebbe potuto, nessun elemento al riguardo).

Il secondo motivo, relativo alla protezione umanitaria, è inammissibile. Infatti, è evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. n. 4455/2018).

Nel caso di specie, la Corte d’appello – come dianzi detto – ha ritenuto la narrazione dei fatti, operata dal ricorrente, del tutto inattendibile. Inoltre, la Corte ha fondato la decisione sulla insussistenza di situazioni di pericolo per i diritti umani fondamentali dei civili nel Paese di origine del ricorrente, desunte – oltre che da fonti internazionali – dalle stesse dichiarazioni dell’istante, “che non ha riferito l’esistenza di alcun pericolo o minaccia alla vita, se non proveniente esclusivamente dalla famiglia della sua ex fidanzata”.

Ne consegue che anche il contesto di provenienza dell’immigrato risulta essere stato valutato. Il motivo si configura, per contro, fondato su allegazioni generiche circa il regime giuridico della misura di protezione in esame e su valutazioni di merito.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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