Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.24425 del 30/09/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Equitalia Sud s.p.a., già Equitalia E.TR. s.p.a., elettivamente domiciliata in Roma via Federico Confalonieri 1, presso lo studio dell’avv. Carlo Cipriani, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. Emmanuele Virgintino che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo al fax n. 080/5240591 e alla p.e.c.

virgintino.emmanuele.avvocatibari.legalmail.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

Fallimento ***** s.r.l.;

– intimata –

avverso il decreto n. 1883/2014 della Corte di appello di Bari, emesso il 24 marzo 2014 e depositato il 24 aprile 2014, n. R.G.

8493/2011;

sentita la relazione in camera di consiglio del Cons., Dott. Giacinto Bisogni.

RILEVATO

che:

1. Equitalia Sud s.p.a. ha proposto domanda di ammissione al passivo del Fallimento ***** per l’importo di 91.493,07 Euro. Il Giudice delegato non ha ammesso il credito al passivo rilevando che il curatore del fallimento si era riservato di valutare la possibilità di proporre azione revocatoria.

2. Equitalia ha proposto opposizione allo stato passivo rilevando che gli estratti di ruolo attestano l’avvenuto perfezionamento, prima del fallimento, dell’iter previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, per le cartelle esattoriali e che nessun atto di recupero coattivo, suscettibile di azione revocatoria, era stato posto in essere dall’agente alla riscossione prima della dichiarazione di fallimento.

3. Il Tribunale di Bari con decreto n. 1883/2014 ha rigettato l’opposizione perchè, pur potendo l’agente della riscossione ottenere l’ammissione del proprio credito al passivo, eventualmente con riserva, in base all’estratto del ruolo ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 87 e 88, tuttavia nella specie mancava tale estratto ritualmente asseverato e sottoscritto dall’agente stesso ai sensi del D.L. n. 669 del 1996, art. 5, comma 5. Erano infatti stati prodotti dei semplici fogli “descrittivi” dei crediti, privi di qualsiasi sottoscrizione e asseverazione di conformità, nonchè un foglio contenente un “prospetto riepilogativo” dei crediti recante, sì, il timbro e la sottoscrizione dell’agente della riscossione, ma privo “dell’apposita asseverazione di provenienza ai sensi del citato D.L. n. 69 del 1196, art. 5, comma 5, (ossia privo della specifica attestazione di conformità disciplinata da detta norma)”.

4. Ricorre per cassazione Equitalia con quattro motivi. La curatela fallimentare non svolge attività difensiva.

RITENUTO

che:

5. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 2712 e 2719 c.c.. Il Tribunale, secondo la ricorrente, non poteva rilevare d’ufficio, in difetto di eccezione della curatela, non costituitasi nel giudizio di opposizione, la difformità dell’originale e delle copie dei documenti, in particolare del documento costituente “riproduzione fotografica dell’estratto del ruolo su un foglio in cui in cui vi è l’attestazione dell’agente della riscossione di conformità all’originale”, documento che la ricorrente aveva allegato alla domanda di ammissione al passivo.

6. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, per avere il tribunale sollevato d’ufficio la questione di cui si è detto senza aver concesso termine per memorie.

7. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge per “errata valutazione delle prove”. Secondo Equitalia il Tribunale ha errato nel ritenere che “non vi fosse la sottoscrizione, invece regolarmente apposta, in calce alla asseverazione D.L. n. 669 del 1996, ex art. 5, così come risulta dalla copia conforme della domanda di ammissione al passivo depositata nel presente fascicolo”.

8. Il primo e terzo motivo sono fondati. Per un verso va ribadito che l’art. 2719 c.c. esige l’espresso disconoscimento della conformità con l’originale delle copie fotografiche o fotostatiche ed è applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, e, nel silenzio normativo sui modi e termini in cui deve procedersi, entrambe le ipotesi sono disciplinate dagli artt. 214 e 215 c.c., con la conseguenza che la copia fotostatica, non autenticata si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se non venga disconosciuta in modo formale e inequivoco alla prima udienza, o nella prima risposta successiva alla sua produzione (Cass. civ. sez. III n. 3540 del 6 febbraio 2019).

9. Per altro verso la giurisprudenza di legittimità è ormai costante nel ritenere che nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza ex art. 99 L. Fall., comma 2, n. 4), deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicchè, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito (Cass. civ. sez. I, nn. 12549 e 12548 del 18 maggio 2017; Cass. civ. sez. I n. 15627 del 14 giugno 2018).

10. Il Tribunale di Bari in applicazione di tali principi pacifici in giurisprudenza avrebbe dovuto tenere conto del mancato disconoscimento della documentazione allegata al ricorso in opposizione allo stato passivo e qualora non l’avesse ritenuta idonea e/o sufficiente a far ritenere provato il credito non ammesso al passivo avrebbe comunque dovuto, in presenza della mancata contestazione della fondatezza della pretesa da parte della curatela se non nella prospettiva della eventuale proposizione di un’azione revocatoria, acquisire la documentazione allegata alla domanda di insinuazione al passivo ai fini di un completo riscontro della fondatezza della opposizione allo stato passivo.

11. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo. All’unica obiezione sollevata dalla curatela in sede di verifica del passivo e posta poi dal giudice delegato a fondamento del rigetto dell’insinuazione obiezione secondo la quale la curatela si riservava di accertare la possibilità di esercitare azione revocatoria – la ricorrente aveva replicato, con l’opposizione, che non aveva riscosso coattivamente alcun credito. Il tribunale ha completamente trascurato tale questione.

12. Il motivo è inammissibile perchè non censura la reale ragione della decisione. Il Tribunale ha respinto l’opposizione per una ragione diversa da quella indicata dal giudice delegato, ossia per difetto di prova del credito e tale ragione assorbe, ovviamente, le considerazioni svolte dalla opponente.

13. Il ricorso va pertanto accolto quanto al primo e terzo motivo restando assorbito il secondo, mentre va dichiarato inammissibile relativamente al quarto motivo. Ne consegue la cassazione del decreto impugnato e rinvio al Tribunale di Bari che deciderà, in diversa composizione, sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, restando assorbito il secondo motivo, dichiara inammissibile il quarto motivo del ricorso.

Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Bari anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2019

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