Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24412 del 30/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29565/2018 proposto da:

A.B., rappresentato e difeso dall’avvocato Bardi Leonardo, domiciliato presso Corte Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 10/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2019 dal Cons., Dott. FEDRICO GUIDO.

RITENUTO IN FATTO

A.B., cittadino originario del Pakistan, propone ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Torino che ha respinto le domande di protezione internazionale ed umanitaria proposte dal richiedente.

Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente, per la presenza di numerose contraddizioni e mancanza di sufficiente precisione sui fatti principali posti a sostegno delle ragioni di fuga.

Dalla mancanza di credibilità del racconto discendeva la mancanza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della concessione della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b); quanto alla fattispecie di cui alla lett. c) non sussisteva alcun elemento da cui potersi inferire che il ricorrente fosse esposto ad una minaccia grave ed individuale alla vita derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale nel paese di origine.

Il Tribunale ha infine escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, non ravvisandosi una condizione di “vulnerabilità”, nè una situazione di inserimento del ricorrente nel contesto nazionale.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con l’unico motivo di ricorso, articolato in due censure, si deduce la nullità della sentenza per mancanza assoluta di motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), ex art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione al mancato riconoscimento della situazione di vulnerabilità del richiedente ed in particolare in relazione all’omesso esame comparativo tra l’attuale condizione dello straniero in Italia e quella cui si troverebbe esposto in caso di rientro in patria, avuto riguardo, in particolare, al lungo tempo trascorso dalla fuga dal Pakistan, ai contrasti con i concittadini, alla condizione di carcerazione nella quale si trovrebbe in caso di rientro.

Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di valutare che in Pakistan sussistono scenari di conflitto armato, limitandosi ad incentrarsi unicamente sulla credibilità del racconto del richiedente.

Il motivo è inammissibile in quanto non censura la ratio fondamentale della pronuncia che ha escluso la credibilità del racconto del richiedente.

Qualora le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua dei criteri di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel paese di origine – con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che – ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018).

Si osserva inoltre, avuto riguardo all’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c), che il ricorrente ha contestato in modo generico l’accertamento della Corte territoriale secondo cui, sulla base di fonti internazionali attendibili, nella regione del Punjab pakistano non sussistono scenari di conflitto armato nè una situazione di violenza indiscriminata inerente ad una situazione generale di conflitto armato interno o internazionale, quale prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), posto che le aree di conflitto armato sono limitate alle regioni delle *****, del K.P. e del *****, mettere il Punjab rimane la zona meno conflittuale del paese.

Si osserva, al riguardo, che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza della Corte di Giustizia del 30.1.2014 (causa C-285/12 – Diakitè) dev’essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato o uno o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, ovvero che il grado di violenza indiscriminata abbia raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 13858 del 31.5.2018).

Nel caso di specie, non risultano indicati dal ricorrente elementi idonei ad evidenziare una minaccia individuale alla vita o alla persona, nè una situazione di violenza cosi generalizzata nel paese di provenienza si che il solo rientro integri in sè pericolo di vita o all’integrità personale.

Quanto al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, la Corte territoriale ha accertato che l’eventuale partecipazione del ricorrente alle varie attività di integrazione è inidonea ad dar luogo ad una stabile e rilevante condizione di inserimento nel contesto nazionale; inoltre l’estrema povertà del ricorrente e della regione di provenienza non comportano in sè considerati il riconoscimento della protezione umanitaria.

A fronte di tale accertamento, il mezzo è del tutto generico e non contiene l’allegazione di una concreta situazione di fragilità del richiedente.

Il ricorso va dunque respinto e, considerato che il Ministero è rimasto intimato, non sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio.

Poichè il richiedente è stato ammesso la patrocinio a spese dello Stato non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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